Bruno Fanciullacci (Pieve a Nievole, 13 novembre 1919 – Firenze, 17 luglio 1944) è stato un partigiano italiano.
È una delle figure di partigiano operativo più note e discusse della Resistenza italiana per la complicità nell'assassinio di Giovanni Gentile. Fu questo un episodio che divise lo stesso fronte antifascista e che ancora oggi è al centro di polemiche non sopite venendo infatti già all'epoca disapprovato dal CLN toscano con la sola esclusione del Partito Comunista.[1]
Gli è stata conferita la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria e i comuni di Pontassieve (Firenze) e Pieve a Nievole (Pistoia) gli hanno intitolato una via, così come quello di Firenze gli ha dedicato lo slargo di via Bolognese, posto davanti a Villa Triste, il luogo dove egli trovò la morte. Il suo paese natale, Pieve a Nievole, gli ha intitolato la palestra comunale.
Nato in una famiglia di tradizioni socialiste che si trasferì a Firenze nel 1934, il giovane Bruno trovò lavoro come garzone di bottega e, poi, come inserviente d'albergo. In seguito alle sue frequentazioni di personaggi della Firenze antifascista, venne arrestato nel luglio 1938 per essere, l'anno seguente, condannato dal Tribunale speciale a sette anni di reclusione per attività antifascista.[2] Parte della pena gli fu condonata e all'inizio del 1943 venne assunto come operaio alla Fiat di Firenze.
Dopo l'8 settembre, il Partito Comunista Italiano promosse i GAP (Gruppi d'Azione Patriottica), formazioni ristrette di combattenti irregolari, con compiti di sabotaggio e guerriglia nei confronti delle forze nazi-fasciste. Fanciullacci, che era stato contattato in carcere dall'apparato clandestino del PCI, si unì ad una di queste formazioni, con il nome di battaglia "Massimo"[3], distinguendosi subito per animosità e coraggio. Ben presto gli venne affidato il comando del "gruppo B", uno dei quattro che formavano l'unità operativa dei GAP di Firenze.
Partecipò a numerose azioni contro installazioni e uomini della Repubblica di Salò o ritenuti collaborazionisti, fino all'eclatante, quanto discussa, uccisione del filosofo Giovanni Gentile, avvenuta il 15 aprile 1944 nel quartiere Salviatino. Per compiere quell'azione, Bruno Fanciullacci e Antonio Ignesti si appostarono verso le 13,30 nei pressi della villa dove era ospite il filosofo; allorché questi giunse in auto, gli si avvicinarono tenendo sotto braccio dei libri per camuffarsi da studenti; Giovanni Gentile abbassò il vetro per prestare ascolto e fu colpito da una raffica. Dopo appena sei giorni (21 aprile), in via Santa Maria, due gappisti ferirono Bruno Landi, un noto esponente fascista fiorentino[4] conosciuto come il "Pollastra", soprannome probabilmente dovuto al suo luogo di provenienza, sito nei pressi del torrente Pollastra-Nocella.
Gli autori dell'agguato sono rimasti ignoti, ma la vox populi del tempo indicava l'esecutore in Fanciullacci, probabilmente per il fatto che il ferimento era avvenuto nella stessa via ove abitava "Maurizio". Il 23 aprile, mentre passeggiava in Piazza Santo Spirito, Fanciullacci venne affrontato da alcuni parenti del "Pollastra", capeggiati da un certo Lisi, intenzionati a chiedergli conto dell'atto a lui attribuito. Dopo un'animata discussione, Fanciullacci cercò di fuggire, ma venne raggiunto. Arrestato e condotto a Villa Triste, fu sottoposto ad interrogatorio, dal quale uscì con numerose ferite di pugnale alla mano sinistra, alle natiche e ai testicoli.
Sommariamente medicato nell'infermeria di Villa Triste, il gappista fu ricoverato all'ospedale "San Gallo" e poi trasferito al "Santa Maria Nuova", piantonato dai fascisti; i suoi compagni del "Gruppo B", con un colpo di mano, riuscirono a prelevarlo, trasferendolo in casa del pittore Ottone Rosai, per la convalescenza. Bruno tornò presto in azione e il 9 luglio partecipò, con una decina di compagni, all'irruzione nel carcere femminile di Santa Verdiana che porterà alla liberazione di 17 detenute.
Il clamoroso blitz suscitò una grande impressione in tutta Firenze e le forze nazifasciste intensificarono le operazioni di repressione, riuscendo a infliggere una serie di colpi durissimi ai partigiani fiorentini, tanto da comprometterne seriamente l'organizzazione. Fanciullacci, ormai braccato, aveva rifiutato di obbedire all'ordine del partito di trasferirsi in altra città, tentando di ricostituire il gruppo. Fu arrestato in piazza Santa Croce, il 14 luglio; le modalità della cattura, avvenuta ad opera di alcuni militi improvvisamente sbucati da un'ambulanza, fanno pensare a una trappola ordita in seguito a delazione.
Nuovamente ricondotto a Villa Triste per essere interrogato dai membri della Banda Carità, Fanciullacci tentò di fuggire durante una pausa dell'interrogatorio che si stava svolgendo ai piani superiori della villa: lanciatosi da una finestra con le mani legate dietro la schiena e inseguito dai colpi sparati dal piantone, cadde rovinosamente al suolo; venne trasportato al comando cittadino delle SS e assistito dal dottor Italo Pizziolo, che ne certificò il decesso, avvenuto tre giorni dopo, citando la frattura mortale alla base cranica e le fratture a polso e femore, oltre a una ferita per arma da fuoco.[5]
Solo in seguito, verso la metà di luglio, la polizia della RSI riuscì a identificare gli autori dell'uccisione di Gentile in Elio Chianesi e Fanciullacci[6]; tanto che, il 16 agosto 1944, fu proposta la ripartizione del premio promesso a chi avesse facilitato le indagini tra i locali agenti di Pubblica Sicurezza e la moglie di uno degli arrestati[7].
In suo onore fu denominata la Brigata Garibaldi "Bruno Fanciullacci", operante sul Monte Morello, che partecipò alla liberazione della città di Firenze.