La casa che diede i natali ad Arturo Marpicati è sita in via Trento a Ghedi (provincia di Brescia)

Arturo Marpicati (Ghedi, 9 novembre 1891Belluno, 11 agosto 1961) è stato uno scrittore e politico italiano. Fu vice segretario del Partito Nazionale Fascista.

Biografia

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Nasce a Ghedi, in provincia di Brescia, primogenito di Bortolo Marpicati, falegname, e di Matilde Guerreschi.[1]

A causa di difficoltà economiche il piccolo Arturo, pur frequentando le scuole elementari del paese, dovette sacrificarsi per contribuire al bilancio famigliare.[1]

Dopo l'istruzione primaria proseguì gli studi presso il seminario di Brescia, dove ampliò la sua cultura umanistica con letture di provenienza non solo religiosa. In quest'ambito maturò una sensibilità incline alla letteratura, e, in particolar modo, alla poesia contemporanea, cimentandosi nella composizione dei primi versi. Negli anni del liceo fu nominato prefetto presso il pensionato scolastico Umberto I di Brescia, dove nel giugno 1913 conseguì il diploma da privatista.[1]

Trasferitosi nel frattempo a Firenze, si iscrisse all'Istituto di Studi Superiori Fiorentino, grazie ai guadagni ricavati con le ripetizioni. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Arturo, interventista della prima ora e nazionalista convinto, partì volontario. Durante il conflitto, tuttavia, perdette lo slancio idealistico che, scontratosi con la realtà della guerra, si tramutò in disillusione e profonda amarezza, sentimenti presenti nella sua prima importante opera letteraria, il romanzo La coda di Minosse (Milano 1925, e successive edizioni).[1]

Nel luglio 1918 si laureò in Lettere con una tesi sulla Questione della lingua nel Cinque-Seicento.[1]

Fu anche libero docente di lingua e letteratura italiana all'Università di Roma.

Attività politica

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Nazionalista, partecipò volontario alla prima guerra mondiale prima come tenente e poi come capitano, ricevendo la medaglia d'argento al Valor Militare[2]. L'esperienza bellica gli insegnò che la guerra era fatta di «miseria e onore, vigliaccheria ed eroismo». Durante la ritirata di Caporetto fu responsabile della fucilazione di alcuni soldati italiani che riteneva potenziali sovversivi.[3]

Iniziò a collaborare nel 1918 con il quotidiano Il Popolo d'Italia di Mussolini. Nel 1919 conobbe Gabriele D'Annunzio, decidendo di partecipare alla marcia su Fiume come legionario sotto la sua guida.[1] Inoltre fu direttore del quotidiano La Vedetta d'Italia. Aderì al fascismo e, dal 1930 al 1931, fu membro del direttorio nazionale del PNF,[4] mentre dal 12 dicembre 1931 al 24 dicembre 1934 fu vice segretario nazionale. In questa vece, partecipò come rappresentante del fascismo italiano anche al quinto Congresso del Partito Nazionalsocialista a Norimberga, nel 1933. Fu console generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale,[5] e membro del Gran Consiglio del Fascismo.[6]

Ricoprì anche cariche culturali, tra cui, fino al 1938, quella di cancelliere dell'Accademia d'Italia.[1] Realizzò la sezione Realizzazioni del fascismo, nella voce "Fascismo" dell'Enciclopedia Italiana.[7] Nel giugno 1938 fu nominato Consigliere di Stato.

Nella seconda guerra mondiale fu richiamato da tenente colonnello allo stato maggiore. Non aderì alla RSI.[8]

Opere

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La lapide commemorativa murata sulla facciata della casa dove nacque Marpicati.

Note

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  1. ^ a b c d e f g Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 70.
  2. ^ Abb. "Valor Militare"
  3. ^ Come l'ITALIA è diventata FASCISTA - Alessandro Barbero (2022), su youtube.com.
  4. ^ Abb. "Partito Nazionale Fascista"
  5. ^ Mario Missori, Gerarchie e statuti del PNF, Roma, Bonacci, 1986, pagina 238
  6. ^ Arturo Marpicati in “Enciclopedia Italiana - I Appendice” – Treccani
  7. ^ Gentile, Mussolini, Volpe, Salvatorelli, Il fascismo nella Treccani, 1997, Terziaria, pagina 149
  8. ^ Abb. "Repubblica Sociale Italiana"

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Collegamenti esterni

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