Raoul Pupo

Raoul Pupo (Trieste, 1952) è uno storico italiano, già professore di Storia contemporanea all'Università di Trieste[1], tra i massimi conoscitori dell'Esodo giuliano-dalmata e dei massacri delle foibe.

Biografia

Negli anni '80 fu segretario provinciale della Democrazia Cristiana di Trieste[2].

Professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Trieste, docente di Storia contemporanea dal 2002[1] al 2022 e dal 2023 docente di Storia della frontiera alto adriatica, è membro sin dal 1996 delle commissioni miste storico-culturali italo-croata e italo-slovena (quest'ultima ha terminato i lavori[3] nel 2000). È inoltre membro del comitato scientifico dell'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, ed è stato presidente dell'Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia.

Alla fine degli anni '80 del XX secolo, a distanza di oltre quarant'anni dalla tragedia giuliano dalmata, fu uno dei promotori della revisione della storiografia relativa ai massacri delle foibe e all'esodo giuliano dalmata: due temi precedentemente pochissimo esplorati dagli storici accademici italiani.

Ha dedicato diverse pubblicazioni all'esodo istriano ed ha ricostruito le vicende storico-politiche che hanno riguardato il Territorio Libero di Trieste curando in particolare lo studio delle vicende delle popolazioni coinvolte.

Si è occupato della rifondazione della politica estera italiana analizzando i rapporti e le vicende storico-politiche tra l'Italia e gli stati che nel tempo si sono avvicendati sul confine orientale italiano.

Contributi allo studio degli eccidi delle "foibe"

Nella sua interpretazione dei fatti Pupo premette che, per estensione, i termini "foibe" e il neologismo "infoibare" sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in massima parte perpetrate in modo diverso; la maggioranza delle vittime, cioè, morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi[4][5]. Secondo Raoul Pupo e Roberto Spazzali, l'utilizzo simbolico del termine “foibe” «può divenire fonte di equivoci qualora si affronti il nodo della quantificazione delle vittime», in quanto la differenza tra il numero relativamente ridotto dei corpi materialmente gettati nelle foibe, e quello più alto degli uccisi nei campi di prigionia, dovrebbe portare a parlare di "deportati" e "uccisi" per indicare tutte le vittime della repressione[6]. Il numero totale delle vittime in Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia (comprendente le salme recuperate e quelle stimate, nonché i morti nei campi di concentramento jugoslavi) sarebbe comunque compreso tra le 3 000 e le 5 000.[7][8][9]

Gli eccidi, secondo Pupo, avevano l'obiettivo di eliminare i possibili oppositori del costituendo regime comunista jugoslavo [10] e furono uno dei tanti strumenti che caratterizzarono la sua ascesa al potere[11].

Pupo e Spaziali hanno evidenziato il nesso tra gli eccidi del 1945 e le stragi jugoslave, ossia quell'insieme di eccidi che hanno ovunque marcato la presa del potere in Jugoslavia, da parte di un movimento rivoluzionario a guida comunista, protagonista di una guerra che non era solo di liberazione, ma che era anche una feroce guerra civile, diretta all'eliminazione fisica degli avversari e che si trascinò, in termini di scontri armati e stragi, fino al 1946.

Per tale motivo «le "foibe" (...) sono state una variante locale di un processo generale che ha coinvolto tutti i territori in cui si realizzò la presa del potere da parte del movimento partigiano comunista jugoslavo ... » e non solo in Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia[11]

Pertanto l'ipotesi più plausibile per spiegare gli eccidi delle foibe è stata quella dell'"epurazione preventiva"[12]. Tale epurazione nella Venezia Giulia combinava, in modo inscindibile, obiettivi di rivalsa nazionale e di affermazione ideologica, nonché di riscatto sociale, e voleva eliminare tutti i potenziali oppositori (reali o meno) del disegno politico di Tito. Il progetto era contemporaneamente nazionale e ideologico, dal momento che mirava sia all'annessione della Venezia Giulia, sia all'instaurazione di un regime stalinista.

Questa interpretazione dei fatti, non sottovaluta il fondamentale ruolo del nazionalismo sloveno e croato e del loro inserimento nell'ambito della politica di potenza della nuova Jugoslavia e pone al centro dell'attenzione il problema dell'affermazione del comunismo mediante la lotta armata, evidenziando inoltre la differenza fra la resistenza nella Venezia Giulia e quella del resto d'Italia.

Tali conclusioni sono state recepite nella relazione pubblicata nel 2001 della "Commissione storico-culturale italo-slovena", incaricata dal Governo italiano e dal Governo sloveno di mettere a punto un'interpretazione condivisa dei rapporti italo-sloveni fra il 1880 e il 1956. Di essa faceva parte Raoul Pupo, insieme ai massimi studiosi che, sia in Italia sia in Slovenia, si erano occupati del periodo. Nel rapporto[13] si conclude cheː «tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra e appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l'impegno a eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo stato italiano, assieme a un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell'avvento del regime comunista, e dell'annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L'impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l'animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani.»[10].

Conclusioni sull'esodo giuliano-dalmata

Esuli da Piemonte d'Istria fotografati a Trieste nel 1959

Per quanto riguarda la quantificazione del fenomeno dell'esodo giuliano-dalmata, Raoul Pupo scrive: «Sulle dimensioni complessive dell'esodo vi è nella letteratura ampia discordanza, legata per un verso al fatto che un conteggio esatto non venne compiuto quando ciò era ancora possibile, per l'altro all'utilizzo politico delle stime compiuto sia in Italia che nella ex Iugoslavia: si oscilla così da ipotesi al ribasso di 200.000 unità - che in realtà comprendono solo i profughi censiti in Italia, trascurando i molti, che, soprattutto nei primi anni del dopoguerra emigrarono senza passare per l'Italia e comunque senza procedere ad alcuna forma di registrazione nel nostro Paese - fino ad amplificazioni a 350.000 esodati, difficilmente compatibili con la consistenza della popolazione italiana d'anteguerra nei territori interessati all'esodo. Stime più equilibrate, risalenti alla fine degli anni cinquanta e successivamente riprese, inducono a fissare le dimensioni presunte dell'esodo attorno al quarto di milione di persone.»[14].

La citata Commissione storico-culturale italo-slovena, di cui Pupo ha fatto parte, ha fornito, nel suo rapporto finale del 2000, stime simili per l'intera Venezia Giulia passata nel secondo dopoguerra alla Jugoslavia, il Quarnaro e la Dalmazia. Si consideri che l'esodo si sviluppò, in massima parte, in un lasso di tempo non breve: compreso tra il 1943 e 1956.[15]

Opere

Note

  1. ^ a b Raoul Pupo, su Università degli Studi di Trieste - Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali. URL consultato il 19 maggio 2016.
  2. ^ Renato Rizzo, Visita di Fanfani in Friuli Venezia Giulia [21 dicembre 1985], su ipac.regione.fvg.it. URL consultato il 1º aprile 2019.
  3. ^ Relazioni italo-slovene 1880-1956, su kozina.com. URL consultato il 9 dicembre 2014 (archiviato dall'url originale il 28 agosto 2008).
  4. ^ Pupo 1996: «È noto infatti che la maggior parte delle vittime non finì i suoi giorni sul fondo delle cavità carsiche, ma incontrò la morte lungo la strada verso la deportazione, ovvero nelle carceri o nei campi di concentramento jugoslavi.»
  5. ^ Pupo, Spazzali, p. 2: «È questo un uso del termine [NdR: "foibe"] consolidatosi ormai, oltre che nel linguaggio comune, anche in quello storiografico, e che quindi va accolto, purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale»; pp. 3-4: «In realtà, solo una parte degli omicidi venne perpetrata sull'orlo di una foiba ( [...] ), mentre la maggior parte delle vittime perì nelle carceri, durante le marce di trasferimento o nei campi di prigionia (...) nella memoria collettiva "infoibati" sono stati considerati tutti gli uccisi...»
  6. ^ Pupo, Spazzali, pp. 4-5.
  7. ^ Pupo, Spazzali, pp. 29-30.
  8. ^ "Foibe, fascisti e comunisti: vi spiego il Giorno del ricordo": parla lo storico Raoul Pupo, su tpi.it, TPI. URL consultato il 9 febbraio 2020.
  9. ^ Raoul Pupo, Foibe, su treccani.it. URL consultato il 9 febbraio 2020.
  10. ^ a b Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena, Relazioni italo - slovene 1880-1956, "Periodo 1941-1945", Paragrafo 11, Capodistria, 2000
  11. ^ a b Raoul Pupo; Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito partigiano jugoslavo
  12. ^ Pupo, Spazzali, p. 162.
  13. ^ Il rapporto conclusivo «in Italia non fu mai accolto dai canali ufficiali né diffuso come concordato, contrariamente a quanto avvenuto in Slovenia» secondo G. Candreva, Una frontiera troppo contesa, L'indice dei libri del mese, n. 1/2023, p. 12.
  14. ^ R. Pupo, L'esodo degli Italiani da Zara, da Fiume e dall'Istria: un quadro fattuale, [in:] Esodi. Trasferimenti forzati di popolazione nel Novecento europeo, Napoli, 2000, p. 205-206, n. 40
  15. ^ I rapporti italo-sloveni 1880-1956. Relazione della commissione storico-culturale italo-slovena, Lubiana, 2001.

Voci correlate

Altri progetti

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