Proteo | |
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Proteo raffigurato in vari aspetti e forme | |
Nome orig. | Πρωτεύς |
Caratteristiche immaginarie | |
Specie | Divinità marina |
Sesso | Maschio |
Professione | Oracolo |
Proteo (in greco antico: Πρωτεύς?, Prōtèus) è un personaggio della mitologia greca. Era una divinità del mare, dei fiumi e delle distese d'acqua nonché oracolo e mutaforma[1].
Figlio di Poseidone[2], sua madre è identificata con Fenice (Φοινίκη Phoinìke)[3], figlia del re di Fenicia Fenice (Φοῖνιξ Phòinix)[4]. Gli sono assegnati diversi figli: fu padre di Cabeiro[5], Idotea[6], Poligono e Telegono[2] ed Eioneo[7]. Euripide nella tragedia Elena aggiunge Teoclimeno, chiama Idotea "Eidoteonoe" e cita come madre Psamate[8], mentre Licofrone nel poema Alessandra aggiunge due figli (innominati) avuti dalla sposa-sorella Torone[9].
Proteo, dal greco "πρῶτος" (protos), significa primo, così come "πρωτόγονος" (protogonos) significa primordiale o anche nato per primo. Era una divinità in grado di scrutare attraverso la profondità del mare e di predire il futuro a chi fosse stato in grado di catturarlo. Spesso è associato all'isola egiziana di Faro (dove sorvegliava le foche di Poseidone[10]) o all'isola greca di Lemno[1].
Proteo potrebbe essere una trasposizione verso la mitologia greca di una più antica divinità fenicia, in quanto sull'isola di Faro (il luogo dove viveva e dove Menelao lo catturò nell'Odissea[11]) esisteva una colonia commerciale fenicia[1]. Diodoro osserva che solo i Greci lo chiamavano Proteo, mentre gli Egizi lo chiamavano Cete[1].
Più di un autore comunque scrive che Proteo era un egiziano (o anche un re d'Egitto[2][12]) che andò in Tracia e prese in moglie Torone. Ma poiché i suoi due figli erano violenti e furono uccisi da Eracle, dispiaciuto chiese a suo padre Poseidone di riportarlo in Egitto. Poseidone, acconsentendo alla preghiera del figlio, generò una voragine a Pallene dentro a cui gli fu possibile passare sotto al mare e ritornare in Egitto[12][13].
Nell'Odissea si racconta che «Proteo d'Egitto, l'immortale vecchio del mare che non mente mai, che suona il profondo in tutte le sue profondità ed è servo di Poseidone»,[14] soleva uscire dal mare a mezzogiorno per sdraiarsi a sonnecchiare all'ombra delle rocce e che chi desiderava conoscere il proprio destino doveva avvicinarsi a lui a quell'ora per coglierlo nel sonno. Era necessaria la forza per trattenerlo poiché Proteo era un muta forma e quindi in grado di assumere qualsiasi sembianza.
Menelao, infatti, di ritorno dalla guerra di Troia e dopo averlo catturato, lo vide trasformarsi in un leone, un serpente, un leopardo, un maiale, persino in semplice acqua ed ancora diventare un albero prima di riprendere la forma umana e predirgli il futuro. Dall'incontro fra Menelao e Proteo prende spunto anche uno dei Dialoghi marini dell'autore greco Luciano di Samosata[15].
Virgilio nelle Georgiche menziona più volte Proteo (ma lo posiziona a Scarpanto) ed aggiunge che attraversa i mari su un carro trainato da ippocampi mentre rivisita i paradisi di Tessaglia e della nativa Pellene[16].
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