Mappa dell'Arkansas.

Durante la guerra di secessione americana l'Arkansas (che il 15 giugno 1836 era entrato nella federazione degli Stati Uniti d'America come stato schiavista) entrò a far parte della Confederazione e come tale contribuì con uomini, mezzi e rifornimenti allo sforzo bellico dei sudisti.

Origini

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Con l'elezione presidenziale del 1860 fu eletto Presidente degli Stati Uniti d'America Abraham Lincoln, notoriamente abolizionista della schiavitù. Questo diede origine alla Dichiarazione di Secessione da parte della Carolina del Sud. Entro il mese di febbraio del 1861 altri sei stati federati seguirono l'esempio della Carolina del Sud. Essi adottarono una Costituzione provvisoria per un nuovo stato cui appartenere, la Confederazione degli Stati d'America, stabilendone la capitale a Montgomery, in Alabama. La federazione degli stati rimasti fedeli alla federazione originaria venne denominata Unione.

Crisi secessionista

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Nel gennaio 1861 l'Assemblea Generale dello Stato dell'Arkansas, uno stato ancora scarsamente popolato e con un territorio in massima parte selvaggio e non colonizzato, chiese che il popolo si esprimesse attraverso una convention per decidere se rimanere uno degli Stati federali degli Stati Uniti o secedere. Allo stesso tempo i votanti elessero i delegati alla convention, in caso di responso popolare favorevole alla secessione. Il 18 febbraio 1861, l'Arkansas votò per istituire la convention, tuttavia la maggior parte dei delegati eletti per quest'ultima erano unionisti.[1][2]

Il 12 aprile, dietro ordine del Presidente della neo-costituita Confederazione, Jefferson Davis, truppe sotto il controllo di quest'ultima, agli ordini del generale Pierre Gustave Toutant de Beauregard bombardarono Fort Sumter, fortezza federale, nel porto di Charleston, nella Carolina del Sud, costringendo la guarnigione militare che lo presiedeva ad arrendersi e consegnare il forte alle truppe secessioniste. In risposta il Presidente Lincoln richiamò la milizia di alcuni stati per ottenere una forza armata di 75.000 soldati che sedassero la rivoluzione.[3] Nonostante che l'Arkansas non avesse ancora ufficialmente deciso di secedere, il Governatore Rector intuì che operare verso l'impegno bellico avrebbe portato l'opinione pubblica in campo secessionista e perciò organizzò prontamente un battaglione della milizia dello Stato, al comando di Solon F. Borland, che il 23 aprile fu inviata ad assediare la fortezza federale presso la città di Fort Smith.[4] La risposta del Governatore Rector al Presidente Lincoln fu:

(EN)

«The people of this Commonwealth are freemen, not slaves, and will defend to the last extremity their honor, lives, and property, against Northern mendacity and usurpation.»

(IT)

«La gente di questo Commonwealth è costituita da uomini liberi, non schiavi, e difenderà il proprio onore, le loro vite e proprietà fino all'estremo, contro la mendacia e l'usurpazione del Nord.»

La prima convention per la secessione aveva solennemente promesso di:

(EN)

«Resist to the last extremity any attempt on the part of such power (President Lincoln) to coerce any state that had succeeded from the old Union".»

(IT)

«Resistere fino all'ultimo ad ogni tentativo da parte di questo potere [il Presidente Lincoln] di coartare qualunque stato che era secesso da questa vecchia Unione»

Ora, di fronte alla richiesta di truppe da parte del Presidente Lincoln, la convention si riunì nuovamente a Little Rock e, il 6 maggio 1861, votò il Decreto di secessione[5] approvandolo con 69 voti contro 1. Il futuro governatore Isaac Murphy fu il solo a votare contro.[6]

Truppe di miliziani catturarono, oltre all'arsenale di Little Rock, altre caserme federali presenti nello stato.

Tra alcune fasce della popolazione locale tuttavia fu presente sin dall'inizio un sentimento filo-nordista che divenne sempre più diffuso a partire dalla caduta di Little Rock nell'autunno 1863. Si formarono dunque alcune milizie filo-unioniste che principalmente combatterono contro la guerriglia confederata[7].

Unità confederate

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Campagne maggiori

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1861

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1862

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«Anche l'estremità occidentale della linea del fronte messa in piedi da Albert Sidney Johnston stava ora franando sotto i colpi degli eserciti unionisti. Il 7 marzo Van Dorn subì una totale sconfitta presso Elkhorn Tavern che lo costrinse a ripiegare verso l'interno[8]

1863

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1864

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1865

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Dopo la presa di Little Rock da parte dell'esercito nordista, la capitale dell'Arkansas venne spostata a Hot Springs e successivamente a Washington, un'altra cittadina dello stato.

Alla fine della guerra la maggior parte dei reggimenti dell'Arkansas servivano nell'Armata Confederata del Tennessee di Braxton Bragg e con essa si arresero il 26 aprile 1865 a Greensboro (Carolina del Nord).

Leader confederati

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Leader unionisti

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A questi ultimi si aggiungono il Colonnello Elisha Baxter e il pari di grado militare John Elisha Phelps.

The Peace Society

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Riammissione nell'Unione

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Note

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  1. ^ Arkansas Civil War Chronicles – 1861, Accesso 11 gennaio 2011, Archived copy, su arkansasties.com. URL consultato l'11 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2011).
  2. ^ Encyclopedia of Arkansas.net, su encyclopediaofarkansas.net.
  3. ^ (EN) James M. McPherson, Battle Cry of Freedom, p. 274.
  4. ^ (EN) Edward G. Gerdes Civil War Page , Borlands Regiment, accesso 1 ottobre 2010, Archived copy, su couchgenweb.com. URL consultato il 5 febbraio 2011 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2011)..
  5. ^ United States. War Dept. The War of the Rebellion: A Compilation of the Official Records of the Union And Confederate Armies. Series 4, Volume 1., Book, 1900; (http://texashistory.unt.edu/ark:/67531/metapth139260/ : accesso 8 gennaio 2016), University of North Texas Libraries, The Portal to Texas History, http://texashistory.unt.edu; crediting UNT Libraries Government Documents Department, Denton, Texas.
  6. ^ (EN) Wooster, Ralph. "The Arkansas Secession Convention." Arkansas Historical Quarterly 13 (Autumn 1954): 172–195
  7. ^ arhonor
  8. ^ Raimondo Luraghi Storia della guerra civile americana BUR 1994 Vol. I, pag. 422

Bibliografia

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(in lingua inglese salvo diverso avviso)

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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