Dal tardo Medioevo sino all'età napoleonica il decurionato costituiva l'insieme delle persone che si occupavano di ciò che attualmente chiameremmo amministrazione comunale[1]. Era costituito da un numero ristretto di persone elette per sorteggio[senza fonte] e sottoposto a un rigoroso controllo dell'intendente, che rappresentava il potere regio[1]. Solo coloro che erano iscritti nella lista degli "eligibili", approvata dagli intendenti, potevano far parte del decurionato[1].
Nei paesi fino a 3 000 abitanti il decurione, che poteva anche essere analfabeta, doveva possedere una rendita annua non inferiore a 24 ducati, in quelli fino a 6 000 una rendita doppia e in quelli più popolosi una rendita quadrupla, e assieme agli altri decurioni costituiva i due terzi dell'organo collegiale, percentuale ridotta nel 1806 ad un terzo[1].
I decurioni erano tre ogni 1 000 abitanti, si riunivano almeno una volta al mese, e con l'intervento del sindaco, del cancelliere comunale e del parroco redigevano la lista di leva, proponendo alle autorità competenti le guardie urbane ordinarie e supplenti[1].
A partire dal periodo dei re napoleonidi Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, nel Regno di Napoli gli odierni comuni, chiamati in precedenza "Università" e con a capo un governatore di nomina regia, furono ridenominati "decurionati"[1]. Alle decisioni del decurionato potevano prendere parte tutti i cittadini (i "decurioni") con una rendita superiore a 24 ducati per i paesi fino a 3 000 abitanti, con limiti aumentati per i comuni di dimensioni maggiori[1]. La carica di sindaco era invece elettiva[2].