Giovanni Antonio Porcheddu (Ittiri, 26 giugno 1860Torino, 17 ottobre 1937) è stato un ingegnere e imprenditore italiano, che introdusse in Italia la tecnica delle costruzioni in cemento armato.

Biografia

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Giovanni Antonio Porcheddu rimase orfano di entrambi i genitori in tenera età. Dopo essere stato allevato da alcuni stretti parenti, si trasferì a Sassari, ove conseguì la licenza tecnica inferiore, pagandosi gli studi lavorando come muratore. Successivamente, grazie ad un sussidio dell'amministrazione provinciale e il contributo dei parenti, si diplomò all'istituto tecnico superiore di Sassari. Ottenuta, quindi, un'ulteriore borsa di studio, lasciò la Sardegna per frequentare i corsi di Ingegneria civile, prima all'Università di Pisa e poi al prestigioso Politecnico di Torino, ove si laureò a trent'anni, nel 1890. L'anno successivo conseguì anche una seconda laurea in Ingegneria elettrotecnica.

Rientrato in Sardegna, Porcheddu fu assunto dall'amministrazione delle miniere, ma tornò nuovamente a Torino per conseguire, nel 1892, una terza laurea in ingegneria industriale. A Torino si sposò con Amalia Dainesi, dalla quale ebbe sette figli tra cui Giuseppe, in seguito ceramista e pittore.

Torino, lo Stadium nel 1911.
Torino, vista aerea dello stabilimento FIAT Lingotto nel 1928.

Nel 1894 aprì un primo studio tecnico in società con l'ingegner Ferrero. A Porcheddu si deve la felice intuizione di apprezzare sin da subito la validità del «Systéme Hennebique», ovvero il conglomerato cementizio armato internamente con profilati di ferro disposti e rafforzati con apposite staffe[1]. L'utilizzo di questa tecnica, che prese il nome di «cemento armato», fu ideato e brevettato (tra gli altri) nel 1892 dall'ingegnere francese François Hennebique e Porcheddu, contrariamente al parere del suo socio Ferrero, acquistò nel 1894 il brevetto Hennebique per poi diventare concessionario per l'applicazione del brevetto in Italia [1] prima per l'Italia del Nord e poi per tutta la nazione. Già nel 1900 la società disponeva di una propria ferriera a Genova per produrre in proprio i ferri di armatura per il calcestruzzo armato[1] Nel 1903 lo studio si spostò in corso Valentino 20 (oggi corso Marconi). La nuova sede edificata in un sobrio stile Liberty[1], oltre agli uffici, disponeva anche di un laboratorio per prove, nel quale si effettuavano rilevazioni sulla portanza di strutture (travi prefabbricate) e sulla resistenza dei materiali da impiegare.

I risultati della felice intuizione dell'ingegnere furono sensazionali. Nel 1896 gli fu affidato l'incarico della costruzione della parte strutturale della fabbrica di Mattoni Rossi della Fabbrica Olivetti & C ad Ivrea, da parte di Camillo Olivetti progettista, suo compagno di studi. Nel 1901 la neonata Impresa Porcheddu realizzò i silos granari del porto di Genova; tra il 1903 e il 1912, lavorò al cantiere del campanile di San Marco a Venezia, crollato l'anno precedente; nel 1905 realizzò l'arcone monumentale di Palazzo Orzali in via XX Settembre a Genova, su progetto di Gaetano Orzali; collaborò con molte imprese edili milanesi e torinesi e nel 1906 si dedicò alla realizzazione dello stabilimento della Eternit a Casale Monferrato progettato da Pietro Fenoglio.[2] Moltissime le realizzazioni, ovviamente, nella città di Torino, che conosceva nei primi anni del novecento un deciso sviluppo industriale: fabbriche, docks, edifici residenziali.

Importante il sodalizio con l'esponente del liberty torinese: Pietro Fenoglio fu vicepresindente della società G. A. Porcheddu, socio con lui in una società anonima di calce a Morano sul Po[3] (1906-1912); Fenoglio coinvolgerà Porcheddu nella progettazione ed esecuzione delle strutture in calcestruzzo armato in numerosi progetti di fabbriche industriali in Torino e fuori Torino. Fenoglio sarà anche incaricato del progetto di "riattamento" della villa dell'ingegner Porcheddu costruita in Torino all'angolo di via Berthollet con corso Massimo D'Azeglio, oggi scomparsa[4].

Nel 1910 a Torino eseguì i lavori per la realizzazione dello Stadium, il più grande stadio d'Italia fino ad allora, realizzato in soli dieci mesi; sempre a Torino nel 1922 fu autore del progetto strutturale dello stabilimento Fiat Lingotto. Fu anche il progettista del viadotto, inaugurato nel 1915, tra le stazioni di Bari Centrale e Bari Scalo sulla ferrovia Bari-Matera.[5]

Roma, l'arcata unica del Ponte del Risorgimento.
Roma, Ponte del Risorgimento: targa del costruttore.

Il Ponte del Risorgimento sul fiume Tevere a Roma è considerato il capolavoro di Porcheddu. Realizzato nel 1911 in occasione dei festeggiamenti per il cinquantenario dell'Unità d'Italia, consiste in una sola arcata di 100 metri di corda e 10 metri di freccia, di arditissima concezione, e fu completato in soli sedici mesi di lavoro.[6] Il giorno della sua inaugurazione, il 17 aprile 1911, gli osservatori presenti erano scettici sulla capacità di tenuta della struttura una volta liberata dalle impalcature di sostegno. Porcheddu, al contrario, era talmente certo dell'efficacia e affidabilità della nuova tecnica che volle assistere all'eliminazione dell'impalcatura in legno da una barchetta posizionata proprio sotto l'arcata del ponte, in compagnia dei figli Giuseppe e Ambrogia.[6] Quello stesso giorno, re Vittorio Emanuele III donò a Porcheddu l'appellativo di «re del cemento armato».[7]

Nel 1912 Giovanni Antonio Porcheddu ottenne il titolo di Cavaliere del Lavoro,[8] insieme a una targa in bronzo modellata dall'artista piemontese Leonardo Bistolfi esponente della scultura liberty torinese ed uno storico discorso [9]dell'allora sindaco di Torino, Teolfilo Rossi di Montelera.

L'impresa continuò ad operare fino agli anni '30 del novecento: nel 1934/35 la società fu messa in liquidazione. L’ing. Porcheddu morì poco dopo, nel 1937.[1]

Principali edifici costruiti in Italia

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Principali edifici costruiti a Torino

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Archivio

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L'intero archivio della società G. A. Porcheddu è conservato presso il Politecnico di Torino. Dipartimento di ingegneria strutturale, edile e geotecnica – DISEG.

Onorificenze

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Cavaliere del lavoro - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere del lavoro
— 1º dicembre 1912[8]

Tracce di G. A. Porcheddu a Torino

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Nonostante l'indubbia importanza dell'ingegnere di origine sarda nello sviluppo delle tecniche costruttive e dei nuovi materiali edili a cavallo tra otto e novecento, e nonostante la conservazione dell'intero archivio della società presso il Politecnico di Torino scarso è stato l'interesse della comunità scientifica e accademica torinese (e italiana) alla sua opera. Eccezion fatta per la pubblicazione di Nelva e Signorelli[1] che trattano dell'operato di Porcheddu, non esiste monografia, o convegno, o studio specifico sull'"ingegnere del calcestruzzo armato". Ricordiamo le poche tracce di G. A, Porcheddu in Torino ovvero:

La capriata Porcheddu, all'interno del Parco Peccei nel quartiere Barriera di Milano, a lui intitolata dopo la trasformazione dell'area industriale Fiat, Iveco Telai, in parco pubblico [19]

La tomba Porcheddu (1912) con all'interno il magnifico sarcofago in stile liberty della moglie Amalia Danesi, scomparsa prematuramente nel 1902. La tomba si trova nel Cimitero Monumentale di Torino, terza ampliazione arcata 51. Le sculture sono di Edoardo Rubino e i mosaici dell'architetto e artista Giulio Casanova[20].

La sua villa in corso Massimo d'Azeglio e la sede della società in corso Marconi sono state demolite.

Note

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  1. ^ a b c d e f g Riccardo Nelva e Bruno Signorelli, Avvento ed evoluzione del calcestruzzo armato in Italia: il Sistema Hennebique, Milano, AITEC, 1990.
  2. ^ Bertolini Cestari et al., pp. 2, 4.
  3. ^ Bruno Rossi e Gian Mario Rossino, Appunti di storia dell'industria dei leganti del Monferrato, Associazione "Il Cemento", 2010.
  4. ^ a b c Pozzati, Spazi per l'industria: Pietro Fenoglio a Torino, in Atti e rassegna tecnica della società degli ingeneri e degli architetti di Torino, LXXIII, n. 2, Torino, Settembre 2019.
  5. ^ Pietro Marra, Calabro Lucane. Piccole ferrovie tra Puglia, Basilicata e Calabria, Bagnacavallo (RA), PGM, 2016, pp. 83-84, ISBN 978-88-909824-1-5.
  6. ^ a b Vanni Lòriga, La domenica a Corso Vinzaglio, in Almanacco gallurese 2003-04, Sassari, Giovanni Gelsomino, 2003, p. 175.
  7. ^ Antonio Dore, Il Lingotto di Torino ha un'anima ittirese [collegamento interrotto], in La Nuova Sardegna, 22 giugno 2005, p. 22. URL consultato il 2 agosto 2011.
  8. ^ a b Sito Federazione nazionale Cavalieri del lavoro: dettaglio decorato.
  9. ^ tottusinpari.it, http://www.tottusinpari.it/2016/11/11/il-re-del-cemento-armato-giovanni-antonio-porcheddu-da-ittiri-poco-ricordato-pochissimo-celebrato.
  10. ^ MAM Ivrea - Fabbrica in mattoni rossi Olivetti, su mamivrea.it.
  11. ^ a b c d Patrizia Risso, GIOVANNI ANTONIO PORCHEDDU IL ‘RE DEL CEMENTO ARMATO’, in A Compagna, n. 3, Settembre 2022.
  12. ^ a b Sara De Maestri e Roberto Tolaini, Storia e itinerari dell'industria ligure, Genova, De Ferrari, 2011.
  13. ^ Carolina Di Biase, Strutture in calcestruzzo armato nel castello Sforzesco di Milano (1904-1956), in Atti del covegno Concrete2014 - Progetto e Tecnologia per il Costruito Tra XX e XXI secolo, 25 e 26 settembre 2014.
  14. ^ a b c Giuiana Mazzi e Guido Zucconi, Daniele Donghi. I molti aspetti di un ingegnere totale, Marsilio, 2007, ISBN 8831791710.
  15. ^ Paola Dosi, tesi di laurea AA 1994/1995 "le Ferriere di Oneglia" relatrice prof.ssa Arch. Anna Maria Zorgno
  16. ^ Torino Liberty - Torino Insolita, fotografie e foto della galleria fotografica, su www.torinoinsolita.it. URL consultato il 5 giugno 2024.
  17. ^ Agostino Magnaghi, Mariolina Monge e Luciano Re, Guida all'architettura moderna di Torino, CELID, 2005.
  18. ^ Maria Adriana Giusti e Rosa Tamborrino, Guida all'architettura del novecento in Piemonte (1902-2006), Torino, Umberto Allemandi e C., 2008, p. 259.
  19. ^ Parco Aurelio Peccei Torino, su comune.torino.it.
  20. ^ AAVV, Il liberty nell'altra Torino, Torino, Città di Torino, Assessorato ai servizi demografici, 1987, p. 120, 127-133, 142.

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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