Una marcia della morte è una marcia forzata di prigionieri, di guerra o altra natura, sottoposti a digiuno, fatiche fisiche estreme, esposizione agli elementi, esecuzioni sommarie o maltrattamenti che ne provocano la morte. La marcia può terminare in un campo di prigionia o continuare fino all'eliminazione completa dei partecipanti, come nel massacro degli Armeni del 1915-16, durante il quale centinaia di migliaia di armeni vennero costretti dall'esercito turco a marciare nel deserto siriano fino alla morte.

Origine del termine

Lo stesso argomento in dettaglio: Marce della morte.

Marce della morte (in tedesco Todesmärsche) per antonomasia furono quelle con cui i nazisti nell'inverno 1944-45 trasferirono decine di migliaia di prigionieri dei campi di concentramento, in gran parte ebrei, dall'odierna Polonia verso altri campi più a occidente, di fronte all'avanzata inarrestabile delle forze sovietiche. Tali avvenimenti subito dopo la guerra vennero trattati sommariamente (ad esempio al processo di Norimberga l'attenzione si focalizzò sulle responsabilità derivanti dalla gestione dei campi) e solo a partire dagli anni sessanta trovò trattazione autonoma nella storiografia.[1] Un trattamento simile fu subito da decine di migliaia di prigionieri di guerra Alleati, anch'essi trasferiti verso occidente dai tedeschi tra gennaio ed aprile 1945.

Il termine aveva tuttavia già trovato larga diffusione prima della fine della guerra nella pubblicistica statunitense sulla marcia della morte di Bataan, nella quale trovarono la morte migliaia di prigionieri di guerra filippini e americani, brutalizzati dai giapponesi.[2]

È stato poi usato anche in casi di espulsioni o trasferimenti forzosi di civili a seguito di conflitti locali che, sebbene in percentuale minore, hanno determinato la morte di parte dei partecipanti per le dure condizioni in cui vengono effettuati, come accaduto nelle espulsioni degli abitanti palestinesi di Lydda e Ramla, avvenute durante la guerra arabo-israeliana del 1948.[3]

Altri casi di "marce della morte"

Altri significati

Nel project management, specialmente in ambito informatico, nella forma anglosassone death march è utilizzato per denominare progetti di grandi dimensioni, la cui buona riuscita entro i tempi stabiliti appare in largo anticipo improbabile e il cui fallimento comporterebbe danni rilevanti, che malgrado ciò vengono intrapresi comunque. Ciò comporta un sacrificio di chi vi partecipa, in termini di stress ed ore extra di lavoro necessarie per completare il progetto.[6]

Note

  1. ^ Daniel Blatman, The Death Marches: The Final Phase of Nazi Genocide, Harvard University Press, 2011, pp. 1-14, ISBN 978-0-674-05049-5.
  2. ^ William E.Dyess, Bataan Death March: A Survivor's Account, a cura di Charles Leavelle, University of Nebraska Press, 1944, ISBN 978-0-8032-6633-9.
  3. ^ Benny Morris, 1, in 1948: Israele e Palestina tra guerra e pace, RCS Libri, 2004 [1984].
  4. ^ Philipp Ther, Ana Siljak, Redrawing Nations: Ethnic Cleansing in East-Central Europe, 1944-1948, Rowman & Littlefield, 2001, p. 206, ISBN 978-0-7425-1094-4.
  5. ^ Zdenko Čepič, Damijan Guštin, Nevenka Troha, La Slovenia durante la seconda guerra mondiale, Udine, Ist.Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, 2012, p. 371, ISBN 978-88-87388-36-7.
  6. ^ Edward Yourdon, Death march, 2ª ed., Prentice Hall Professional, 2004, ISBN 978-0-13-143635-0.

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