Era figlio di Thomas Arnold, famoso rettore della Rugby School, e fratello di Tom Arnold, docente di letteratura e di William Delafield Arnold, scrittore e funzionario coloniale.
Nel periodo 1847-51 lavorò come segretario di Lord Landsdowne, poi fu ispettore scolastico, viaggiando spesso per visitare scuole inglesi e non, e per vedere come fossero organizzate e come migliorarne l'insegnamento (in ciò diede un grande contributo).
Nel 1851 sposò Fanny Lucy Wightman con la quale ebbe sei figli, di cui solo tre gli sopravvissero.
Nel 1857 fu eletto Professor of Poetry dell'Università di Oxford, dove fu il primo a usare l'inglese anziché il latino durante le proprie conferenze. Venne confermato nel mandato successivo (1862).
Come critico letterario, si distinse per il tentativo di reinserire l'individuo all'interno della società e il letterato nell'ambito della tradizione.
A partire dalle Lives of the Poets di Samuel Johnson, per cui fece una scelta e una prefazione importante, anche dove non fosse d'accordo con lui, Arnold fornì con generosità e intelligenza tutta una serie di valutazioni ed espressioni alla critica letteraria del suo tempo. Promuovendo una cultura europea comune, accusò la cultura inglese di essere provinciale, principalmente con gli "Essays and Criticism" (1865), che furono apprezzati da diversi lettori soprattutto dopo la sua morte (per esempio da Walter Pater, Henry James, Thomas Stearns Eliot o Wallace Stevens).
Alcuni suoi scritti, per lo più pubblicati su giornali come "Cornhill" e "Fortnightly Review" e solo dopo raccolti in volumi, si occuparono anche dei problemi sociali e religiosi, come nel caso di Culture and Anarchy (1869), nel quale l'autore assegnò alla cultura il compito di infrangere gli steccati che separavano le varie classi sociali, con un fondo di ottimismo a proposito dello sviluppo dell'umanità in quanto organismo.
In saggi successivi, come Literature and Dogma (1873) e God and the Bible (1875), Arnold identificò la poesia come un possibile sostituto sia della religione sia della metafisica.[1]
Una delle sue formule critiche più fortunate fu quella di evidenziare l'amalgama di coscienza morale ebraica e intelligenza ellenistica che stanno alla base della cultura occidentale, essendo religione e poesia, ovvero "cuore e immaginazione" le due matrici della "moralità toccata da emozione"[2] ovvero la poesia quale mezzo di trasmissione dell'esperienza spirituale.
Il suo magistero critico, con maggiore o minore fedeltà, ha collaborato a creare il punto di vista generale sulla funzione della cultura in critici come Lionel Trilling, Northrop Frye o Harold Bloom, o per le pagine critiche di Oscar Wilde, George Santayana e di T.S. Eliot, tra tutti forse il debitore più grato.
La sua produzione poetica, da qualcuno ritenuta tra le più importanti del periodo vittoriano inglese, fu caratterizzata da opere di ampio respiro, quali Tristram and Iseult (1852), le tragedieEmpedocles on Etna (1852) e Merope (1858) e da composizioni brevi come il sonettoShakespeare (1849), The Forsaken Merman (1849).
Famosa è la sua poesia Dover Beach (scritta intorno al 1849-51 e pubblicata nel 1867), sulla cittadina inglese che era porto verso la Francia e l'Europa.
G. W. E. Russell, Portraits of the Seventies, New York: Charles Scribner's Sons, 1916
Sir Edmund Chambers, "Matthew Arnold", Watson Lecture on English Poetry (1932), in English Critical Essays: Twentieth century, a cura di Phyllis M. Jones, Oxford University Press, 1933
T. S. Eliot, "Matthew Arnold" in The Use of Poetry and the Use of Criticism, Cambridge: Harvard University Press, 1933
Chauncey Brewster Tinker e Howard Foster Lowry, The Poetry of Matthew Arnold: A Commentary, Oxford University Press, 1940
W. F. Connell, The Educational Thought and Influence of Matthew Arnold, London: Routledge & Kegan Paul, 1950
Pietro De Logu, La poetica e la poesia di Matthew Arnold, Genova: Di Stefano, 1961
Vittorio Gabrieli, Il mirto e l'alloro: studio sulla poesia di Matthew Arnold, Bari: Adriatica, 1961
George Watson, "Matthew Arnold" in The Literary Critics: A Study of English Descriptive Criticism, Baltimore: Penguin Books, 1962
A. Dwight Culler, Imaginative Reason: The Poetry of Matthew Arnold, New Haven: Yale University Press, 1966
David J. DeLaura, Hebrew and Hellene in Victorian England: Newman, Arnold, and Pater, Austin: University of Texas Press, 1969
Clotilde De Stasio, "Filisteismo e cultura: gli scritti sociali di Matthew Arnold", in Acme, vol. XXXII, 1, Linate: Centro Grafico, maggio-agosto 1979, pp. 183-202
Northrop Frye, "The Critical Path: An Essay on the Social Context of Literary Criticism", in "Daedalus", 99, 2, pp. 268-342, primavera 1970; poi New York: Prentice Hall, 1983
Joseph Carroll, The Cultural Theory of Matthew Arnold, Berkeley: University of California Press, 1981
Ruth apRoberts, Arnold and God, Berkley: University of California Press, 1983
Carmen Paolini, Lo sviluppo della concezione poetica di Matthew Arnold, Empoli: Ibiskos, 1986
Harold Bloom (a cura di), W. H. Auden, J. Hillis Miller, Geoffrey Tillotson, G. Wilson Knight, William Robbins, William E. Buckler, Ruth apRoberts, A. Dwight Culler e Sara Suleri, Modern Critical Views: Matthew Arnold, New York: Chelsea House Publishers, 1987
David G. Riede, Matthew Arnold and the Betrayal of Language, Charlottesville: University Press of Virginia, 1988
Donald Stone, Communications with the Future: Matthew Arnold in Dialogue, Ann Arbor: University of Michigan Press, 1997
Laurence W. Mazzeno, Matthew Arnold: The Critical Legacy, Woodbridge: Camden House, 1999
Linda Ray Pratt, Matthew Arnold Revisited, New York: Twayne Publishers, 2000
Mary Maragno, Linguistics and social critical methodology: Matthew Arnold, Padova: CLEUP, 2003 ISBN 88-7178-251-8