Gianpiero Fiorani (Codogno, 12 settembre 1959) è un banchiere e dirigente d'azienda italiano implicato nello scandalo bancario denominato "Bancopoli" del 2005 quando, nel tentato assalto di quegli anni ai salotti buoni della finanza italiana, ha "orchestrato" una serie di imprenditori denominati "i furbetti del quartierino"[1].
Nel maggio 2024 è stato coinvolto in una vicenda, sviluppata in Nigeria, relativa all'impero del petrolio di Giuseppe Volpi.[1] È finita in un arbitrato.[2]
Ha collaborato al Cittadino, quotidiano di Lodi, e all'Avvenire nella cronaca nera. Nel 1978, su richiesta di Carlo Cantamessi, allora presidente della Banca Popolare di Lodi, diventò sportellista. Nel 1982 si laureò in Scienze politiche all'Università degli Studi di Milano ed è diventato funzionario, in seguito amministratore della BPL negli anni '90.
Alla sua guida Fiorani ha iniziato una serie di acquisizioni:
La politica di espansione della BPL è continuata nel tentativo di scalare la Banca Antonveneta, una manovra che ha innescato un'inchiesta denominata Bancopoli e seguita dai PM di Roma e Milano.
Nel dicembre 2005, dopo la conclusione di questa inchiesta, Gianpiero Fiorani, considerato uno dei "furbetti del quartierino", è stato arrestato.
Dal 2015 si occupa della ristrutturazione del gruppo dell'imprenditore ligure Gabriele Volpi, per quanto riguarda il settore petrolifero in Nigeria, lo Spezia Calcio e gli investimenti a Santa Margherita Ligure e Recco[4][5][6] dove lo stesso Fiorani nel novembre 2016 apre il ristorante "Event Beach" con uno dei figli dell’imprenditore.
Nel processo per il fallimento di Parmalat, che è stato diviso in 5 tronconi giudiziari distinti, Fiorani è accusato di concorso nella bancarotta di Parmatour.[7] Il processo è stato avviato a luglio 2008 e il primo grado si è concluso a dicembre 2011 con la condanna a 3 anni e 8 mesi di reclusione.[8]
Il 13 dicembre del 2005, a seguito degli sviluppi dell'inchiesta sul caso Antonveneta è stato arrestato. Tornato in libertà il 13 giugno 2006, il 25 luglio 2007 la Procura di Milano ne chiede il rinvio a giudizio per associazione a delinquere, aggiotaggio manipolativo e informatico e ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza della Banca d'Italia. In precedenza, il 68,4% dei soci della banca della quale era AD avevano votato a favore per un'azione di responsabilità a suo carico.
Dagli accertamenti della Procura e della Banca d'Italia[9] emerge che, da anni, Fiorani e soci si erano impadroniti del controllo totale dell'istituto della Banca Popolare di Lodi utilizzandolo sia per acquisire altri istituti (Popolare di Crema) e soprattutto per ottenere ingenti vantaggi patrimoniali in favore proprio e di terzi, gestendo e operando in pieno arbitrio, nell'assoluta assenza e nella presumibile complicità di organi interni, esterni e soprattutto istituzionali. La procura ha inoltre accertato che, per coprire alcune perdite, i clienti inconsapevoli si ritrovavano d'improvviso un clamoroso incremento delle spese per commissioni. In questo modo, scrive sempre il gip Forleo, sono stati provocati ai piccoli risparmiatori della banca danni enormi. Inoltre è stato appurato che alla morte del cliente, se i parenti non intervenivano in tempi brevi alla chiusura del conto, il suo contenuto veniva incamerato illegalmente dalla Banca.
Fiorani ha chiesto il patteggiamento nell'udienza preliminare per tutti i reati di cui è stato accusato tranne l'aggiotaggio[10] ad aprile 2008. A maggio ha ottenuto il patteggiamento a 3 anni e 3 mesi per associazione a delinquere, truffa e appropriazione indebita.[11] Il 28 maggio 2011 viene condannato in primo grado a 1 anno e 8 mesi per i reati di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza della commissione di controllo sulle operazioni bancarie[12] ad aprile 2008. A maggio ha ottenuto il patteggiamento a 3 anni e 3 mesi per associazione a delinquere, truffa e appropriazione indebita[11]. Esattamente un anno dopo, il 28 maggio 2012, la condanna viene ridotta in appello a 1 anno.[13]
Nel luglio 2008 è stato rinviato a giudizio per falso in bilancio. Secondo l'accusa Fiorani avrebbe truccato i conti 2003/2004 della Bpi per far apparire il gruppo più solido di quanto fosse in realtà, per agevolare la scalata ad Antonveneta.[14] Il processo si è concluso a dicembre 2011 con una condanna definitiva a 3 anni e 6 mesi.[15][16]
Dopo sei mesi di carcere avrebbe ottenuto l'affidamento ai servizi sociali per due anni.[5]
Nell'ottobre 2015, per i danni causati dalla scalata Antonveneta, risarcisce la Banca Popolare di Lodi con 34 milioni di euro provenienti da un fondo di Singapore di cui 7 milioni servono per pagare le tasse maturate nei confronti del fisco svizzero.[17]
Nel 2006 il deputato Giancarlo Giorgetti, all'epoca anche segretario della Lega lombarda e braccio destro di Umberto Bossi, avrebbe rifiutato una mazzetta da 100.000 euro da Fiorani, come confessato da quest'ultimo, esortandolo a darli al Varese per far sì che si potesse iscrivere al campionato di Serie C2.[18][19]
L'8 maggio 2018, in relazione a un'inchiesta per autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni che vede coinvolti anche Volpi e Fiorani per aver fatto rientrare in Italia soldi frutto di evasione fiscale, vengono effettuati perquisizioni e sequestri tra Lodi e Chiavari.[20][21]
A inizio 2019 viene invece aperta un'inchiesta per fare luce sul tesseramento fittizio di giovani calciatori extracomunitari: gli indagati, tra i quali figurano Volpi e Fiorani, avrebbero selezionato diversi giocatori nigeriani alla scuola calcio di Abuja (vedi Sadiq, Nura, Okereke ...) ottenendo dall'ambasciata il permesso a prendere parte a tornei in italia ma prima della scadenza del visto come "minori non accompagnati" sarebbero stati affidati a tutori vicino allo Spezia Calcio e "parcheggiati" presso società dilettantistiche - come il Valdivara 5 Terre di Giovanni Plotegher (genero dell'ex senatore Luigi Grillo) - fino al compimento dei 18 anni per essere tesserati infine dalla squadra spezzina. La Procura di La Spezia chiederà l'archiviazione, tra gli altri, anche per Volpi e Fiorani mentre con la FIGC si arriverà al patteggiamento di un'ammenda da 60 000 euro.[22][23][24][25]