Piccolomini Pieri
ET DEO ET HOMINIBUS
StatoRepubblica di Siena, Granducato di Toscana, Austria, Boemia
Casata di derivazionePiccolomini
TitoliPatrizi di Siena, Conti del Sacro Romano Impero,Conti Palatini. Signori di Sticciano.
FondatoreAntonia di Caterina Piccolomini e Bartolomeo Pieri
Data di fondazioneXV secolo
Data di estinzione[1757]
EtniaItaliana

I Piccolomini Pieri sono una ramificazione della più grande famiglia Piccolomini di Siena. Diedero alla Repubblica, diversi personaggi di rilievo, tra cui si contano cavalieri di Malta, cavalieri di Santo Stefano, insigni prelati ed illustri uomini d'arme.

Le origini

Questo ramo della famiglia Piccolomini discende da una delle due sorelle di Pio II, che dallo stesso pontefice erano appellate come Papesse. Il predicato delle Papesse, in effetti non fu mai ufficialmente usato, anche se i senesi, solevano attribuirlo ai signori di Sticciano, discendenti di Caterina[Nota 1][1]. Questa sorella sposata con Bartolomeo Guglielmi, diede alla luce un'unica figlia di nome Antonia. Quest'ultima andò in sposa a Bartolomeo Pieri, signore di Sticciano, che, anch'egli, come il Guglielmi, entrò nella Consorteria Piccolomini. Assunse lo stemma piccolomineo, a esclusione del proprio[2] e anteponendo al cognome Pieri quello dei Piccolomini.


Da questa coppia, nacque Enea e da questi Silvio, che aggiunse anche il cognome e le insegne d'Aragona. Nacque poi Enea Silvio.

Personaggi illustri

Ramo dei Piccolomini Pieri Signori di Sticciano detti delle Papesse
Ascanio I Piccolomini V Arcivescovo di Siena Ascanio II Piccolomini X Arcivescovo di Siena

Con l'intervento del Bernini, fu edificata, in cattedrale, la cappella intitolata all'Immacolata Concezione. Inoltre l'arcivescovo assicurò una serie di interventi, rendendo possibile, l'attuale sistemazione della Piazza del Duomo e del Palazzo Arcivescovile. Al fine di ottenere una maggiore visibilità ed un maggiore effetto scenografico, l'edificio della cattedrale venne isolato, con la demolizione degli edifici adiacenti, che ospitavano appunto il palazzo arcivescovile. Palazzo che Ascanio fece ricostruire nelle immediate vicinanze[14].
Il periodo forse più significativo che segnò l'attività di questo Piccolomini, fu quello del suo rapporto con il Galilei. Quando lo scienziato venne condannato al carcere nel 1633, vista la stima e l'antica amicizia, che a lui lo legavano e contro le decisioni del Sant'Uffizio, si adoperò, presso il Granduca Ferdinando, per ottenere dal pontefice il suo trasferimento a Siena[13]. Dopo l'esito positivo di questo suo intervento e sotto la sua responsabilità, lo accolse nel palazzo di famiglia, detto delle Papesse. Galileo fu sempre riconoscente nei confronti dell'arcivescovo e ne conservò grata memoria. Confidava all'amico Elia Diodati, che grazie alla serenità restituitagli dalla premurosa amicizia del prelato riuscì a comporre "... un trattato di un argomento nuovo, in materia di meccaniche, pieno di molte specolazioni curiose ed utili”. Alludeva ai ”Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze" che sarebbe stato pubblicato a Leida nel 1638[15].
In una tranquilla serata di quella Siena del '600, l’arcivescovo Ascanio donò una memorabile serata ad una congrega di eruditi, docenti ed allievi. Invitati a palazzo, assistettero ad un'inaspettata lezione di astronomia tenuta dal Galileo. Con il suo nuovo Occhiale diede l'emozione di un incontro ravvicinato con la luna e le stelle alla sua colta quanto sbalordita piccola platea. Episodio, questo, che a lungo fu oggetto di dibattiti e relazioni nelle accademie e salotti della città[16].
L'Arcivescovo fu richiamato a Roma nel 1671, dove nello stesso anno morì.

Ottavio Piccolomini, Principe del S.R.I., e di Náchod, Feldmaresciallo dell'Impero, e Cavaliere dell'Ordine del Toson d'oro, Grande di Spagna, Duca di Amalfi[17][Nota 3]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ottavio Piccolomini.

Francesco di Enea e nipote ex frate del precedente Ottavio, ebbe diversi figli di cui solo Lorenzo lasciò seguito. L'ultimo nato fu:

Lo stesso argomento in dettaglio: Piccolomini Todeschini.

Tavole genealogiche

Le seguenti tavole genealogiche indicano la genealogia di derivazione dei Piccolomini Pieri ed i rami che vi subentrarono.

Note esplicative

  1. ^ Il nome Caterina da alcuni è indicato come una attribuzione errata in luogo di Costanza, ma al fine di non generare confusione, si preferisce continuare, sulle indicazioni dello Spreti, sulle stesse evidenze dell’albero genealogico di Georg Widmann e le indicazioni di Ludwig von Pastor nella sua Storia dei Papi, a usare il nome Caterina.
  2. ^ Bertone era un bastimento di circa 1000 tonnellate di stazza, con tre alberi a vele quadre e castelli molto alti, usati prevalentemente per la gurerra di corsa da Bretoni, Inglesi e Fiamminghi nei sec. 16° e 17°.
  3. ^ Ottavio Piccolomini mutò lo stemma invertendo la sequenza dei pali nel 2° e 3° quarto. Inoltre in alcune sculture la croce potenziata d'oro non risulta accantonata da 4 crocette dello stesso. La blasonatura del suo stemma viene generalmente riportata nel modo che segue: "Inquartato: nel 1º e il 4º di Piccolomini che è d'argento, alla croce d'azzurro, caricata di cinque crescenti d'oro.nel 2º e nel 3º palato di 4 pezzi:il 1º d'oro a due pali di rosso, il 2º fasciato di otto pezzi o di rosso e argento, il 3º d'azzurro, seminato di gigli d'oro, nel 4º d'argento, alla croce potenziata d'oro accantonata da 4 crocette dello stesso".

Note

  1. ^ Claudio Rendina, pag. 117.
  2. ^ a b c d e f g h i Vittorio Spreti, Vol. V, pag. 330.
  3. ^ Alessandra Contini e Paola Volpini, pag. 196 nota 6.
  4. ^ a b Roberto Amerighi, Pag. 27.
  5. ^ Gino Guarnieri, pag.167.
  6. ^ Silvio Piccolomini, pag. 1.
  7. ^ Maria Rosa Pardi Malanima, vol. 27, lettera C.
  8. ^ Roberto Amerighi, pp. 43-51.
  9. ^ Roberto Amerighi, Pag. 62.
  10. ^ Giuseppe Alberigo, vol. 5 lettera B.
  11. ^ Arcidiocesi di Siena, Colle Val d'Elsa e Montalcino - Vescovi di Siena - Fonte
  12. ^ Narciso Mengozzi, pag. 81.
  13. ^ a b c d Autori Vari, pagina unica.
  14. ^ Giovacchino Faluschi, pag. 44.
  15. ^ Galileo Galilei, lettera 7 marzo 1637.
  16. ^ Luigi Oliveto, pagina unica.
  17. ^ Stemma castello di Nachod
  18. ^ a b c d e f g Alberto Baldini, vol. 27. pag.157.
  19. ^ Simona Feci, vol. 72 lettera O.
  20. ^ Vittorio Spreti, vol. V, pag. 336.

Bibliografia

Voci correlate

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