La trippa (di etimologia incerta forse dal francese e dall'inglesetripe a sua volta di origine celticatripa comune correlato con il gaelico tarp "mucchio, cumulo"[1]) è una frattaglia usata in gastronomia e ricavata da diverse parti dei prestomaci del bovino[2].
Nei bovini adulti, lo stomaco è composto da quattro cavità distinte ovvero tre prestomaci di origine esofagea e lo stomaco ghiandolare:
il rumine (conosciuto anche con i nomi locali di "ciapa", "croce", "larga", "panzone") è la parte più spessa e più grassa della trippa, rappresenta circa l'ottanta per cento di tutto lo stomaco bovino.
il reticolo ("beretta", "cuffia", "nido d'ape"), ha un aspetto spugnoso e la sua forma ricorda una cuffia.
l'omaso ("centupezzi", "foiolo", "libretto", "millefogli", "centopelli") è la parte più magra della trippa e si presenta con una caratteristica struttura lamellare ovvero con innumerevoli pieghe di colore bianco che fanno ricordare un libro aperto.
l'abomaso ("caglio", "francese", "frezza", "lampredotto", "quaglietto", "ricciolotta"), che è l'unica cavità equivalente allo stomaco vero e proprio, quello più vicino all'intestino, ovvero la parte più scura della trippa di colore marrone e piuttosto grassa che richiama alla mente dei nastri arricciati insieme.
La trippa è un alimento consumato da lungo tempo: i greci la cucinavano sulla brace, mentre i romani la utilizzavano per preparare salsicce. Oggi la trippa costituisce un alimento tradizionale di molte regioni d'Italia, in particolare della cucina veneta, romana, toscana, genovese e milanese, viene talvolta tagliata a strisce e preparata in maniere diverse. Per lo più la trippa viene venduta già lavata e parzialmente cotta, e richiede poi un ulteriore tempo di cottura sia per acquistare la giusta morbidezza sia per potersi impregnare degli aromi che le conferiscono un sapore appetitoso; può anche essere consumata condita con olio, sale, pepe e limone senza ulteriore cottura.
I piatti tipici della tradizione gastronomica italiana a base di trippa sono:
Trippa di Moncalieri — trippa pressata a forma cilindrica, della gastronomia piemontese
Trippa alla genovese - in umido con fagiolame o patate, in brodo Sbïra (antico ultimo pasto dei condannati a morte della Repubblica di Genova), cruda in insalata, olio sale pepe e limone, con sugo e pinoli, e molte altre ricette
Zuppa marescialla - piatto tipico della tradizione povera napoletana, con varie frattaglie (pancia, bonetto, mille pieghe o centopelli, franciata)
Morzeddhu catanzarisa (Morzello di Catanzaro) — antichissima pietanza tipica con trippa e frattaglie lungamente consumate nel sugo di pomodoro, peperoncino e altri odori e mangiata nella pitta catanzarisa, caratteristico pane a forma di ciambella
La trippa è largamente usata anche nelle cucine tradizionali di tutto il mondo:
Andouillette — insaccato a base di trippa di maiale o di un misto di trippa di maiale e di bovino
Il famoso detto romano nun c'è trippa pe' li gatti è stato coniato verso i primi del '900 dal primo cittadino dell'epoca Ernesto Nathan, allorché si accingeva a eliminare dal bilancio delle spese di Roma una voce di spesa per il mantenimento di una colonia di felini randagi[6].
A Milano la busecca, come viene chiamata in milanese, è considerata talmente emblematica che l'epiteto busecconi cioè mangia-trippa è divenuto una denominazione scherzosa dei milanesi stessi.
La trippa ha uno scarso contenuto in grassi, quindi un limitato contenuto calorico rispetto alle altre parti di carne bovina. Tuttavia è poco digeribile per l'abbondanza di tessuto connettivo elastico.
L'elevato contenuto in colesterolo la rende inoltre controindicata ai colesterolemici.[7] Contrariamente a quanto si può pensare, la trippa può essere consumata, molto moderatamente, anche da chi soffre di uricemia o gotta. Infatti l'elevata presenza di purine è limitata alla trippa prima della cottura: il lungo procedimento di ebollizione porta all'estrazione e alla conseguente quasi totale eliminazione delle medesime.[7][8]
I valori nutrizionali, per ogni 100 grammi di parte edibile, sono espressi nella seguente tabella (g=grammi; mg=milligrammi; kcal=chilocalorie):[7]
^ Vocabolario Treccani, Trippa, su treccani.it. URL consultato il 18 dicembre 2013.
^La trippa, su latrippa.com. URL consultato il 14 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 28 gennaio 2018).
^ Alessandro Molinari Pradelli, La cucina dell'Emilia-Romagna in 450 ricette tradizionali, collana La cucina regionale italiana, Roma, Newton & Compton, 2003 [1998], p. 206, ISBN88-8289-927-6.
^ Gianni Quondamatteo, Grande dizionario (e ricettario) gastronomico romagnolo, Galeati, 1978.
Indro Neri, Troppa trippa : sull'antico mestiere del trippaio a Firenze ed i mille modi di cucinare la trippa nel mondo, Firenze, Neri, 1998. Tavole umoristiche: Massimo Presciutti.
Luca Rangoni, La povera nobiltà della trippa, Lucca, Maria Pacini Fazzi editore, 2000, ISBN88-7246-398-X.