Cubitiera
Bracciale di un'armatura a piastre articolato tramite cubitiera.
Materialeferro o acciaio
OrigineEuropa occidentale
Impiego
UtilizzatoriCavalleria pesante
Produzione
Entrata in usoMedioevo
Cessazione dell'usoXVIII secolo
Wendelin Boeheim (1890), Handbuch der Waffenkunde. Das Waffenwesen in seiner historischen Entwicklung vom Beginn des Mittelalters bis zum Ende des 18 Jahrhunders, Leipzig.
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Armatura a piastre - diagramma degli apparati protettivi dell'arto superiore (dall'alto):
spallaccio, rebrace, cubitiera, vambrace.
Ill. di Wendelin Boeheim (1890)[1].

La Cubitiera (Cubitière in lingua francese; Elbowpiece o Couter in lingua inglese; Ellen-bogenkachel o Meusel in lingua tedesca; Nałokcica in lingua polacca) è la parte dell'armatura a piastre che protegge il gomito ed articola tra loro le componenti del bracciale: il vambrace ed il rebrace. Apparsa in Europa nel XIII secolo, restò in uso sino al XVII secolo nelle armature per i corazzieri.

Storia

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La cubitiera (da "cubito", lat. cubitum, i.e. gomito) comparve nella panoplia dei milites basso-medievali nel XIII secolo quale componente aggiuntiva della cotta di maglia: realizzata in piastra di ferro, garantiva maggior protezione alla delicata articolazione dell'arto superiore.

Nel corso del XIV secolo la valenza difensiva della cubitiera venne amplificata con l'aggiunta di rondelle a protezione dell'incavo del braccio, più o meno concomitantemente alla diffusione della rondella ascellare di rinforzo allo spallaccio. Successivamente, all'aprirsi del XV secolo, quando l'armatura "mista" maglia-piastra metallica evolvette verso l'armatura a piastre, la cubitiera, pur mantenendo le sue specifiche mansioni di difesa passiva del gomito, assunse un nuovo ruolo fondamentale: la piastra proteggente l'articolazione centrale dell'arto superiore divenne essa stessa articolazione collegante le due componenti tronco-coniche di piastra in ferro destinate a proteggere l'avambraccio ed il braccio: vambrace e rebrace. Al volgere del Quattrocento, con il diffondersi dell'armatura gotica, la cubitiera assunse la sua forma definitiva, sviluppata in fogge fantasiose e dimensioni considerevoli dagli armorari del tempo. Solitamente, il pezzo portato a protezione del braccio destro, il braccio "armato", era quello più voluminoso e sporgente, onde garantire maggior protezione al gomito più esposto ai colpi di spada, scure, ecc. La cubitiera di sinistra, protetta esternamente dallo scudo, era invece meno ingombrante.

I grandi sconvolgimenti alla prassi militare europea del XVI secolo (diffusione delle armi da fuoco per fanteria e cavalleria, abbandono dell'uso attivo dello scudo in battaglia, codifica del modello strategico Pike and Shot, ecc.), concomitantemente al diffondersi dell'uso dell'armatura a piastre, seppur in modelli "alleggeriti", a corpi di fanteria oltre che di cavalleria, spinse in favore di una nuova evoluzione della cubitiera.
La cavalleria pesante, ora armata di pistola a ruota e spada e non più di lancia e scudo, necessitava di piena mobilità delle braccia e di protezione uniforme sui gomiti, tanto quanto la fanteria pesante (es. lanzichenecchi) armata di picca ed archibugio. La cubitiera divenne un solido manufatto in acciaio, di dimensioni quando più contenute possibili, interamente avvolgente l'articolazione e sviluppante delle "orecchiette" capaci di avvolgere, senza eccessivo ingrombro, le componenti del bracciale.
La successiva evoluzione del rebrace in una manica di lamelle d'acciaio (XVII secolo) non impattò significativamente sulla forma della cubitiera che restò invariata sino al suo abbandono, al volgere del Seicento.

Costruzione

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La cubitiera fu certamente una delle componenti dell'armatura a piastre che più mutò il suo aspetto durante i vari secoli d'utilizzo:

Note

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  1. ^ Wendelin Boeheim (1890), Handbuch der Waffenkunde. Das Waffenwesen in seiner historischen Entwicklung vom Beginn des Mittelalters bis zum Ende des 18 Jahrhunders, Leipzig.
  2. ^ Corréard, J. [a cura di] (1865), Journal des armes spéciales et de l'état-major, Parigi, Librairie militaire, maritime et polytechnique de J. Corréard, a. 32, s. 5 (14), p. 270 on-line.

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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