Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma | |
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(EN) Stockholm International Peace Research Institute (FR) Institut international de recherche sur la paix de Stockholm | |
Abbreviazione | SIPRI |
Tipo | no-profit |
Fondazione | 6 maggio 1966 |
Fondatore | Tage Erlander Alva Myrdal |
Scopo | politico |
Sede centrale | Solna |
Presidente | Jan Eliasson |
Direttore | Dan Smith |
Lingua ufficiale | inglese |
Sito web | |
L'Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (IIRPS, in inglese Stockholm International Peace Research Institute, SIPRI) è un istituto internazionale indipendente, fondato nel 1966 per commemorare i 150 anni di pace ininterrotta in Svezia, che si occupa di peace studies.
Il suo compito è quello di condurre ricerche scientifiche in materia di conflitti e cooperazione, di importanza per la pace e la sicurezza internazionale, allo scopo di contribuire a una comprensione delle condizioni per soluzioni pacifiche ai conflitti internazionali e per una pace stabile.
Attraverso le sue ricerche il SIPRI rende accessibili informazioni imparziali su sviluppo degli armamenti, spese militari, produzione e commercio di armi, controllo degli armamenti e disarmo, oltre che su conflitti, prevenzione dei conflitti, sicurezza regionale e industria della difesa. I risultati del SIPRI vengono diffusi principalmente tramite libri, rapporti e altre pubblicazioni, oltre che tramite il suo sito web.
La principale pubblicazione dell'istituto è il SIPRI Yearbook, un compendio annuale dei principali avvenimenti e statistiche in tema di sicurezza internazionale e armamenti; dal 2011, ne viene distribuita una sintesi in lingua italiana edita dal Torino World Affairs Institute.[1]
Secondo il rapporto annuale pubblicato nel 2018, nei tre anni dell'intervento militare in Siria la Russia era divenuta il terzo produttore mondiale di armamenti con una quota pari al 10%, preceduta solamente da U.S.A. e Gran Bretagna. Undici aziende russe erano presenti nelle classifica dei primi 100 più grandi produttori a livello globale, sebbene dieci società della NATO – di cui sette statunitensi e tre europee – continuassero a detenere il 53% del valore mondiale degli scambi di settore.[2]