«Il patriottismo non è abbastanza: non devo serbare odio né rancore verso nessuno»
Edith Louisa Cavell (Swardeston, 4 dicembre 1865[2][3][4][5] – Schaerbeek, 12 ottobre 1915[2][4]) è stata un'infermiera britannica. È ricordata per aver aiutato, durante la prima guerra mondiale, soldati di ambo le fazioni in Belgio, nonché per aver favorito la fuga di circa duecento soldati alleati dal Paese; a motivo di ciò fu giustiziata dai tedeschi, causando notevoli reazioni di protesta a livello internazionale e diventando un elemento chiave della propaganda di guerra britannica[2].
Il padre, Frederick Cavell (10 agosto 1824 - 5 giugno 1910), era vicario a Swardeston, presso Norwich: sposò Louisa Sophia Warming (1835 - 17 giugno 1918, figlia della sua governante), che diede alla luce Edith due anni dopo; dopo di lei i Cavell ebbero altri tre figli, Florence Mary (1867), Mary Lilian (1870) e John Frederick (1873)[2][3]. Si stabilirono nel grande vicariato, fatto costruire da Frederick a proprie spese, cosa che li mandò quasi sul lastrico; da lì in poi la famiglia visse frugalmente, anche se dovette assumere dei domestici per la gestione della casa[3].
Nella sua infanzia e giovinezza, Edith amava il pattinaggio sul ghiaccio, la danza e il tennis, e aveva inoltre una passione per fiori e animali; era anche particolarmente dotata nel disegno e nella pittura, prediligendo soggetti floreali o animali[3]. Sapendo che il padre aveva bisogno di una stanza nella chiesa per ospitare la scuola domenicale per i bambini del villaggio, scrisse al vescovo di Norwich John Thomas Pelham, che accettò di aiutarla a patto che anche nel villaggio si raccogliessero dei fondi. Edith e sua sorella riuscirono a raccogliere circa 300 sterline vendendo dipinti di Edith[3]. Sia lei che sua madre insegnarono alla scuola domenicale una volta avviata, e fecero da madrine a molti bambini[3]; si riporta anche che Edith fosse profondamente religiosa[1].
Edith e le sue sorelle iniziarono i loro studi privatamente, a casa, e nel 1881 passò alcuni mesi presso la Norwich High School; dai sedici ai diciannove anni frequentò altre tre scuole, a Bushey, Clevedon e Peterborough, occupandosi nel frattempo come governante in diverse case private[3][5]. Durante una vacanza in Austria e Baviera nel 1888 visitò un ospedale diretto da tal dottor Wolfenberg, e prese interesse nell'infermieristica[3][5].
Avendo mostrato una certa predisposizione nell'imparare il francese, nel 1890 ottenne un posto di lavoro come governante presso una famiglia di Bruxelles, dove rimase cinque anni[3], divenendo fluente in francese[1][3]. Tornava a Swardeston per passare le vacanze estive, e in questo periodo iniziò a frequentarsi con il suo primo cugino Eddie Cavell, tuttavia lui decise di non proporle mai il matrimonio a causa di una sua condizione nervosa[3][5]; Edith lo ricordò il giorno della propria esecuzione, lasciandogli una dedica sulla sua copia dell'Imitazione di Cristo[3].
«Un giorno, in qualche modo, farò qualcosa di utile, qualcosa per la gente. Molte persone sono così indifese, così colpite e così infelici.»
Nel 1895 ritornò a casa per accudire suo padre durante un breve periodo di malattia; ciò la convinse ad intraprendere la carriera di infermiera, e dopo alcuni mesi al Fountains Fever Hospital di Tooting, nell'aprile 1896 entrò in addestramento al London Hospital, sotto la direzione di Eva Luckes[3][5]. Nell'estate del '97, con altre cinque infermiere, venne mandata a gestire un'epidemia di febbre tifoide a Maidstone, dove dei 1 700 malati ne morirono solo 132: Edith ricevette una medaglia al merito[3][5]. Dopo numerosi altri incarichi (durante i quali adottò l'allora innovativa tecnica di visitare i pazienti dopo la loro dimissione) si recò a Bruxelles per visitare un bambino paziente del dottor Antoine Depage, dopodiché venne trasferita ad incarichi sempre più importanti: Depage voleva innovare il settore infermieristico in Belgio sulla falsariga di Florence Nightingale, così Cavell, lui e sua moglie Marie (che sarebbe perita nell'affondamento del Lusitania) fondarono una scuola di infermiere laiche, L'École Belge d'Infirmières Diplômées, che aprì il 10 ottobre del 1907[1][3][5]. Fino ad allora, infatti, del settore infermieristico si erano occupate le suore che, per quanto benintenzionate e volenterose, non erano addestrate al lavoro[3].
La scuola incontrò qualche difficoltà con la partenza (Cavell scrisse che "La vecchia idea che il lavoro per le donne è una disgrazia è ancora presente in Belgio, e le donne di buona nascita ed educazione pensano ancora che perderanno la loro classe sociale se impareranno a guadagnarsi da vivere da sé"), ma nel 1913, dopo che la regina Elisabetta, rottasi un braccio, fece convocare una delle sue infermiere, il buon nome della scuola fu assicurato, e al 1912 addestrava infermiere per tre ospedali, ventiquattro scuole comunali e tredici asili[3][5]. Nel 1914, oltre a dare quattro lezioni a settimana tanto a medici quanto a infermiere, Edith trovava anche il tempo di occuparsi della figlia di un amico dipendente dalla morfina, di una ragazzina fuggitiva e dei suoi due cani Don e Jack[3].
Edith faceva frequentemente ritorno a casa a visitare sua madre che dalla morte del marito viveva a Norwich, e fu durante una di queste occasioni che ebbe inizio la prima guerra mondiale: sentendo che le sue capacità erano più richieste al fronte, tra il 1º e il 3 agosto Edith fece ritorno a Bruxelles[3][5]. Il 4 agosto la Germania invase il Belgio: Edith decise di restare lì[3][5], riconvertendo la clinica in un ospedale della Croce Rossa, occupandosi sia dei feriti tedeschi che di quelli belgi[3][4]; alla caduta di Bruxelles, i tedeschi adottarono il Palazzo Reale come infermeria per i propri feriti e rimandarono a casa una sessantina di infermiere britanniche: Edith e la sua capo assistente, miss Wilkison, rimasero[3].
L'avanzata tedesca lasciò molti soldati britannici e francesi tagliati fuori dai loro eserciti in ritirata: nell'autunno del 1914 due di tali soldati britannici riuscirono a raggiungere l'ospedale di Cavell, dove trovarono rifugio per due settimane, seguiti da numerosi altri. Tutti vennero spediti di nascosto nei neutrali Paesi Bassi[3][4]. Venne formata, in tal modo, una fitta rete di aiuti che funzionò per circa un anno[3]; oltre a Cavell, nella rete erano coinvolte anche personalità di rilievo quali la principessa Marie de Croÿ e la contessa Jeanne de Belleville[1].
Tra giugno e agosto del 1915 la rete fu scoperta e i tedeschi ne arrestarono numerosi membri, compresa la stessa Cavell[1][2][3][5]; il suo ospedale fu perquisito ma non fu trovato alcunché in quanto Cavell aveva cucito il suo diario in un cuscino e mantenuto le sue infermiere all'oscuro di tutto per non farle incriminare[3]. Tuttavia l'inquirente la ingannò facendole credere di avere già in mano tutte le informazioni e che con una confessione piena avrebbe potuto salvare gli altri coinvolti[3]. Dopo ciò, Cavell venne imprigionata per svariate settimane[3], durante le quali non seppe nulla o quasi delle accuse mossele[1]. Il 10 settembre l'ambasciatore statunitense in Belgio, Brand Whitlock, chiese alle autorità tedesche di potersi occupare della difesa della donna, ottenendo un rifiuto, e dalla fine di settembre Cavell venne tenuta in isolamento completo in attesa del processo[1][5].
Giunta davanti alla corte il 7 ottobre, assieme con trentaquattro altri, diede per assunto che i fatti di cui era accusata fossero quelli che lei aveva effettivamente commesso, così furono proprio quelli che ella confessò alla corte, sostanzialmente incastrandosi da sola[1][3][5]. A risultare particolarmente pesante, in particolare, fu una sua affermazione al giudice che, avendole domandato perché avesse aiutato soldati britannici, dato che erano notoriamente degli ingrati, si senti rispondere:
«Cavell: No, gli inglesi non sono ingrati.
Giudice: Come lo sa che non lo sono?
Cavell: Perché alcuni mi hanno scritto dall'Inghilterra per ringraziarmi.[1]»
Ciò implicava che non solo la Cavell aveva favorito la fuga di soldati in un Paese neutrale quale i Paesi Bassi, ma li aveva aiutati a raggiungere una nazione nemica, fatto ben più grave agli occhi della corte[1].
Cavell fu condannata a morte nel pomeriggio dell'11 ottobre e le autorità tedesche erano fermamente intenzionate a far eseguire la sentenza il prima possibile[1][3]; a nulla valse l'intervento delle ambasciate neutrali spagnola e statunitense[3]. Prima della condanna scrisse lettere alla madre, alle sue infermiere e a diversi altri, che affidò alle autorità tedesche, che però non ne permisero la spedizione[1].
Insieme a Cavell furono condannati a morte altri quattro imputati (l'architetto Philippe Baucq, l'insegnante Louise Thuliez, il farmacista Louis Severin e la contessa de Belleville) mentre ulteriori ventidue ricevettero pene minori: l'ingegnere Herman Capiau, madame Ada Bodart, l'avvocato Albert Libiez e il farmacista Georges Derveau furono condannati a quindici anni di lavori forzati, la principessa de Croÿ a dieci anni di lavori forzati, e gli otto rimanenti a pene variabili dai due agli otto anni di lavori forzati[1][2]. Il cappellano luterano tedesco riuscì a ottenere che il suo collega britannico, Stirling Gahan, visitasse Cavell la notte precedente l'esecuzione[3]. Questa disse a Gahan: «Sono grata di aver avuto queste dieci settimane per prepararmi. Ora le ho avute e sono stata trattata gentilmente qui. Mi aspettavo la condanna e credo sia giusta. Ora che sono in vista di Dio e dell'Eternità, comprendo che il patriottismo non è abbastanza: non devo serbare odio né rancore verso nessuno»[1][3]. Gahan la comunicò per l'ultima volta[3].
Edith Cavell fu fucilata dal plotone di esecuzione alle 2 di mattina del 12 ottobre, al poligono di tiro di Schaerbeek[3][5]; da alcuni resoconti si evince che i soldati del plotone erano riluttanti a spararle, tuttavia l'esecuzione fu portata a termine senza alcun contrattempo[8]; assieme a lei fu fucilato anche Baucq, che lasciò moglie e due figli[1][5], mentre agli altri tre condannati a morte la pena fu commutata in prigione[1][2]. Cavell fu frettolosamente seppellita sul luogo[3][4].
La sua morte scandalizzò enormemente l'opinione pubblica mondiale, e venne usata dalla propaganda alleata, specie quella britannica, che proclamava Edith Cavell martire e dipingeva i tedeschi come bruti assassini[2]. Il reclutamento di soldati raddoppiò nelle otto settimane successive all'annuncio della sua morte, e sul lungo periodo essa fu anche una delle cause che contribuirono alla discesa in campo degli Stati Uniti[3]. La sua esecuzione venne paragonata al sacco di Lovanio e all'affondamento del Lusitania[1], e provocò un grave danno alla Germania in termini di propaganda[9].
Sul fronte opposto, i tedeschi si difesero sostenendo che Cavell aveva confessato e le era stata inflitta la pena prevista dalla legge[2]. Alcuni belgi avrebbero in seguito commentato che, se Edith Cavell avesse mentito al processo, i tedeschi avrebbero scoperto molti meno elementi della rete di aiuto per i soldati alleati, evitando la morte di diverse altre persone implicate[2].
Dopo la fine del conflitto, il 19 marzo 1919[9] la salma venne riesumata in preparazione di un rimpatrio e di un degno funerale: inizialmente venne considerata come luogo di sepoltura l'Abbazia di Westminster, ma la famiglia richiese che fosse inumata a Norwich (nel Norfolk, la regione da cui Edith proveniva)[9]. Dopo una cerimonia a Bruxelles, a cui parteciparono anche Leopoldo e Astrid del Belgio[5], la salma partì il 13 maggio, scortata, su iniziativa di Bernard Law Montgomery, da truppe britanniche: giunta a Ostenda, venne imbarcata sulla HMS Rowena che la portò a Dover, e di lì raggiunse Westminster il 15 maggio[3][4][9]; venne quindi trasportata con un treno speciale alla stazione ferroviaria di Norwich e da lì, con una solenne processione, alla cattedrale di Norwich, dove fu sepolta[3][4]. Nell'orazione funebre il vescovo Bertram Pollock la descrisse "viva in Dio", sottolineando poi il suo insegnamento che il patriottismo andasse esaminato alla luce di qualcosa di più elevato[3]: al funerale era presente tutta la famiglia reale britannica e numerose altre importanti personalità[2][4][5].
Edith Cavell è stata ampiamente onorata in varie parti del mondo; una sua statua è stata eretta a St. Martin's Place, presso Trafalgar Square, e le sono stati stampati francobolli commemorativi[4]. Il suo villaggio natio, Swardeston, le ha dedicato la stanza della scuola domenicale ("Cavell Room") e un festival biennale a tema floreale, il "Cavell Festival"; la chiesa di Swardeston inoltre la ricorda in una delle sue vetrate[3]. Ogni anno, nel sabato più vicino alla data della sua morte, viene celebrata una cerimonia di commemorazione presso la sua tomba.
La scuola di infermieristica da lei fondata a Bruxelles porta ora il suo nome, e un memoriale è presente a Schaerbeek, sul luogo dove fu giustiziata. Le sono anche stati dedicati un monte in Alberta, il Monte Edith Cavell[3][4], un asteroide, 11073 Cavell[10], scuole, strade e reparti ospedalieri in diversi paesi e una varietà di Syringa vulgaris, la Syringa "Edith Cavell"[11].
La sua figura è ricordata anche in alcuni adattamenti cinematografici, come Nurse and Martyr di Percy Moran, Dawn e La storia d'Edith Cavell, entrambi di Herbert Wilcox, dove la Cavell è interpretata rispettivamente da Sybil Thorndike e Anna Neagle, e The Woman the Germans Shot di John G. Adolfi; è stata inoltre interpretata con successo a teatro da Joan Plowright. Va infine notato che, dopo la sua esecuzione, in Francia e Belgio si assistette ad un aumento di popolarità del nome Edith per le nuove nate, come nel caso di Édith Piaf[9].
A livello religioso, infine, la Chiesa anglicana celebra una sua memoria il 12 ottobre, nell'anniversario della morte[12][13].