Giovanni Ambrogio Marini, citato anche come Giovanni Ambrosio Marini o De Marini (Venezia, 17 giugno 1596[1] – Genova, 26 giugno 1668[2]), è stato uno scrittore italiano.
Figlio di Giovanni Ambrosio (o Ambrogio) De Marini, procuratore e senatore della Repubblica genovese e di una ignota nobildonna veneziana,[3] dopo il 1606, insieme con il fratello minore Marino, frequentò a Parma il collegio dei Nobili, rinomato istituto dei gesuiti.[3] Morto il padre nel 1612, due anni dopo si laureò, sempre a Parma, in filosofia. Tornato a Genova nel 1617, e avendo presa la decisione di frasi prete, consegnò una procura al fratello per l'amministrazione dei beni paterni ricevuti in eredità.[3] La situazione economica, divenuta precaria per l'esosità delle tasse di successione e le scarse rendite di alcuni possedimenti, costrinsero Giovanni e Marino ad alienare alcune proprietà.[3] Nonostante la svendita, la situazione peggiorò a tal punto che il fratello Marino, pressato dai creditori, fu costretto a lasciare Genova per rifugiarsi a Madrid e poi a Bruxelles ove rimase sino al 1663 quando poté rientrare nella città natale, grazie a un salvacondotto procuratogli da Giovanni.[3] Non abbiamo, oltre questo periodo, altre notizie biografiche.
Morì a settantadue anni a Genova e fu sepolto nella cattedrale cittadina di San Lorenzo.[3]
L'opera più nota di Marini è il Calloandro, romanzo che riprende la tradizione cavalleresca del secolo precedente e narra le vicende di un principe di Costantinopoli (Calloandro appunto) e della sua amata Leonilda. L'opera, stampata inizialmente a Bracciano negli anni 1640-41, e firmata con uno pseudonimo, anagramma del suo vero nome,[4] verrà poi ristampata a Venezia, a Genova e, nella versione definitiva, a Roma nel 1653.[3] Lodato dai critici del suo tempo, stampato più volte (recentemente nel 2011 per l'Edizioni dell'Orso)[5] tradotto in francese e tedesco, edito anche in Polonia e in Svezia, il Calloandro fu poi giudicato negativamente dalla critica settecentesca come un tipico prodotto del gusto barocco.[3] Il Marini preparò anche una versione teatrale del testo, edita nel 1656 a Venezia, col titolo Il Calloandro fedele, tragicomedia.[3]
Marini, dopo il Calloandro, scrisse altri due romanzi: Le gare de’ disperati (1644), riprodotto più volte in Italia e all'estero e Nuovi scherzi di fortuna à prò dell'innocenza (1656). Oltre alla produzione romanzesca fu autore anche di opere minori a carattere devozionale, che sembrano ripudiare le tematiche precedenti.[3]
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