Dopo la morte di Sesto Afranio Burro e l'allontanamento di Seneca dalla corte, Nerone è ormai libero dalla loro influenza e comincia a dedicare sempre più tempo alla sua passione per l'arte ellenica e orientale. Suo consigliere più importante diventa Gaio Ofonio Tigellino. Il governo di Nerone diventa sempre più autoritario.
I Parti rompono la tregua dell'anno precedente e invadono l'Armenia, stringendo d'assedio Tigranocerta, città ben fortificata e difesa da una guarnigione romana. Gli assalti dei Parti falliscono e il re Vologase I decide di ritirarsi, iniziando comunque subito i preparativi per invadere la Siria. A supporto di Tigranocerta viene inviato il contingente di Lucio Cesennio Peto (al comando della Legio IIII Scythica, della Legio XII Fulminata e ad elementi della Legio V Macedonica), che però non giunge a destinazione per l'inverno, dovendo sospendere la propria avanzata a Rhandeia (nella regione nord-occidentale dell'Armenia).
Gneo Domizio Corbulone rinforza le fortificazioni sulla frontiera fra impero romano e impero partico, che corre lungo il fiume Eufrate. Corbulone fa costruire una grande flotta navale, con imbarcazioni equipaggiate di catapulte, e un ponte di legno per attraversare l'Eufrate. Grazie al ponte, Corbulone riesce a stabilire una testa di ponte in territorio partico.
Vologase I lancia un attacco frontale lungo la linea dell'Eufrate. La Legio X Fretensis ed elementi di altre due legioni (Legio III Gallica e Legio VI Ferrata) difendono le posizioni difensive sulla riva orientale dell'Eufrate.
I Romani vengono sconfitti a Rhandeia: due legioni vengono spazzate via dai Parti, comandati dal re Tiridate I. Lucio Cesennio Peto si arrende e decide di ritirarsi con i sopravvissuti in Siria.
Su Porto si abbatte una violenta tempesta che distrugge 200 navi ancorate.