Bartolomeo Facio o Fazio (La Spezia, 1410 circa – Napoli, 1457) è stato uno storico, scrittore e umanista italiano.

Biografia e opere

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«Ligur de Spèdia, unde mihi origo est, emporium portu ac mercato nobile.»

Nacque alla Spezia, figlio di Paolino, notaio e Cancelliere del Comune di Spezia, della nobile famiglia dei Fazio (Facio) originaria di Fabiano.
Dal 1420 al 1426 visse a Verona, allievo di Guarino, massimo grecista e latinista del tempo, poi a Firenze e Genova. All'inizio degli anni trenta fu notaio del Comune di Lucca e poi della Repubblica di Genova.

Giunse a Napoli per la prima volta il 20 settembre 1443 come ambasciatore della Repubblica di Genova e vi fece ritorno nel febbraio dell'anno successivo con la qualifica di Cancelliere genovese e con l'incarico di fare da precettore al figlio del Doge ghibellino Raffaele Adorno.

Nel 1445, mentre Genova era in preda alle lotte e ai rivolgimenti politici mossi dalla fazione guelfa capeggiata da Giano di Campofregoso (che poco dopo ne sarebbe diventato il nuovo doge), Bartolomeo accettò di entrare alla corte aragonese del re Alfonso V d'Aragona come suo consigliere segretario di Stato.

Bartolomeo Facio
Fatti di Alfonso I, re di Napoli

Successe a Lorenzo Valla come storico ufficiale del regno alfonsino [1].

Tra le sue opere principali ci sono il De rebus gestis ab Alphonso I Neapolitanorum rege libri X (1448-1455), il De bello veneto clodiano (pubblicato nel 1568) e i trattati morali De humanae vitae felicitate e De excellentia ac praestantia hominis.
Tradusse dal greco in latino l'Anabasi di Alessandro opera di Flavio Arriano di Nicomedia (II secolo d.C.) sulle imprese in India di Alessandro Magno; l'opera venne stampata a Pesaro nel 1508 da Gerolamo Soncino dopo le correzioni apportate dall'umanista Ludovico Odasio.

Interessato ai valori dell'arte, compose il trattato De viris illustribus nel quale descrisse con acume alcuni pittori suoi contemporanei, come Pisanello e Gentile da Fabriano e, tra i primi in Italia, si occupò dei pittori fiamminghi, dei quali comprese e descrisse i caratteri peculiari: di Jan van Eyck colse la tecnica inimitabile, in grado di rendere i più svariati effetti luminosi e la nitidezza dei particolari anche lontanissimi; di Rogier van der Weyden scrisse invece che la superba resa dei sentimenti non intacca la dignità profonda di volti e gesti[2].
Le descrizioni di Facio comprendono anche alcuni scultori (predice un futuro di successo per Donatello) e sono importanti perché risolvono alcuni problemi di datazione di opere e ci permettono di conoscere quali tendenze dell'arte quattrocentesca avessero maggiormente attirato gli umanisti e le corti italiane della prima metà del secolo.

Bartolomeo Facio morì a Napoli verso la fine del novembre 1457. Venne sepolto nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, ma ben presto del luogo della sua tomba si perde notizia.

Note

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  1. ^ G.Caridi, Alfonso il Magnanimo, Salerno Ed., 2019, pag.273
  2. ^ Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999, pag. 55. ISBN 88-451-7212-0

Bibliografia

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