Giulio Cesare Croce

Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persiceto, 1550[1]Bologna, 17 gennaio 1609[2]) è stato uno scrittore, cantastorie, commediografo ed enigmista italiano.

Figlio di fabbri e fabbro a sua volta, morto il padre, lo zio continuò a cercare di dargli una cultura. Non ebbe mai mecenati particolari, e lasciò gradualmente la professione di famiglia per fare il cantastorie. Acquisì fama raccontando le sue storie per corti, fiere, mercati e case patrizie. Si accompagnava con un violino. L'enorme sua produzione letteraria deriva da una autoproduzione delle stampe dei suoi spettacoli.

Ebbe due mogli e 14 figli e morì in povertà.

La sua vita, le sue scelte

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Gran parte delle sue notizie biografiche sono tratte dalla sua opera autobiografica "Descrittione della vita del Croce".

Praticamente non ebbe maestri e lo si può definire uno degli autodidatti di maggior successo della letteratura italiana. Non entrò mai a pieno titolo nei circuiti dei letterati dell'epoca per le scelte diverse che fece, anche se ebbe contatti documentati con Giovan Battista Marino e altri importanti letterati dell'epoca. Essere letterato al suo tempo significava fare vita di corte, avere dei mecenati o essere completamente autosufficienti.

Lui non fu mai un letterato in senso stretto e cercava maggiormente il suo pubblico fra le persone comuni. Pertanto la sua ispirazione e le sue motivazioni venivano dal basso, dal pubblico dei mercati dove a volte persone in grado di leggere compravano le sue opere, al contrario di molti suoi coevi che trovavano le ispirazioni nei desideri dei mecenati, il che rende le sue opere un'importante testimonianza della sensibilità delle classi più umili dell'età barocca.

In una letteratura che dal Medioevo era rimasta insensibile ed estranea ai problemi dei ceti meno abbienti, ma che anzi prendeva di mira la goffaggine e la rusticità del "popolo", Giulio Cesare Croce, con Bertoldo, mette in risalto l'astuzia e il buon senso del contadino nei confronti dei cortigiani, in una forma di compensazione e di rivalsa rispetto alle angherie che questi era storicamente condannato a subire.

Bisognerà giungere all'Ottocento perché il Romanticismo anti aristocratico e popolare ridia voce agli umili.

Bertoldo

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Riprese più volte temi popolari del passato, come la storia di Bertoldo che ebbe varie versioni nel Medioevo ambientando le vicende alla corte di re Alboino sia a Verona sia a Pavia. Nella sua versione scritta più organica (Le sottilissime astutie di Bertoldo, 1606), lui veronesizzò la storia e portò a Roveré il paese di provenienza di Bertoldo. La rese meno licenziosa e attenuò la forma di rivalsa popolare verso i potenti. Una forma scritta precedente come fonte fu il medievale Dialogus Salomonis et Marcolphi.

Al Bertoldo, lo stesso autore aggiunse un seguito, Le piacevoli et ridicolose simplicità di Bertoldino, 1608 (che trattava del figlio di Bertoldo, alle prese con la madre Marcolfa). Successivamente (1620), l'abate Adriano Banchieri elaborò un ulteriore seguito, Novella di Cacasenno, figliuolo del semplice Bertoldino. Da allora l'opera di Croce è spesso unita alla novella ed è pubblicata col titolo Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno da cui furono liberamente tratti tre film, nel 1936, nel 1954 e nel 1984 (quest'ultimo diretto da Mario Monicelli).

In Bertoldo, egli confessò probabilmente le sue aspirazioni segrete: il rozzo villano è l'autodidatta, la presenza a corte è il colpo di fortuna con cui pensava di risolvere i suoi problemi e la libertà di pensiero e azione di Bertoldo a corte era il suo desiderio di avere il mecenate, come molti suoi coevi, senza pagare prezzi di riconoscenza.

Libri e commedie

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Lasciò più di 600 opere alternando lingua italiana a diversi dialetti, tra i quali il dialetto bolognese, il dialetto bergamasco e numerosi altri dialetti e lingue europee. È stato uno dei maggiori esponenti italiani della letteratura carnevalesca, filone importante della letteratura europea, identificata per la prima volta dal critico russo Michail Michajlovič Bachtin, caratterizzata dal collegamento stretto con la cultura rurale e in particolare col rito del carnevale, e che tra i suoi esponenti conta tra gli altri Luciano di Samosata, Rabelais, Miguel de Cervantes Saavedra e Dostoevskij. La sua produzione letteraria conta due romanzi (il Bertoldo e il Bertoldino), diverse commedie, e numerosissimi libretti brevi, in prosa e poesia, che coprono vari generi letterari della letteratura popolare, oggi caduti in disuso.

Romanzi

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Opere autobiografiche

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Elogi paradossali

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Ritratti di personaggi del popolo e scene di vita popolare

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Commedie

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Altre opere

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Madrigali drammatici

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Opere in digitale

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Molta parte della produzione di Croce è presente nella Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna che nel 2006 lo ha resa disponibile online nella sua Biblioteca digitale; nel 2009 a questo materiale si è aggiunto quanto posseduto dalla Biblioteca universitaria di Bologna[3]

Note

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  1. ^ Nella sua autobiografia scrive di essere nato: "Del mille e cinquecento col cinquanta, al mond’io venni in dì di Carnevale," Croce, p.6
  2. ^ La data del 17 gennaio è attestata dal Libro dei morti della Chiesa dei Santi Naborre e Felice, conservato all'Archivio generale arcivescovile di Bologna e riportato in Piero Camporesi, Il palazzo e il cantimbanco, Milano, Garzanti, 1994, p. 9.
  3. ^ Gli opuscoli di Giulio Cesare Croce, su Biblioteca digitale dell'Archiginnasio. URL consultato il 12 maggio 19.

Bibliografia

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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