L'ingrandimento è quel processo che in teoria aumenta le dimensioni di un oggetto, in modo reale o apparente, ma per il quale è necessaria una "macchina di amplificazione" che possa magnificare [dal lat. tardo magnificatio -onis e per calco dall'inglese magnification ], esaltare o aumentare le omologhe dimensioni dell'oggetto e/o della sua immagine (reale o apparente, che sia).
Una di queste "macchine" è la lente di ingrandimento, e tutti gli strumenti ottici per l'osservazione da vicino o da lontano (indifferentemente). Oppure, più vicino al termine "macchina", può essere l'ingranditore di stampe fotografiche; o anche la fotocopiatrice o addirittura le stampanti 2D e 3D.
Quando il valore di ingrandimento risultasse inferiore al relativo fattore 1:1, la "macchina" sta producendo una riduzione, che diventa un ingrandimento negativo (o un "rimpicciolimento"). Ma normalmente, l'ingrandimento è sempre positivo ed ha il tipico scopo di rendere più visibili i dettagli più fini, aumentandone la risoluzione (quando è possibile).
L'ingrandimento ottico è un ingrandimento apparente che non modifica mai la prospettiva, nonostante l'effetto che solitamente produce (detto anche, effetto prospettico o distorsione prospettica ), fa apparire l'oggetto osservato come se si fosse avvicinanto a noi (o noi, all'oggetto): quando ci avviciniamo fisicamente ad un oggetto, ne aumentiamo la dimensione sulla retina e percepiamo l'aumento delle dimensioni come un ingrandimento a tutti gli effetti; infatti, avvicinare gli occhi agli oggetti (entro le possibilità fisiologiche) fa aumentare la visibilità effettiva dei dettagli.
L'ingrandimento ottico è in ogni caso strettamente legato alla visione umana e alla sua percezione visiva e viene descritto da un fattore di moltiplicazione numerico: il valore di ingrandimento, di tutti gli strumenti ottici da osservazione (tipo, lenti d'ingrandimento, microscopi, cannocchiali, telescopi, monocoli, binocoli, mirini, ecc), è sempre riferito alla visione ad occhio nudo (che vale 1x ed è il riferimento). In fisica ottica, questo valore è considerato ingrandimento visuale o anche ingrandimento angolare, in quanto calcolato dall'angolo sotteso di una dimensione apparente dell'oggetto (la larghezza o l'altezza) ed è inteso come il rapporto tra la dimensione apparente, nell'immagine virtuale (vista nello strumento) e la dimensione apparente, nell'immagine dell'oggetto visto ad occhio nudo.
Per gli strumenti ottici con oculare, la dimensione lineare dell'immagine non può essere misurata con un metro, quindi l'unica dimensione possibile è quella che indica l'angolo sotteso dall'oggetto al punto focale. In termini tecnici, si considera la tangente dell'angolo. Quindi l'ingrandimento angolare è definito come: , e dove è l'angolo sotteso dall'oggetto al punto focale anteriore dell'obiettivo, mentre è l'angolo sotteso dall'immagine al punto focale posteriore all'oculare.
Ad esempio, siccome la dimensione angolare della luna piena vista ad occhio nudo è di 0.5°, usando un binocolo con ingrandimento 10x, la luna ora sottende un angolo di 5°.
Per le immagini reali, come quelle proiettate su uno schermo, la dimensione ne indica una lineare, cioè quella misurata in millimetri o con unità di misura equivalenti.
Per le lenti di ingrandimento e i microscopi ottici, dove la dimensione dell'oggetto è una dimensione lineare e la misura apparente un angolo, l'ingrandimento è convenzionalmente il rapporto tra la dimensione apparente vista nell'oculare e la dimensione angolare dell'oggetto posizionato alla distanza di 25 cm dall'occhio (massima distanza vicina, oltre la quale emerge clinicamente una presbiopia).
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