Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street
Titolo originaleBartleby, the Scrivener: A Story of Wall Street
AutoreHerman Melville
1ª ed. originale1853
GenereRacconto
Lingua originaleinglese
AmbientazioneNew York
ProtagonistiIl titolare di uno studio legale (non è menzionato il nome) e Bartleby
Altri personaggiTurkey (tacchino), Pince-Nez (occhiali a stringinaso), Ginger Nut (biscotti allo zenzero)

Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street (titolo originale Bartleby the Scrivener: A Story of Wall Street) è un racconto di Herman Melville.

Lo scritto fu pubblicato all'inizio anonimamente, in due parti, sulla rivista Putnam's Magazine a novembre e dicembre 1853, e fu poi incluso nella raccolta The Piazza Tales nel 1856 con modeste variazioni testuali.

Il racconto è stato adattato per lo schermo due volte: nel 1970, con Paul Scofield, e nel 2001, con Crispin Glover.

Trama

Il narratore è il titolare di uno studio legale di Wall Street, a New York. Egli svolge "un lavoro discreto fra i titoli, le obbligazioni, le ipoteche di uomini abbienti" e si descrive come "una persona eminentemente cauta e fidata". Egli ha tre dipendenti: Turkey (tacchino) e Pince-Nez (occhiali a stringinaso) sono due scrivani, mentre Ginger Nut (biscotti allo zenzero) è il fattorino. Turkey, un anziano inglese, è un modello di efficienza al mattino, ma diventa insolente e pasticcione dopo pranzo; Nippers invece, un giovanotto ambizioso, è inquieto e irritabile al mattino, ma lavora bene al pomeriggio.

Il narratore, pur notando queste eccentricità, accetta di buon grado i suoi dipendenti e, con l'ampliarsi dell'attività, decide di assumere un terzo scrivano. Risponde all'annuncio Bartleby, che si presenta in ufficio come una figura "pallidamente linda, penosamente decorosa, irrimediabilmente squallida!". In principio Bartleby esegue diligentemente il lavoro di copista ma si rifiuta di svolgere altri compiti, sconcertando il suo principale con la risposta "preferirei di no" (nell'originale, "I would prefer not to"[1]). Poi smette di lavorare del tutto, fornendo come unica spiegazione la medesima frase.

Il principale, combattuto tra la pietà e l'esasperazione, scopre che Bartleby non ha casa né amici e abita nello studio. Non avendo il coraggio di licenziarlo, ma irritato dalla sua "signorile nonchalance cadaverica", cerca di persuaderlo a riprendere il lavoro o, almeno, a fornire spiegazioni. Bartleby non fa altro che ripetere il suo motto; il principale è quindi costretto a licenziarlo. Tuttavia l'ormai ex impiegato continua ad aggirarsi nello studio; allora l'avvocato decide di trasferire altrove la sua attività per sfuggire a quell'inquietante presenza. I nuovi inquilini, però, protestano e il principale va a parlare ancora con Bartleby, offrendogli denaro e birre e invitandolo persino a trasferirsi a casa sua. "No, preferirei non fare cambiamenti", è la risposta. I nuovi inquilini fanno così arrestare Bartleby per vagabondaggio.

Quando il narratore si reca a fargli visita alle Tombe, la prigione di New York, Bartleby lo accoglie con "La conosco, non ho nulla da dirle". Egli tuttavia cerca di confortarlo, dando del denaro al vivandiere perché gli offra dei pasti migliori. Ciononostante, Bartleby "preferisce non mangiare", e si lascia morire di inedia. La narrazione si chiude con una riflessione dell'avvocato, che essendo venuto a sapere che Bartleby aveva in precedenza lavorato all'ufficio delle lettere smarrite di Washington, ipotizza che il maneggiare queste lettere morte lo abbia condotto alla depressione e al suo bizzarro comportamento.

Ispirazione

L'opera fu ispirata a Melville dalla lettura di Emerson, tanto che sono stati trovati dei paralleli con il saggio di Emerson Il trascendentalista.

Fortuna

Bartleby lo scrivano è uno dei racconti più famosi della letteratura nordamericana. È considerato un precursore della letteratura esistenzialista e dell'assurdo, anche se non ebbe fortuna all'epoca della pubblicazione. Il racconto anticipa molti temi dell'opera di Franz Kafka, in particolare Il processo. Albert Camus, in una lettera a Liselotte Dieckmann che fu pubblicata sulla French Review nel 1998, cita Melville come una delle sue principali influenze. Numerosi riferimenti metaletterari a Bartleby lo scrivano sono presenti nel romanzo Sulla riva del mare di Abdulrazak Gurnah, premio Nobel per la letteratura nel 2021[2]. Una celebre lettura del personaggio di Bartleby viene data in Bartleby, la formula della creazione, testo scritto da Gilles Deleuze e Giorgio Agamben[3].

Interpretazioni della critica

Numerosi critici hanno cercato di interpretare il contenuto del testo, in particolar modo durante il XX secolo, generando anche la cosiddetta "Bartleby Industry", una massiccia produzione di articoli su Bartleby ai fini della carriera universitaria. Sono state trovate nel testo allusioni cristiane secondo i critici occidentali; in particolar modo il commento di H. Bruce Franklin ebbe molta attenzione per la scoperta che il racconto segue fedelmente un passo del Vangelo di San Matteo, e al quietismo buddista secondo quelli orientali.

Altri hanno cercato di capire da quali fonti l'autore prese l'ispirazione per la stesura: secondo alcuni dagli scritti di Charles Lamb, secondo altri da un articolo del New York Times pubblicato nel febbraio del 1853 dove è presente la testimonianza d'un avvocato riguardo ad un suo strano copista. Spesso l'interpretazione è stata quella del rapporto con il padre e altre volte, invece, Melville avrebbe cercato di imitare lo stile di Charles Dickens poiché fu invidioso del suo successo secondo alcuni critici. La critica è stata la più varia nel corso del secolo, passando da un estremo all'altro, tentando di interpretare l'aspetto psicologico della vicenda, l'isolamento del personaggio e, alcune volte, leggendolo in chiave di critica sociale[4].

Film/Documentari

In teatro

Traduzioni italiane

Note

  1. ^ Si è a lungo discusso sulla traduzione più appropriata dell'espressione, sia in italiano che in altre lingue. Vedi Beniamino Placido, New York 1853, Wall Street, in La Repubblica, 29 settembre 1991. URL consultato il 17 aprile 2019.. Gianni Celati la traduce con "Avrei preferenza di no", altri la rendono con "Preferirei non farlo" Aut aut, 1985, Beatrice Manetti, VilaMatas e l'arte della fuga, in La Repubblica, 5 maggio 2002. URL consultato il 17 aprile 2019.
  2. ^ (EN) Michael Pye, He'd Prefer Not To, in The New York Times, 10 giugno 2001, ISSN 0362-4331 (WC · ACNP). URL consultato il 17 agosto 2022.
  3. ^ Gilles Deleuze, Giorgio Agamben - Bartleby, la formula della creazione, su Quodlibet. URL consultato il 15 gennaio 2023.
  4. ^ Herman Melville, Interpretazioni di Bartleby, in Gianni Celati (a cura di), Bartleby lo scrivano, 17ª ed., Giangiacomo Feltrinelli Editore, 1991 [1853], pp. 85-110, ISBN 978-88-07-82005-2.
  5. ^ diventata Postfazione nella Collezione Oscar Classici Mondadori dal 1992

Bibliografia

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