Figura, soprattutto nell'esegesi cristiana medievale, indica un fatto storico, concreto, che ne preannuncia un altro, altrettanto concreto: in altri termini il primo evento può essere interpretato come prefigurazione del secondo, e, il secondo come adempimento del primo.

Etimologia

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Il termine deriva dal latino figura, che all'origine significa "formazione plastica"; esso ha la stessa radice di fingo = "formare, plasmare" (in un secondo tempo anche "raffigurare" e infine "fingere"), figulo = "foggiare, creare" (e figulus infatti è il "vasaio"), fictor = "scultore" e "simulatore", effigies: si contrappone in tal senso a forma, dove "forma" sarebbe lo stampo e starebbe a "figura" come la forma cava sta al rilievo plastico che ne esce. Tuttavia ben presto il suo significato si estende, venendo a ricoprire anche quello di "forma" e potendo spaziare dalla sfera visiva a quella acustica (si usa per esempio per le varie forme della flessione di una parola), dal campo filosofico a quello retorico, matematico o architettonico. Si trovano anche, in molti autori latini, usi del termine figura come "visione di sogno", "copia", "lettera dell'alfabeto", "disegno"... Da Cicerone e soprattutto da Quintiliano in poi il termine entra a far parte del lessico della retorica, ponendo le basi delle moderne figure retoriche. In senso filosofico, invece, molta importanza ebbe l'influenza della cultura greca.

L'interpretazione figurale della Bibbia

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Fu grazie alle opere dei Padri della Chiesa che il termine assunse un nuovo peculiare significato, decisivo per l'evoluzione del concetto: lo troviamo per la prima volta in Tertulliano dove sta a indicare qualcosa di reale, di storico, che rappresenta qualche altra cosa anch'essa reale e storica. Nasce in tal modo l'interpretazione figurale mediante la quale i primi teologi interpretarono le storie narrate nell'Antico Testamento come figure, o profezie reali, del Nuovo: così, ad esempio, Mosè era figura Christi, e la liberazione degli ebrei dall'Egitto era figura della Redenzione, cioè della liberazione dell'umanità dal male.

In sant'Agostino l'interpretazione si ramifica ulteriormente, sostituendo la contrapposizione di due poli (figura e adempimento) in un'attuazione in tre gradi: l'Antico Testamento è sì figura profetica della venuta di Cristo, e questa a sua volta adempimento di quello, ma si aggiunge l'attuazione futura di questi avvenimenti come adempimento finale: entrambi, quindi, sono promesse di un adempimento che si realizza nella vita eterna e nel Regno dei Cieli.

Nasce così la dottrina del quadruplice significato della Sacra Scrittura, da interpretare secondo un senso anagogico (dal greco anagogè, «ascesa»), un senso storico-letterale, un senso figurale e un senso allegorico-morale: «In tutti i libri sacri bisogna prestare attenzione a ciò che in essi è legato alla vita eterna [senso anagogico], a ciò che i fatti narrano [senso letterale], a ciò che annuncia avvenimenti futuri [senso figurale], agli ordini e ai consigli che si possono ricavare circa le nostre azioni [senso morale]» (Agostino, De Genesi ad litteram, I 1).

La concezione figurale nel Medioevo

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Essa divenne anche un importante fondamento della mentalità medievale, e come tale si può riscontrare nella maggior parte delle opere letterarie e artistiche del periodo, anche legata a procedimenti di tipo allegorico (la distinzione tra i due d'altronde non è sempre netta neanche negli autori antichi); in tal senso si può affermare che la concezione figurale sia alla base, per esempio, della Divina Commedia dantesca (come ha mostrato Erich Auerbach), in cui per esempio Enea e san Paolo sono entrambi figure di Dante — in quanto entrambi hanno compiuto un viaggio nell'oltretomba per adempiere una missione loro affidata da Dio —, e nella quale ogni personaggio può essere visto come l'adempimento della propria figura terrena: ogni personaggio storico o mitologico significa qualcosa che ha uno stretto rapporto con quello che l'autore sapeva della sua esistenza, storica o mitica che sia, e questo è lo stesso rapporto che c'è tra adempimento e figura.

Nella Divina Commedia

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Come ha dimostrato il critico tedesco, ogni individuo della Commedia dantesca, in base alla concezione figurale, sarebbe sulla terra "prefigurazione" di ciò che sarà nell'aldilà in forma perfectior: dopo il trapasso, cioè, egli riceverà "adempimento" (rappresentando, dirà anche Singleton, contemporaneamente l'umanità concreta che ha vissuto sulla terra, e l'espressione allegorica di ciò che simboleggia nell'aldilà, seguendo l'"allegoria dei poeti"). Auerbach ci offre diversi esempi di questo concetto apparentemente complicato:

Auerbach tiene inoltre a sottolineare il profondo realismo storico della concezione figurale dantesca: «Figura e compimento hanno ambedue, come dicemmo, essenza di fenomeni e di avvenimenti storico-reali» (Mimesis).

Differenza rispetto a simbolo e allegoria

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«L'interpretazione figurale, dunque, stabilisce fra due fatti o persone un nesso in cui uno di essi non significa soltanto sé stesso, ma significa anche l'altro, mentre l'altro comprende o adempie il primo. I due poli della figura sono separati nel tempo, ma si trovano entrambi nel tempo, come fatti [...] reali» (Auerbach): in tale concezione, la si può considerare come a metà strada tra il simbolo e l'allegoria, in quanto essa pone una cosa che ne rappresenti e significhi un'altra. Può far parte dell'allegoria considerata nel suo senso più ampio, ma si discosta dalle altre forme allegoriche in quanto la cosa significante è altrettanto concreta della cosa significata. L'ultimo esempio tratto dalla Divina Commedia può aiutare a chiarire: Dante pone a guardia del Purgatorio Catone Uticense, in quanto essendosi sacrificato per la libertà rappresenta la libertà nel suo senso più alto; il Catone storico, dunque, è figura del Catone dantesco, che come adempimento completa un concetto già adombrato dalla sua figura storica: se il personaggio realmente esistito si è tolto la vita per non perdere la propria libertà politica, il guardiano del Purgatorio custodisce quella libertà cristiana dal male che permette di accedere al Paradiso; esso non è una mera allegoria, come sarebbe stata, per esempio, una fanciulla bellissima, magari vestita di bianco e cinta di ulivo, che avesse dichiarato "io sono la Libertà": Catone contiene in sé il significato di tale libertà, ma rimane sempre legato alla propria condizione concreta e alla storia del personaggio, Marco Porcio Catone morto a Utica in un dato periodo storico.

Un altro modo di rappresentare una cosa per mezzo di un'altra è il simbolo, in cui viene attribuito in modo immediato e intuitivo un significato a una data immagine: le due forme sono diverse anche perché la figura interpreta un testo, mentre il simbolo interpreta la vita e la natura.[non chiaro]

Bibliografia

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Voci correlate

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