Referendum consultivo sull'autonomia del Veneto | |||||||||||
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Palazzo Ferro Fini, sede del consiglio regionale | |||||||||||
Stato | Italia | ||||||||||
Regione | Veneto | ||||||||||
Data | 22 ottobre 2017 | ||||||||||
Tipo | consultivo | ||||||||||
Tema | autonomia differenziata | ||||||||||
Esito | |||||||||||
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Quorum | raggiunto | ||||||||||
Affluenza | 57,2% |
Il referendum consultivo del 2017 in Veneto è stato una consultazione referendaria regionale che si è svolta in Veneto il 22 ottobre 2017. Il referendum è stato deliberato dal consiglio regionale del Veneto per conoscere il parere degli elettori della regione circa l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia al proprio ente territoriale, come previsto dall'articolo 116 della Costituzione italiana. Per l'efficacia della consultazione era richiesta la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto.[1]
Il referendum, in quanto consultivo, non era giuridicamente vincolante; tuttavia, ai sensi dell'articolo 27, comma 2, dello Statuto regionale, essendo stato raggiunto il quorum, il consiglio regionale è stato tenuto a esaminare l'argomento referendario entro novanta giorni dalla proclamazione dei risultati.[2] Essendo prevalsi i voti favorevoli, il presidente della giunta ha presentato all'assemblea legislativa un programma di negoziati da condurre con l'esecutivo statale, unitamente a un disegno di legge di recepimento del percorso e dei contenuti per il conseguimento dell'autonomia differenziata.[3]
In provincia di Belluno, in aggiunta al referendum regionale, nella stessa giornata si è tenuto altresì un referendum consultivo per una maggiore autonomia provinciale che ha dato anch'esso esito positivo.[4]
Nel 1991-1992 il consiglio regionale del Veneto, all'epoca guidato dalla maggioranza composta da Democrazia Cristiana, Partito Socialista, Partito Socialdemocratico e Partito Repubblicano, approvò la proposta[5] del gruppo socialista veneto di indire una consultazione popolare per chiedere che il Veneto diventasse regione a statuto speciale.[6]. Contrari alla proposta furono il Partito Democratico della Sinistra e la Federazione dei Verdi, ma anche i due movimenti autonomisti Liga Veneta e Union del popolo veneto oltre che i vertici nazionali del PSI, tra cui Gianni De Michelis e Giuliano Amato. Il governo Andreotti impugnò la legge regionale, che venne annullata dalla Corte costituzionale.[7][8] Secondo i giudici della Consulta del 1992, il referendum consultivo regionale «per quanto sprovvisto di efficacia vincolante, non può non esercitare la sua influenza, di indirizzo e di orientamento, oltre che nei confronti del potere di iniziativa spettante al Consiglio regionale, anche nei confronti delle successive fasi del procedimento di formazione della legge statale, fino a condizionare scelte discrezionali affidate alla esclusiva competenza di organi centrali dello stato: con la conseguente violazione di quel limite già indicato da questa Corte come proprio dei referendum consultivi regionali e riferito all'esigenza di evitare "il rischio di influire negativamente sull'ordine costituzionale e politico dello stato"».[7]
Nel 1998 la Regione del Veneto, guidata da Giancarlo Galan, ripropose la richiesta di referendum sull'autonomia,[8][9] ma anche in questo secondo caso il provvedimento venne impugnato dal governo Prodi[10] e annullato nel 2000 dalla Corte costituzionale, per motivazioni analoghe alla precedente sentenza del 1992.[11]
Nel 2000-2001 il consiglio regionale veneto riapprovò, unitamente a Lombardia e Piemonte e poi la Liguria[12], una terza legge regionale per istituire un "Referendum consultivo in merito alla presentazione di una proposta di legge costituzionale per il trasferimento alla Regione del Veneto delle funzioni statali in materia di sanità, formazione professionale ed istruzione, polizia locale".[13] Anche in questo caso, il governo Amato II propose l'impugnativa costituzionale, ma il successivo governo Berlusconi II ritirò il ricorso.[14] Peraltro, molte materie di competenza statale erano state attribuite alle regioni per effetto della riforma del Titolo V della Costituzione, confermata dal referendum costituzionale del 2001.
Il governo Berlusconi II portò nel 2005-2006 all'approvazione di un ulteriore progetto di revisione costituzionale, il quale prevedeva, seppur insieme alla ricentralizzazione di buona parte delle competenze legislative, il passaggio delle funzioni in materia di sanità, istruzione e polizia amministrativa regionale dallo stato alle regioni. Allo scopo di far approvare tale riforma, le regioni Lombardia e Veneto furono promotrici del referendum costituzionale del 2006, mentre altre 14 regioni[15] italiane chiesero anch'esse lo svolgimento del referendum confermativo, ma al fine di bocciare la proposta.[16] Significativo fu l'esito del referendum del 25-26 giugno 2006: la proposta di modifica alla parte II della Costituzione venne bocciata dagli elettori a livello nazionale, ma Lombardia e Veneto furono le uniche due regioni, oltre alla circoscrizione Estero, in cui prevalse il sì alla riforma.[17]
Nel 2007 il Veneto, così come nello stesso anno la Lombardia, nel 2003 la Toscana e nel 2008 il Piemonte, aveva approvato l'avvio delle trattative col governo statale per l'attribuzione delle materie indicate dall'articolo 116, comma 3, della Costituzione; tuttavia, nessuna delle regioni richiedenti era poi riuscita a condurre in porto il negoziato sulle forme e condizioni particolari di autonomia richieste.[18]
La consultazione referendaria è stata istituita dalla legge regionale n. 15 del 2014. In origine detta legge prevedeva che, in caso di fallimento del negoziato tra la giunta regionale e il governo nazionale sul testo referendario da sottoporre al voto popolare, la scheda avrebbe contenuto una pluralità di quesiti in tema di autonomia, anche fiscale:
In aggiunta al referendum autonomista, il consiglio veneto approvò inoltre la legge regionale n. 16 del 2014, concernente l'indizione di un referendum consultivo sull'indipendenza del Veneto.[19]
A seguito dell'impugnazione statale delle leggi regionali n. 15 e n. 16 del 2014, si è instaurato un giudizio sulla legittimità costituzionale dei due provvedimenti normativi.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 118 del 25 giugno 2015, ha dichiarato in primis l'illegittimità costituzionale del referendum consultivo sull'indipendenza di un'ipotetica Repubblica veneta dall'Italia[20], poiché le scelte fondamentali di livello costituzionale sono precluse ai referendum regionali e in quanto il quesito era in aperto contrasto col principio di unità e indivisibilità della Repubblica italiana.[21]
La Corte ha poi annullato anche gli ultimi quattro dei cinque quesiti sull'autonomia regionale, essendo in conflitto col divieto (previsto anche dallo Statuto veneto) di sottoporre a referendum argomenti di materia tributaria (quesiti nn. 2, 3 e 4) e per violazione della competenza esclusiva del parlamento nazionale in merito all'individuazione delle regioni a statuto speciale (quesito n. 5).
Infine la Corte costituzionale ha invece ammesso il quesito n. 1, in quanto «non prelude a sviluppi dell’autonomia eccedenti i limiti costituzionalmente previsti» e «si colloca in una fase anteriore ed esterna rispetto al procedimento prestabilito all'art. 116 della Costituzione» il quale, al terzo comma, consente alle regioni a statuto ordinario di chiedere l'attribuzione di ulteriori competenze nelle materie di legislazione concorrente[22] e, limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, alle norme generali sull'istruzione e alla tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, in quelle di legislazione esclusiva dello Stato.[23] In merito all'opportunità di svolgere il referendum, la Corte costituzionale ha sottolineato la «[non] sovrapposizione tra la consultazione popolare regionale e il procedimento di cui all'art. 116, commi terzo e quarto, Cost.». Il referendum consultivo, infatti, si colloca in una fase precedente all'iniziativa regionale che deve predisporre, previa l'inderogabile consultazione degli enti locali, una proposta di legge nazionale che deve poi essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti di entrambe le Camere del Parlamento.[20]
Il 24 aprile 2017 il presidente della regione veneta Luca Zaia ha emanato il decreto di convocazione delle urne[24], fissando simbolicamente la data della consultazione per il 22 ottobre dello stesso anno[25], nella seconda giornata del 151º anniversario del plebiscito del Veneto – tenutosi il 21 e 22 ottobre 1866 – che sancì l'unificazione delle province venete e di quella di Mantova al Regno d'Italia.
La data prescelta, concordata insieme con il presidente della Lombardia (regione in cui si è svolto un analogo referendum consultivo[26]), dovrebbe aiutare – secondo le intenzioni di Zaia – a «dare una risposta corale» allo storico plebiscito del 1866 e riaffermare la «genetica voglia di autodeterminazione» del popolo veneto.[27]
Le spese previste per l'organizzazione del referendum – interamente a carico dell'amministrazione regionale – ammontano a 14 milioni di euro[28], di cui 1.200.000 euro destinati alla campagna di informazione istituzionale promossa dalla regione.[29]
Successivamente all'indizione del voto, due elettori residenti in Veneto hanno presentato un ricorso d'urgenza al TAR del Veneto e un altro al tribunale di Venezia al fine di impedire la celebrazione del referendum; i due ricorsi sono stati respinti rispettivamente il 7[30] e il 26 settembre.[31]
Data | Realizzatore | Committente | Camp. | Sì | No | Altro | Scarto | Affl. | Quorum | Note |
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4-9 agosto 2017 | Winpoll srls[32] | Corriere del Veneto | 800 | 92,0 | 8,0 | 14,0 | 84,0 | 49,0 | Incerto | [N 1] |
56,0 | Sì | [N 2] | ||||||||
7 luglio 2016 | Demetra opinioni.net[32] | Quaeris | ? | 83,0 | 17,0 | 12,0 | 66,0 | 78,6 | Sì | [N 3] |
L'articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede che le regioni a statuto ordinario possano richiedere – su propria iniziativa e con successiva legge statale approvata a maggioranza assoluta da entrambe le Camere – ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia nell'ambito dell'organizzazione della giustizia di pace, delle norme generali sull'istruzione e della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, nonché delle materie di competenza concorrente.[33]
Come evidenziato dalla Corte costituzionale, «manca nel quesito [referendario veneto] qualsiasi precisazione in merito agli ambiti di ampliamento dell'autonomia regionale su cui si intende interrogare gli elettori», tuttavia dal momento che è ripetuta testualmente la stessa frase usata nell'art. 116 della Costituzione, è chiaro che la "maggiore autonomia" può riguardare solo le «materie di cui al terzo comma dell’art. 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s)».[20] Tale precisazione è stata poi espressamente sancita nell'intesa per lo svolgimento del referendum conclusa tra la regione e le prefetture del Veneto.[34]
Testo del quesito[35] |
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Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia? |
Il principale dibattito politico non riguarda il merito del quesito in sé, dal momento che la quasi totalità delle forze politiche e sociali ritengono che la richiesta di maggiore autonomia regionale sia necessaria per rispondere alle esigenze della società[36], ma è incentrato sull'opportunità di svolgere il referendum, la sua efficacia e i costi.
Alcuni esponenti politici[37] ed opinionisti[38], ricalcando in parte la motivazione della sentenza della Corte costituzionale, hanno espresso l'opinione che il referendum sia inutile, dal momento che da un punto di vista meramente formale l'art. 116 della Costituzione non richiede espressamente l'indizione di una consultazione del corpo elettorale per poter avanzare al Parlamento la proposta di maggiore autonomia regionale; a tal proposito, è stato citato l'esempio del presidente regionale dell'Emilia-Romagna che, pur "rispettando la decisione di Veneto e Lombardia di fare un referendum pienamente legittimo"[39], ha deciso di avviare un diverso percorso di consultazione di imprese, sindacati, territori e associazioni.[39][40]
I promotori del referendum invece hanno evidenziato che, in base allo statuto regionale, "La Regione promuove la partecipazione ai processi di determinazione delle proprie scelte legislative e amministrative da parte dei cittadini". Inoltre, secondo loro, il risultato del referendum avrà un grande valore politico quando sarà presentata al Parlamento e al governo la richiesta di maggiore autonomia.[41] Per tale motivo, i promotori ritengono che sia più importante l'affluenza che non l'esito dello scrutinio[42] (il quale appare scontato).
Gli elenchi che seguono rappresentano i soggetti individuati dal Comitato regionale per le comunicazioni del Veneto[43], in conformità con le disposizioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Tra questi non figura alcun comitato promotore del referendum, essendo stato promosso dalle istituzioni regionali venete che, in quanto enti pubblici, non possono svolgere propaganda elettorale.[44]
Nella tabella seguente sono elencate le posizioni espresse dalle forze politiche che costituiscono un gruppo autonomo nel Consiglio regionale del Veneto.[45]
Gruppo | Ind. di voto | Fonte |
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Liga Veneta – Lega Nord | Sì | [46] |
Partito Democratico | Sì | [47] |
Forza Italia | Sì | [48] |
Alessandra Moretti Presidente | Sì | [49] |
Fratelli d'Italia – AN – Movimento per la cultura rurale | Sì | [50] |
Siamo Veneto - Partito dei Veneti | Sì | [51] |
Veneto Civico | Sì | [52] |
Zaia Presidente | Sì | [53] |
Movimento 5 Stelle | Sì | [54] |
Centro Destra Veneto – Autonomia e libertà | Sì | [49] |
Area Popolare Veneto | Sì | [55] |
Il Veneto del Fare – Flavio Tosi | Sì | [56] |
Veneto per l'Autonomia | Sì | [49] |
Gruppo misto[57] | Sì | [58] |
Astensione | [59] |
Partito | Ind. di voto | Fonte |
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Movimento Democratico e Progressista | Astensione | [59] |
IDeA – Popolo e Libertà | Sì | [59] |
Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea | Astensione | [59] |
Partito Socialista Italiano | Astensione | [60] |
Sinistra Italiana – Possibile | Astensione | [61][62] |
Soggetto | Ind. di voto | Fonte |
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Comitato veneti liberi per il sì | Sì | [63] |
Comitato civico referendario sì all'autonomia del Veneto | Sì | [59] |
Comitato vota sì al referendum del 22 ottobre per l'autonomia | Sì | [59] |
Associazione noi Veneto indipendente – Indipendenza noi Veneto |
Sì | [59] |
Associazione sovranazionale del popolo veneto – Supranational venetian people association |
Sì | [59] |
Comitato per l'autonomia del Veneto | Sì | [59] |
Veneto serenissimo governo | Sì | [59] |
Movimento Indipendenza Veneta |
Sì | [59] |
Comitato Veneto vivo per il sì all'autonomia | Sì | [64] |
Comitato referendario dasoli | Sì | [59] |
Comitato veneti per l'astensione | Astensione | [59] |
Comitato riscossa civica veneta contro il referendum farlocco | Astensione | [59] |
Gli elettori chiamati al voto nella regione sono stati 4 019 628, suddivisi nelle 4 739 sezioni elettorali di 575 comuni.
I seggi elettorali sono stati aperti dalle ore 7:00 alle 23:00, nella sola giornata di domenica 22 ottobre 2017.
Provincia | 12:00 | 19:00 | 23:00 |
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Belluno | 19,0% | 45,0% | 51,4% |
Padova | 21,7% | 52,1% | 59,7% |
Rovigo | 16,0% | 41,9% | 49,9% |
Treviso | 22,7% | 51,6% | 58,1% |
Venezia | 18,8% | 47,1% | 53,7% |
Verona | 19,2% | 47,2% | 55,5% |
Vicenza | 25,2% | 55,9% | 62,7% |
Veneto | 21,1% | 50,1% | 57,2% |
Fonte: Consiglio regionale veneto.[65]
Fonte: Consiglio regionale veneto.[66]
Provincia | Sì | No | Affluenza | |||
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Preferenze | % voti val. | Preferenze | % voti val. | Votanti | % elettori | |
Belluno | 103 627 | 97,4% | 2 782 | 2,6% | 107 708 | 51,4% |
Padova | 439 209 | 98,0% | 9 004 | 2,0% | 450 369 | 59,7% |
Rovigo | 98 600 | 98,0% | 1 997 | 2,0% | 101 027 | 49,9% |
Treviso | 433 281 | 98,1% | 8 318 | 1,9% | 443 751 | 58,1% |
Venezia | 366 282 | 98,0% | 7 471 | 2,0% | 375 296 | 53,7% |
Verona | 391 537 | 98,3% | 6 832 | 1,7% | 399 863 | 55,5% |
Vicenza | 441 449 | 98,3% | 7 534 | 1,7% | 450 933 | 62,7% |
Veneto | 2 273 985 | 98,1% | 43 938 | 1,9% | 2 328 947 | 57,2% |
Fonte: Consiglio regionale veneto.[66]
Il giorno successivo al referendum, la giunta regionale del Veneto si è riunita in seduta straordinaria per deliberare preliminarmente un disegno di legge da sottoporre al Consiglio regionale del Veneto avente come oggetto una proposta di legge statale da trasmettere al parlamento nazionale[67] al fine di chiedere il trasferimento delle 23 competenze previste[68] dallo Stato alla Regione[69][70]; l'atto è stato approvato dall'aula consiliare il 15 novembre 2017[71], unitamente a un ordine del giorno che conferisce al presidente Zaia un ampio mandato nell'ambito della trattativa con l'esecutivo statale.[72]
Nella medesima seduta, la giunta veneta ha altresì deliberato una proposta da sottoporre all'approvazione del Consiglio regionale al fine di presentare al Parlamento, ai sensi dell'articolo 121, comma 2, della Costituzione, un disegno di legge costituzionale avente come oggetto il riconoscimento del Veneto quale regione a statuto speciale.[73] Infine, è stata approvata una delibera per l'istituzione della Consulta del Veneto per l'autonomia quale tavolo istituzionale per la rappresentanza dei territori e della società civile della regione nella fase di negoziato col governo centrale.[74]
Il 28 febbraio 2018, al termine di tre mesi di negoziati, il presidente Luca Zaia (insieme ai presidenti Roberto Maroni e Stefano Bonaccini, suoi omologhi di Lombardia ed Emilia-Romagna) ha firmato col sottosegretario Gianclaudio Bressa un accordo preliminare in merito all'intesa prevista dall'articolo 116, comma 3, della Costituzione.[75]
Il Parlamento ha poi approvato la legge 26 giugno 2024, n. 86 concernente le "Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione", definendo le modalità per le intese tra lo Stato e le Regioni a statuto ordinario e stabilendo che per alcune materie lo Stato e le Regioni devono garantire "Livelli essenziali di prestazione" (LEP), ovvero standard minimi su tutto il territorio nazionale.[76]