L'asso di picche, in paleografia, indica due diverse legature:

Questo tipo di legatura, che in ambedue i casi è molto somigliante al contorno della figura del seme di picche delle carte da gioco, si riscontra dalla tarda antichità fino ai secoli VII e XI circa. Non è provata un'influenza di una forma sull'altra, si tratta quindi con tutta probabilità di un caso di evoluzione convergente dovuta alla somiglianza tra le lettere.

Versioni

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Versione greca

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La legatura ad asso di picche nell'ambito dei manoscritti greci è attestata per la prima volta in documento di Ermopoli del 372. È tipica delle opere in minuscola greca medio-bizantina e veniva usata quasi esclusivamente in ambito librario. È molto presente nei papiri dal secolo IV al VIII. È presente in molte opere italo-greche del X e XI secolo. Viene quindi associata fortemente all'Italia meridionale ma in realtà se ne hanno esempi in tutto il mondo greco-bizantino.

Versione latina

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Esempio di “asso di picche” da un manoscritto proveniente dall'Abbazia di Bobbio circa 700 d.C.

Incomincia a diffondersi a partire dal VI secolo, viene utilizzata nell'ambito della nuova corsiva romana e dalle scritture che ne discesero come ad esempio la minuscola merovingica e la minuscola beneventana, non è presente nelle librarie quali l'onciale e la capitale quadrata romana. In alcuni casi oltre che come effetto della legatura e+p è ottenuta come effetto di a+p, l+p e in soli due casi di t+p. La e può essere legata ad a, c, r e t. Viene utilizzata sia per documenti che per libri soprattutto per le scritture che precedono la carolina, in seguito viene usata nelle scritture “informali”. Nei secoli VI e VII è presente in numerosi documenti ravennati, nel VII a Roma ed in Francia dove risulta particolarmente presente nei documenti della cancelleria merovingica. Nell'VIII secolo se ne hanno attestazioni in Toscana (Lucca e Grosseto) ed è sporadicamente presente in Veneto, Lombardia e Campania.

Esempi

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Bibliografia

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