Architettura gotica e filosofia scolastica
AutoreErwin Panofsky
1ª ed. originale1950
1ª ed. italiana1986
Generesaggio
Sottogenerestoria dell'arte
Lingua originaleinglese

Architettura gotica e filosofia scolastica (Gothic Architecture and Scholasticism) è un saggio dello storico dell'arte tedesco Erwin Panofsky edito dal 1950.

L'autore fa un «esitante tentativo di correlare l'architettura gotica e la filosofia scolastica», tanto convergenti nella realtà del tempo che storici della filosofia e storici dell'arte danno loro, senza influenze esterne al proprio campo, la stessa collocazione temporale: Panofsky dimostra in cinque capitoli questa stretta relazione.

Capitolo I

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Il primo capitolo esplica il sincronismo dell'architettura gotica e della filosofia scolastica.

Le differenze tra il primo periodo e quello classico, in ambo i campi, sono le stesse: se nelle statue dell'High Gothic l'organizzazione dei corpi è più realistica e naturale, così la Summa della scolastica differisce dalle meno organizzate enciclopedie e dai Libri Sententiarium precedenti. Analogo nello svolgimento è anche il terminare di queste fasi classiche in una "graduale decomposizione del sistema esistente". Da un lato s'affievolisce la fiducia nel potere sintetico della ragione, punto cardine del discorso di Tommaso D'Aquino, dall'altro il tipo di cattedrale tende ad un modello più arcaico e meno sistematico. Gli esiti, triplici, nella filosofia, sono: l'irrigidimento in tradizione scolastiche, la volgarizzazione in trattati popolari come Somme-le-Roy e il Tesoretto di Brunetto Latini, l'intricarsi in discorsi d'un'elaborazione fittissima. Anche nell'architettura gli esiti sono tre: un gotico maturo "dottrinario" o estremamente semplificato o ricercatissimo.

Al Late Scholasticism seguono poi due correnti che, pur apparentemente contrapposte, Panofsky vede come "extrêmes qui se touchent": il misticismo antirazionale di Eckhart e il nominalismo di Ockham, stretti assieme da una nucleare componente di soggettivismo (intuizione filologica è l'uso prediletto della parola "intuitus" da entrambi i pensatori). Nello stesso tempo, in seno all'arte gotica si diffonde la ricerca prospettica di Giotto e Duccio tra il 1330 e il 1340, mentre la scultura apprendeva un "nuovo modo di concepire in funzione del processo di visione", costruendo come a presentare uno "spazio pittorico" agli occhi dello spettatore. Un nuovo criterio comune, la sensibilità al soggetto, è anche qui presente.

Capitolo II

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Qual è la natura del rapporto tra l'architettura gotica e la filosofia scolastica, in quest'arco «concentrato» (1130-1279) nell'«area di cento miglia che ha come centro Parigi»?

«È più concreto di un semplice parallelismo, e tuttavia è più generale di quelle influenze individuali esercitate su pittori, scultori, architetti da consiglieri eruditi«».

Panofsky utilizza la nozione di «mental habit», ma solo «riportando questo abusato luogo comune al suo preciso significato scolastico di principio che regola l'atto». E la forza formatrice di abitudini, «the habit-forming force» è, appunto, la filosofia scolastica.

Se i costruttori di chiese non leggevano direttamente i testi scolastici, certo la scuola, i sermoni e le disputationes de quolibet potevano offrire all'intelletto comune la cognizione di tutto lo scibile (che non si racchiudeva in «terminologie esoteriche»). La nuova figura del professionista urbano, poi, in rapporto paritario con professionisti di disparati ambiti, giovava alla comunicazione: e l'architetto nasceva come figura di spicco. Era un architetto professionista, un uomo di mondo, colto e d'un certo prestigio sociale. Scelto «propter sagacitatem ingenii», a lui si giunse a dedicare effigi in cui era ritratto nel reggere il modello della sua chiesa, cosa in precedenza limitata ai committenti; a lui poteva dedicarsi persino l'appellativo di «Doctor» (l'epitaffio di Pierre de Montereau indica quest'ultimo come doctor lathomorum) dunque «si era giunti a considerare l'architetto una sorta di scolastico».

Capitolo III

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In che modo il mental habit influenzava l'architettura? Il contenuto concettuale della dottrina scolastica è da trascurare, quanto importa è il «modus operandi», che s'imprimeva subito alla mente del laico a contatto con lo scolastico. Ma perché si capisca il modus operandi, Panofsky spiega il concetto di manifestatio, «primo principio regolatore della prima scolastica e della scolastica classica». Riportando san Tommaso d'Aquino, che scrive della ragione atta solo a chiarificare gli enunciati della sacra dottrina e non a verificarla, il compito della ragione risulta allora anche quello di delucidare cosa essa stessa sia: ambizione che rende comprensibili le derise pagine della classica Summa. Organizzata in uno schematismo rigidissimo, essa agisce su tre requisiti:

«il tutto intensificato dall'equivalente letterario della similitudines di Tommaso d'Aquino: terminologia suggestiva, parallelismus membrorum e rima».

Ne nasce un'articolazione sistematica mai prima conosciuta: se i classici erano divisi in libri, ecco finalmente i capitoli (e anche l'abitudine di noi moderni «inconsapevoli eredi della scolastica» di far riferimento, per un'esatta citazione, d'un'edizione a stampa ritenuta autorevole). I trattati conoscono parecchie divisioni: partes, membra/quaestiones/distinctiones, articuli.

Per il principio di manifestatio l'ordine e la logica del pensiero doveva essere tangibilmente esplicito: per Panofsky questo è il «Postulato della chiarificazione per il gusto della chiarificazione».

Capitolo IV

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Se si pensa alla Commedia dantesca, non solo nel contenuto ma nella stessa forma trinitaria, o all'approccio scolastico alla poesia di Dante nella Vita nuova (bisognerà aspettare Petrarca perché la ricerca d'eufonia preceda quella di logica) si capisce l'influenza enorme della filosofia scolastica: essa manifesta il principio chiarificatore persino in un'esplicazione di quanto potrebbe restare implicito, persino di quanto non è necessario. Arriva a trascurare l'ordine naturale di esposizione a favore di un'artificiale simmetria.

S'avvicina alla filosofia del XII secolo la moderna Gestalt quando parla di «poteri formativi dei processi sensoriali»: la scolastica ricorre ai sensi per sollecitare l'immaginazione, che chiarifica la ragione perché questa possa delucidare a proposito della fede. L'influenza nel discorso (le frasi ricorrenti, le rime) quanto nell'articolazione visiva (divisioni e suddivisioni continue) è evidente. Così nelle arti si giunge ad una complessa composizione.

Ed è proprio nell'architettura che i tre requisiti dell'esposizione letteraria della Summa scolastica sono percepibilissimi:

Questa precisione porta Panofsky a considerare che

«Siamo in presenza non di un razionalismo inteso in senso puramente funzionalistico, né di un'illusione intesa nel senso dell'estetica moderna dell'art pour l'art. Siamo al cospetto di ciò che può chiamarsi una logica visiva».

Il principio è sempre quello della manifestatio: gli elementi della cattedrale sono funzionali alla sua stabilità, la loro esposizione fa parte del chiarimento del processo.

Capitolo V

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Lo sviluppo in un secolo del gotico, uno sviluppo concentrato ma non coerente, s'articola in un procedere a sbalzi secondo quello che per Panofsky è il «secondo principio regolatore della scolastisca», la concordantia, «l'accettazione e la riconciliazione ultima di possibilità contraddittorie». Il richiamo agli scolastici qui si riferisce al fatto che il tentativo di conciliazione tra diverse affermazioni di actuoritates, persino opposte, divenne questione di principio quando Abelardo scrisse il Sic et non, dove mostrò in quante contraddizioni cadessero le auctoritates (tra cui, la Bibbia), le elaborazioni concilianti seguirono a fiotti, invasero le disputatio de quolibet e diedero forma al tipo d'argomentazione scolastica in:

Gli architetti agiscono rispetto alle chiese del passato come gli scolastici rispetto alle auctoritates: motivi architettonici non possono essere respinti, ma solo conciliati, Panofsky lo dimostra nelle vicende del

che si sviluppano in un succedersi di Sic et Non per giungere alla soluzione finale conciliante. Il progresso «a balzi» è compreso.

Edizioni

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Collegamenti esterni

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