Diocesi di Volterra Dioecesis Volaterrana Chiesa latina | |||
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Suffraganea dell' | arcidiocesi di Pisa | ||
Regione ecclesiastica | Toscana | ||
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Vescovo | Roberto Campiotti | ||
Vicario generale | Marco Fabbri | ||
Vescovi emeriti | Alberto Silvani | ||
Presbiteri | 52, di cui 43 secolari e 9 regolari 1.717 battezzati per presbitero | ||
Religiosi | 12 uomini, 135 donne | ||
Diaconi | 3 permanenti | ||
Abitanti | 94.533 | ||
Battezzati | 89.301 (94,5% del totale) | ||
Stato | Italia | ||
Superficie | 1.743 km² | ||
Parrocchie | 88 (6 vicariati) | ||
Erezione | III secolo | ||
Rito | romano | ||
Cattedrale | Santa Maria Assunta | ||
Santi patroni | San Lino San Leone I | ||
Indirizzo | Via Roma 13, 56048 Volterra [Pisa], Italia | ||
Sito web | www.diocesivolterra.it | ||
Dati dall'Annuario pontificio 2021 (ch · gc) | |||
Chiesa cattolica in Italia | |||
La diocesi di Volterra (in latino Dioecesis Volaterrana) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Pisa appartenente alla regione ecclesiastica Toscana. Nel 2020 contava 89.301 battezzati su 94.533 abitanti. È retta dal vescovo Roberto Campiotti.
La diocesi abbraccia 23 comuni della Toscana, situate a cavallo fra 5 province: Pisa, dove si trovano la maggior parte delle parrocchie, Siena, Firenze, Livorno e Grosseto. La diocesi comprende: per intero i comuni di Bibbona, Casale Marittimo, Castelnuovo di Val di Cecina, Chianni, Gambassi Terme, Guardistallo, Lajatico, Montaione, Montecatini Val di Cecina, Montescudaio, Peccioli, Pomarance, Radicondoli, Volterra; e in parte i comuni di Casole d'Elsa,[1] Castelfiorentino,[2] Cecina,[3] Massa Marittima,[4] Monterotondo Marittimo,[5] Montieri,[6] Palaia,[7] San Gimignano[8] e Terricciola.[9]
Sede vescovile è la città di Volterra, dove si trova la cattedrale di Santa Maria Assunta. A Montignoso, frazione di Gambassi Terme, sorge il santuario diocesano di Nostra Signora di Fatima.
Il territorio si estende su 1.743 km² ed è suddiviso in 88 parrocchie, raggruppate in 6 vicariati:[10]
La diocesi venera i seguenti santi e beati:[11]
Il museo diocesano d'arte sacra fu istituito, come museo dell'Opera del Duomo, nel 1932 ed aveva sede nella canonica della cattedrale, oggi palazzo vescovile. Dopo varie vicissitudini e diverse chiusure, il museo è stato trasferito nel 2017 nell'ex chiesa di Sant'Agostino. Esso conserva opere provenienti per lo più dalla cattedrale e dalle chiese della città, nonché da alcune chiese della diocesi.
Il seminario vescovile Sant'Andrea ospita la biblioteca diocesana, che conserva all'incirca 15.000 volumi, raccolti soprattutto all'inizio del Settecento e nella prima metà dell'Ottocento grazie all'attenzione e alla munificenza del vescovo Giuseppe Gaetano Incontri.
Il palazzo vescovile è sede dell'archivio storico diocesano il cui complesso documentario è costituito da 1591 pergamene contenenti documenti compresi tra l'anno 834 e il 1806 e da 3323 unità archivistiche comprese tra l'anno 1265 e il 1978. L'archivio è costituito dai documenti della curia vescovile, delle parrocchie della diocesi, di diversi enti ecclesiastici, del capitolo della cattedrale e di alcuni monasteri.[12]
La tradizione cattolica attribuisce l'evangelizzazione della città etrusca di Volterra a san Romolo, inviato da san Pietro, e da papa Lino, nativo di Volterra e secondo vescovo di Roma, nonché compagno di viaggio e vicario dell'Apostolo.
Raffaello Maffei (morto nel 1522), grande umanista ed erudito volterrano ma operante in Roma, trascrisse parte della tradizione orale, e fece ricerche per ritrovare la casa nativa della famiglia di Lino, che apparteneva alla gens Murria (de'Mauri). Ritrovandola nel luogo ove successivamente sorse il convento attiguo all'omonima Chiesa. L'evangelizzazione di Volterra e di Fiesole è sempre stata attribuita a San Romolo e ai suoi compagni Carissimo, Dolcissimo e Crescenzio, nella seconda parte del I secolo.[13]
I primi riscontri documentali della diocesi di Volterra risalgono al II/III secolo, con il ritrovamento di lapidi funerarie paleocristiane presenti e visibili al Museo Guarnacci, provenienti dalle catacombe delle Balze.
Alla seconda metà del V secolo risale un documento importante: la lettera di papa Gelasio I (492) nella quale il pontefice riprende il Vescovo volterrano. Dalla lettera già si evince che la Chiesa di Volterra era ben formata e aveva accumulato molti beni. I primi vescovi citati sono Eumanzio e Opilione, immediati predecessori di Eucaristio, forse un diacono volterrano, che intrigò per occupare la cattedra vescovile, ma fu accusato di simonia e di altri crimini e perciò condannato da papa Gelasio. Lo stesso epistolario menziona il vescovo Elpidio, successore di Eucaristio, che fu presente al concilio simmachiano del 6 novembre 502.
Fin dall'alto medioevo erano venerati a Volterra i santi Giusto, Clemente e Ottaviano, che probabilmente erano eremiti locali del VI secolo; tradizioni successive li trasformarono in africani che erano fuggiti dall'Africa in seguito alle persecuzioni dei Vandali; dal XIV secolo Giusto fu venerato come vescovo volterrano. Al culto di questi santi si aggiunse anche quello delle martiri Attinia e Greciniana, le cui reliquie furono scoperte nel 1140 presso la chiesa di San Clemente di Volterra.[14]
Fino al IX secolo sono pochi i vescovi che si possono storicamente attribuire alla sede volterrana: Gaudenzio, menzionato nell'epistolario di papa Pelagio I (556-561); Geminiano, che prese parte al concilio lateranense del 649, e Marciano, presente al concilio di papa Agatone del 680, nei quali fu condannata l'eresia monotelita; Gaudenziano, di cui resta una testimonianza epigrafica risalente all'epoca del re longobardo Cuniperto (688-700); e Tommaso, il cui nome appare in una bolla di papa Stefano II del 752.
A partire dall'epoca franca (774), in mancanza di un vero centro di potere civile, i vescovi assunsero un ruolo sempre più importante nella vita cittadina, grazie anche ai numerosi privilegi concessi loro dagli imperatori e ancora oggi conservati nell'archivio storico diocesano; il più antico di questi è il privilegio concesso da Ludovico I al vescovo Grippo nell'ottobre dell'821.[15] «Tra i vescovi di questo periodo meritano di essere ricordati Andrea (845-853), sotto il cui episcopato venne istituita la vita comune dei canonici presso la cattedrale, Gaugino (874-882), già cancelliere dell'imperatore Ludovico II, e Adalardo (918- 929), sotto cui fu sancita l'autonomia patrimoniale dei canonici della cattedrale.»[16]
Con il vescovo Guido (1042-1061) si rafforzò il potere civile dei vescovi sulla città di Volterra e su altri castelli del territorio; prese così avvio un processo, che portò alla nascita e all'affermarsi della signoria vescovile, in particolare nel XII secolo. Sono da ricordare: Ruggero Gisalbertini (1103-1132), della nobile famiglia lombarda dei Gisalbertini, che fece ricostruire la cattedrale, consacrata da papa Callisto II nel 1120, introdusse i Camaldolesi nell'abbazia dei Santi Giusto e Clemente fondata nel 1034 dal vescovo Gunfredo, e che, nominato arcivescovo di Pisa (circa 1122), conservò la carica di vescovo di Volterra fino alla morte; Galgano (1150-1168), ritenuto, ma senza prove, della famiglia dei Pannocchieschi, durante il cui episcopato raggiunse il suo culmine il potere temporale dei vescovi volterrani, e che venne ucciso per la sua opposizione ai primi tentativi di autonomia comunale; Ugo Saladini (1171-1184), venerato come santo, tenace difensore dei diritti della Chiesa e che fondò un collegio per i chierici. Il potere temporale dei vescovi entrò in crisi all'inizio del XIII secolo, durante gli episcopati di Ildebrando (1185-1211) e Pagano (1212-1239), entrambi della famiglia dei Pannocchieschi, che invano lottarono contro il comune per conservare i propri privilegi e il proprio potere sulla città.
Risale all'XI secolo la prima fondazione monastica nel territorio della diocesi, con il monastero benedettino dei Santi Giusto e Clemente, fondato nel 1034 e passato in seguito ai Camaldolesi. Nel 1201 arrivarono in diocesi i Cistercensi, gli Olivetani nel 1339; i Francescani sono attestati a partire dal 1238, le clarisse dal 1244 e gli Agostiniani dal 1279.[16]
Gli atti di un sinodo celebrato dal vescovo Filippo Belforti nel 1356 danno notizia che all'epoca la diocesi era suddivisa in 6 "sesti", termine antico per indicare i vicariati diocesani, e cioè la città di Volterra, la Val d'Elsa, la Val d'Era, le Valli di Cecina e Marina, la Val di Strove e il sesto della Montagna, per un totale di 480 chiese, 51 pievi e 29 monasteri.[17]
Questo territorio diocesano rimase sostanzialmente invariato fino alla fine del XVI secolo. Infatti, nel 1592 Volterra cedette una porzione del suo territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Colle di Val d'Elsa, a cui furono annessi i pievanati di Balli, Molli, Pernina, Mensano, Scola, Castello e Conèo, con le rispettive parrocchie.[16] Inoltre, fin dal 1462 la pieve di San Gimignano aveva ricevuto dai pontefici ampi privilegi ed esenzioni dalla giurisdizione dei vescovi volterrani. I ripetuti conflitti tra i vescovi e i prevosti di San Gimignano furono risolti da papa Pio VI che, con la bolla Dum nos singuli del 18 settembre 1782,[18] decise lo scorporo della prepositura di San Gimignano, con le sue pievi e parrocchie, dalla diocesi di Volterra e la sua annessione a quella di Colle di Val d'Elsa.
I primi tentativi di fondazione del seminario vescovile furono messi in atto dal vescovo Guido Serguidi (1574-1598), organizzato poi con maggior successo dal vescovo Niccolò Sacchetti nel 1640; con la partenza degli Olivetani, il loro monastero presso Sant'Andrea a Porta Marcali fu adattato alla fine del Settecento come nuova sede del seminario.[19]
Nel XVIII secolo Giuseppe Dumesnil, sgradito alla popolazione e malato di mente, venne confinato a Castel Sant'Angelo a Roma fino alla morte, mentre la sede episcopale fu affidata ai vescovi coadiutori Filippo Nicola Cecina, titolare di Zenopoli, morto prima del Dumesnil, e Alessandro Galletti, titolare di Soli, che gli succedette sulla cattedra volterrana nel 1781.[20]
Il 22 agosto 1855, in forza della bolla Vel ab antiquis di papa Pio IX, la diocesi, fino ad allora immediatamente soggetta alla Santa Sede, divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Pisa. Per compensare la perdita dell'autonomia ecclesiastica, il 1º agosto 1856, con la bolla Ubi primum placuit, lo stesso papa concesse ai vescovi di Volterra il privilegio di indossare il pallio.[21]
Il 27 luglio 1954 la diocesi ha ceduto una porzione del suo territorio all'arcidiocesi di Siena, comprendente i territori dei comuni di Chiusdino e Monticiano.[22]
Il 23 settembre 1989 il vescovo Vasco Giuseppe Bertelli accolse la visita pastorale alla diocesi di papa Giovanni Paolo II.
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
La diocesi nel 2020 su una popolazione di 94.533 persone contava 89.301 battezzati, corrispondenti al 94,5% del totale.
anno | popolazione | presbiteri | diaconi | religiosi | parrocchie | ||||||
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battezzati | totale | % | numero | secolari | regolari | battezzati per presbitero | uomini | donne | |||
1950 | 113.558 | 113.558 | 100,0 | 162 | 142 | 20 | 700 | 26 | 232 | 112 | |
1970 | 86.945 | 86.945 | 100,0 | 112 | 103 | 9 | 776 | 9 | 245 | 107 | |
1980 | 83.300 | 83.800 | 99,4 | 92 | 84 | 8 | 905 | 8 | 102 | 107 | |
1990 | 80.726 | 81.231 | 99,4 | 82 | 71 | 11 | 984 | 11 | 144 | 94 | |
1999 | 79.700 | 79.850 | 99,8 | 80 | 68 | 12 | 996 | 15 | 101 | 92 | |
2000 | 78.550 | 78.700 | 99,8 | 80 | 68 | 12 | 981 | 15 | 96 | 92 | |
2001 | 78.250 | 79.100 | 98,9 | 76 | 65 | 11 | 1.029 | 14 | 91 | 92 | |
2002 | 81.000 | 81.850 | 99,0 | 71 | 59 | 12 | 1.140 | 15 | 91 | 92 | |
2003 | 80.350 | 82.050 | 97,9 | 67 | 56 | 11 | 1.199 | 13 | 93 | 92 | |
2004 | 81.050 | 82.500 | 98,2 | 64 | 51 | 13 | 1.266 | 15 | 109 | 92 | |
2010 | 80.114 | 81.854 | 97,9 | 66 | 55 | 11 | 1.213 | 1 | 14 | 96 | 88 |
2014 | 82.105 | 87.305 | 94,0 | 56 | 47 | 9 | 1.466 | 1 | 12 | 113 | 88 |
2017 | 89.241 | 94.098 | 94,8 | 52 | 44 | 8 | 1.716 | 3 | 11 | 122 | 88 |
2020 | 89.301 | 94.533 | 94,5 | 52 | 43 | 9 | 1.717 | 3 | 12 | 135 | 88 |
Controllo di autorità | VIAF (EN) 315522477 · WorldCat Identities (EN) viaf-315522477 |
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