La Nuova Famiglia è stata un'organizzazione camorristica nata alla fine degli anni settanta del XX secolo per contrastare la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo.[1] Il nome Nuova Famiglia è di origine giornalistica, difatti i fondatori dell'organizzazione avevano in realtà scelto Fratellanza Napoletana.[2]

Verso la metà degli anni '80, scoppiò una guerra al suo interno tra il clan Nuvoletta e il clan dei Casalesi di cui il principale esponente fu Antonio Bardellino, e vinta dai secondi.

Nella guerra tra le due fazioni, tra gli episodi più importanti sono da ricordare la strage di Torre Annunziata, e l'assalto nella villa bunker dei Nuvoletta, che provocò la morte di Ciro Nuvoletta, fratello del boss Lorenzo Nuvoletta.

La nascita

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Il nucleo originario della Nuova Famiglia nasce l'8 dicembre 1978, giorno dell'Immacolata: a Forcella, in un garage dei Giuliano, varie famiglie della zona partenopea si riuniscono in un'unica fazione principalmente per contrastare l'ascesa di Raffaele Cutolo, che era arrivato a chiedere una tassa su ogni cassa di sigarette di contrabbando, ma anche per opporsi ai clan camorristici affiliati a Cosa nostra, ovvero i Nuvoletta e il clan guidato da Michele Zaza. Il nome che si scelgono è Fratellanza Napoletana, organizzazione che riunisce i Giuliano, i Vollaro, i Licciardi, i Mallardo e boss come Giovanni Paesano, Aniello La Monica, Antonio Giaccio detto scialò, Giuseppe Avagliano, i Lo Russo, Nunzio Bocchetti, Giacomo Cavalcanti.[3] Successivamente la FN si alleò alle cosche e ai boss vicini alla mafia siciliana, tra cui la famiglia Nuvoletta, Michele Zaza, gli Alfieri, i Galasso e infine il Clan dei Casalesi. A detta di Luigi Giuliano, il termine Nuova Famiglia venne creato dalla stampa e solo in seguito utilizzato dall'organizzazione.

Altre famiglie coinvolte nell'ampia alleanza anticutoliana furono i Bardellino, i Ferrara, gli Ammaturo, i Moccia, i Cesarano, i D'Alessandro e i Maresca di Castellammare di Stabia, i Gionta, i Gallo e i Limelli di Torre Annunziata, i Fabbrocino di San Giuseppe Vesuviano, in provincia di Salerno i Matrone e i Loreto di Scafati, i Nocera di Angri, i Serra[4] e Olivieri di Pagani, i Citarella di Nocera Inferiore, i Serino di Sarno, i Grimaldi di Salerno, i Pecoraro-Renna di Battipaglia: famiglie di camorra, unite per contrastare militarmente la Nuova Camorra Organizzata.[1]

La guerra con la N.C.O.

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Faida tra NCO e NF
DataAnni 1970 - Anni 1980
LuogoCampania
CausaControllo del territorio
EsitoVittoria della Nuova Famiglia
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
CentinaiaCentinaia
Voci di guerre presenti su Wikipedia

La guerra che scoppia tra la Nuova Camorra Organizzata (N.C.O.) di Raffaele Cutolo e la Nuova famiglia egemonizzata dai Zaza-Nuvoletta-Ammaturo-Bardellino-Alfieri crea non solo tantissimi morti. Infatti Cutolo pretendeva il pagamento di una tangente su ogni attività illecita, specialmente sul contrabbando di sigarette; a proposito, il collaboratore di giustizia Alfonso Ferrara Rosanova, figlio nonché omonimo del boss Alfonso Rosanova, dichiarò:

«Salvatore Zaza si lamentò con mio padre della richiesta delle 20.000 lire a cassa di sigarette che il Cutolo pretendeva dai contrabbandieri. Salvatore Zaza disse a mio padre: “O fai ragionare al Cutolo o qua si scatenerà una guerra grande.” [...] La vera ragione di tale pretesa era che il Cutolo non voleva assolutamente che i “siciliani” comandassero a Napoli perché sia i Nuvoletta che gli Zaza erano i rappresentanti della mafia siciliana in Napoli. In effetti i veri motivi della guerra non furono le 20.000 lire ma il fatto che voleva scacciare i siciliani.[5]»

Per cercare di far continuare il più possibile la guerra, Riina ordinò ai Nuvoletta di muoversi per combinare continue tregue fra la NCO e la NF. Bardellino, quando si rese conto del perché i Nuvoletta si mostrassero così attendisti e così poco propensi a chiudere la questione con Cutolo, si staccò definitivamente da loro, e legò con quelli che poi sarebbero diventati i suoi alleati storici, e cioè Carmine Alfieri e Pasquale Galasso. Ciro Maresca (classe 1939) non ebbe più bisogno di vendicarsi di Antonio Cuomo perché questi fu ucciso da Raffaele Catapano e Pasquale Barra, fedelissimi di Cutolo, nel carcere di Poggioreale il 31 gennaio 1980. Sembra che Cuomo non avesse avvertito Cutolo di un rapimento. Cuomo fu rimpiazzato dal suo braccio destro Antonio Lucarelli. Sua moglie Carla Ciampi rivelò poi ai giudici gli esecutori e i mandanti dell'omicidio. In febbraio, la Ciampi fu ammazzata a colpi di pistola nella sua auto.

Sembrava che Alfieri avesse già deciso di eliminare i vertici della NCO, in vendetta per l'omicidio di suo fratello che fu freddato nel locale della moglie a Pompei il 26 dicembre 1981. La vendetta verrà consumata con il sequestro e l'uccisione, per mano di Carmine Alfieri, di Alfonso Catapano, fratello di un importante luogotenente di Cutolo. Il 21 gennaio 1982 Cutolo rispose facendo uccidere Nino Galasso, fratello di Pasquale, fedelissimo di Alfieri. Il 16 aprile un commando di sei persone fece irruzione all'ospedale Procida di Salerno, bloccò gli agenti fuori dalla stanza e freddò Alfonso Rosanova, la mente della NCO.[6] Quando il secondo in comando e principale capo 'militare' dell'organizzazione, Vincenzo Casillo fu ucciso con un'autobomba il 19 gennaio 1983 dall'alleato di Alfieri, Pasquale Galasso, fu chiaro che Raffaele Cutolo aveva perso la guerra. Il suo potere diminuì considerevolmente. Non solo Cutolo, ma anche molti altri gruppi camorristici hanno compreso lo spostamento dei rapporti di forza causati dalla morte di Casillo. Molti affiliati della NCO abbandonarono la organizzazione e si allearono con la Nuova Famiglia.[7]

L'eliminazione delle figure chiave della NCO non solo ha segnato la fine della sconfitta del clan di Cutolo come forza politica e criminale, ma anche l'ascesa di Carmine Alfieri e del NF che, ormai, praticamente senza opposizione, li ha sostituiti come il principale contatto dei politici e uomini d'affari in Campania e altre organizzazioni criminali. Queste catene di uccisioni, tra cui quella del figlio di Cutolo, Roberto Cutolo, ucciso a colpi d'arma da fuoco per volontà del Clan Fabbrocino il 19 dicembre 1990, a 28 anni, insieme alla detenzione di molti dei suoi membri, portarono alla fine della Nuova Camorra Organizzata.[7]

Dopo la sconfitta della NCO di Cutolo l'organizzazione si spaccò, dando vita ad una lotta tra i suoi componenti.

La scissione

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I Nuvoletta iniziano una guerra con i fuoriusciti della Nuova Famiglia che appoggiavano Carmine Alfieri, supportata dal clan Galasso di Poggiomarino, Angelo Moccia, Contini (con il braccio destro Riccardo Perucci), Licciardi, Giuseppe Mallardo (col braccio destro Luigi Esposito), ed erano sostenuti dai Corleonesi, i Casalesi di Bardellino erano invece sostenuto dai cosiddetti scappati come Tommaso Buscetta nella fedele riproduzione, sul territorio campano, della seconda guerra di mafia che stava ancora insanguinando l'intera provincia di Palermo[6].

Il 12 giugno 1983 Giuseppe Muollo, legato agli Alfieri, scompare da Castellammare di Stabia e il giorno seguente si trovano i corpi senza vita di tre dei suoi uomini. Tutti comprimari di Carmine Alfieri ed uccisi per ordine di Cutolo. In seguito un poliziotto italiano visita l'appartamento a Rio de Janeiro di Bardellino, occupato in quel momento dalla compagna Rita De Vita. Il poliziotto non trova Bardellino ma riconosce il boss siciliano Tommaso Buscetta che vive nell'appartamento che sta sotto a quello di Bardellino[8]. Il 22 ottobre 1983 Buscetta, con la moglie Christina Guimarães, viene arrestato. Vengono arrestati anche gli uomini di Buscetta: Paolo Staccioli, Giuseppe Favia, Lorenzo Garello, Leonardo Badalamenti (il figlio di Gaetano) e Giuseppe Bizarro. Bizarro era stato poco prima contattato da Michele Zaza da Los Angeles mentre era in compagnia del boss siciliano Antonino Salamone[9].

L'assalto alla villa dei Nuvoletta

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Il 10 giugno 1984 venne assassinato Ciro Nuvoletta, nella sua tenuta di Vallesana, dove, tre anni prima, si erano tenuti i vertici per la pacificazione tra NF e NCO. Un gruppo di uomini armati appartenenti ai clan Alfieri-Galasso-Bardellino era entrato nella tenuta sparando all'impazzata ed aveva ucciso il più spietato dei tre fratelli Nuvoletta. La strage è evitata perché tutti gli altri occupanti della tenuta fra i quali c'è Valentino Gionta con alcuni suoi uomini, riescono a fuggire. L'omicidio, a sua volta, era stato preceduto dall'arresto in Spagna di Antonio Bardellino, il quale riteneva di essere stato tradito da un appartenente al clan Nuvoletta.[10]

La strage di Torre Annunziata

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Il 26 agosto 1984 un commando composto da almeno 14 persone arriva a Torre Annunziata a bordo di un pullman e di due auto; i mezzi si fermano davanti al "Circolo del pescatore". È domenica mattina e, come al solito, nei locali e davanti al circolo sostano numerosi aderenti al clan di Valentino Gionta. Il gruppo scende dal pullman e dalle auto, spara, uccidendo 8 persone e ferendo 7 altre, ma fallisce nell'obiettivo di uccidere Valentino Gionta. La strage era stata preceduta da numerosi omicidi realizzati da ciascuno dei gruppi in danno dell'altro.

Entrare nella città di Gionta così numerosi, arrivare davanti al suo circolo, sparare sui presenti tra la folla, ripartire indenni significava: ledere il prestigio del boss della città, mostrarlo inidoneo a difendere se stesso e i cittadini, segnalare la presenza di un fortissimo gruppo avversario, mettere in crisi i grandi affari di Gionta che si svolgevano nel campo del contrabbando di tabacchi, del traffico di cocaina, nell'edilizia, nei mercati del pesce, delle carni e dei fiori. Negli anni successivi alla strage di Torre Annunziata emerge progressivamente il clan Alfieri, che diventa via via più potente, eliminando i superstiti frammenti della NCO e scatenando una lotta sempre più feroce contro il clan Nuvoletta ed i suoi alleati. Tra il 1984 e il 1989 questa organizzazione, che operava tradizionalmente a Nola, si espande, nell'hinterland di Napoli, in diverse direzioni verso Pomigliano d'Arco, verso l'agro nocerino-sarnese, verso la fascia costiera tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia e verso l'area vesuviana nei comuni di Somma Vesuviana, Sant'Anastasia e Volla[11]. Per la strage, dopo l'ergastolo in primo grado, Alfieri verrà assolto in appello.

La Nuova Famiglia si era data alcune regole fondamentali tra le quali quelle di non praticare mai estorsioni a commercianti né traffici di stupefacenti né sequestri che potessero attirare l'attenzione delle forze dell'ordine, un modus operandi opposto a quello di Cutolo che aveva seminato il terrore con estorsioni a piccoli negozianti. Alfieri puntò quindi al business degli appalti avendo intuito che avrebbero fruttato moltissimo.[12]

La fine

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Dopo la sconfitta della NCO di Cutolo, la Nuova Famiglia si spaccò, dando vita a una lotta tra i suoi componenti. A seguito dei pentimenti di Salvatore Zanetti e Achille Lauri, il 17 marzo 1984 avvenne un maxi-blitz ai danni della Nuova Famiglia con l'emanazione di 512 ordini di cattura a carico dei suoi componenti[13][14]. Nel 1986, sono egemoni, a Napoli e provincia, principalmente 18 clan: Graziano, Ammaturo, Cutolo, Zaza, Galasso, Licciardi, Contini, Nuvoletta, Bardellino, Giuliano, Misso, Alfieri, Cava, Mariano, D'Alessandro, Gionta, Moccia e Fabbrocino. Intorno alla metà del 1986, 10 elementi di spicco di organizzazioni malavitose colombiane, siciliane e napoletane si incontrano in Spagna. L'accordo si trova: i colombiani esportano cocaina al mercato europeo facendolo arrivare alle raffinerie siciliane. Da qui e da Napoli parte poi per tutta Europa. La famiglia siciliana Madonia di Palermo la distribuisce nell'Europa centrale, mentre il clan dei Corleonesi nell'Europa dell'est. I boss della camorra Zaza e Bardellino la distribuiscono in Francia, Italia e Spagna. Zaza si trasferisce a Marsiglia, Nunzio e Vincenzo De Falco in Portogallo, Antonio La Torre in Scozia, ad Aberdeen. Augusto, Antonio e Francesco Tiberio La Torre nei Paesi Bassi (dove inaugurano l'apertura dell'hotel Isolabella e di alcune pizzerie). Enrico Maisto in Austria, Antonio Egizio in Germania (dove inaugura anche una catena commerciale), Eduardo Contini nell'Europa dell'est (dove apre pizzerie, bar, ristoranti, alberghi). Francesco Toscanino si trasferisce in Brasile.

Il 6 ottobre 1986 Gaetano Nuvoletta viene arrestato a casa della sorella. Nel gennaio del 1987 il camorrista Franco Valdini viene ucciso; è il proprietario dell'Hotel Belvedere di Ercolano. Sempre nel 1987 il camorrista dell'NCO Massimo Scarpa uccide Francesco Affatigato. Ed un certo Salvatore Pizza uccide il genero di sua figlia, Tommaso Sepe, membro del clan Alfieri. Il 27 settembre 1988 Alfieri fa uccidere i 3 fratelli di Pizza (Carmine, Michele e Carlo) tramite il suo uomo, Raffaele Tufano. Il 4 ottobre 1988 il genero di Cutolo, Salvatore Iacone, 54 anni, viene ucciso mentre esce dal barbiere, a Ottaviano. Sempre nel 1988, Domenico Iovine, il fratello del braccio destro di Bardellino, Mario Iovine, viene ucciso. Intanto ai Quartieri Spagnoli si festeggia un matrimonio: il boss Marco Mariano si sposa al ristorante Le Cascine di Domenico Ferrara, uomo dei Casalesi. Michele Zaza pensa di stabilirsi definitivamente a Marsiglia. Ma il 15 febbraio 1989 i suoi luogotenenti Nunzio Barbarossa, Nunzio Guida e Umberto Naviglia vengono arrestati a Nizza. Prologo dell'arresto del boss: il 14 marzo viene messo in manette Zaza e, a Napoli, alcuni suoi uomini tra cui Vincenzo Tagliamento e Nini Giappone. Nel 1988 viene ucciso in Brasile Antonio Bardellino da Mario Iovine, sebbene il corpo del boss non venga mai ritrovato, e la guida dei "Casalesi" viene assunta da quest'ultimo[15]. Dopo l'omicidio di Iovine a Cascais in Portogallo, il comando dell'organizzazione dei Casalesi passa nelle mani di Francesco Schiavone.

Dopo essere diventato uno dei latitanti più ricercati dalla polizia, Carmine Alfieri viene arrestato dai Carabinieri su soffiata del fidato Pasquale Galasso, arrestato il 9 maggio e pentitosi dopo poco tempo, l'11 settembre 1992 a Scisciano, all'interno del sotterraneo di una masseria locale, mentre è in compagnia del suo vice Marzio Sepe (arrestato per favoreggiamento, scarcerato dopo sei mesi e poi di nuovo arrestato il 6 settembre 1996) e del guardaspalle Gaetano Cesarano[16][17][18]. Rinchiuso al 41 bis nel carcere di Pianosa, Alfieri decide di collaborare con la giustizia rivendicando la responsabilità, diretta e indiretta, in circa centocinquanta omicidi, confessando insospettabili intrecci e protezioni a livello istituzionale, tirando in ballo uomini politici all'epoca assai in vista (Antonio Gava, Paolo Cirino Pomicino, Alfredo Vito, Vincenzo Meo e Raffaele Mastrantuono)[19] e chiarendo la posizione del suo braccio destro, il mammasantissima Galasso, all'interno della Nuova Famiglia. A causa della sua collaborazione con gli inquirenti subirà numerosi lutti, tra i quali l'uccisione del figlio Antonio il 20 settembre 2002[20], di suo fratello Francesco l'11 dicembre 2004[21], di un nipote e del genero Vincenzo Giugliano il 18 dicembre 2007.[22][23][24]

Componenti

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Ne facevano parte:

Boss

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Affiliati

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Note

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  1. ^ a b La risposta a Cutolo e la Nuova Famiglia, su bibliocamorra.altervista.org. URL consultato il 24 marzo 2019 (archiviato dall'url originale il 18 marzo 2021).
  2. ^ Insider - Faccia a faccia con il crimine – Intervista a Giuseppe Misso
  3. ^ https://www.stylo24.it/cutolo-ci-condanno-a-morte-percio-fondai-la-fratellanza-napoletana/
  4. ^ UCCISO IN CORSIA IL ' PADRINO' DI SALERNO - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 9 marzo 2020.
  5. ^ (PDF) L'atteggiarsi delle associazioni mafiose sulla base delle esperienze processuali acquisite: la Camorra - Procura della Repubblica di Napoli (PDF) (archiviato dall'url originale il 5 febbraio 2007).
  6. ^ a b Bruno De Stefano, La morte del fratello, in I boss che hanno cambiato la storia della malavita, 1ª ed., Roma, Newton & Compton, 2018, pp. 19-23, ISBN 9788822720573.
  7. ^ a b Stephen Gundle e Simon Parker, The New Italian Republic, p. 240
  8. ^ BARDELLINO DOVEVA UCCIDERE BUSCETTA - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 25 ottobre 2022.
  9. ^ Gigi Di Fiore, L'impero, Rizzoli, 18 agosto 2011, ISBN 978-88-586-0769-5. URL consultato il 25 ottobre 2022.
  10. ^ A NAPOLI SI SCATENA LA GUERRA DI CAMORRA SONO QUATTRO GLI UCCISI
  11. ^ Archivio.repubblica-Così massacrarono il clan dei Gionta
  12. ^ Bruno De Stefano, Alfieri, un monarca assoluto, in I boss che hanno cambiato la storia della malavita, 1ª ed., Roma, Newton & Compton, 2018, pp. 27, 29, ISBN 9788822720573.
  13. ^ Vito Faenza, Duemila camorristi in manette (PDF), su archivio.unita.news, L'Unità, 17 marzo 1984.
  14. ^ Ermanno Corsi, EVADONO I TRE PENTITI CHE HANNO PERMESSO I BLITZ ANTICAMORRA, su ricerca.repubblica.it, La Repubblica, 24 aprile 1984.
  15. ^ DOPO UN ANNO LA CONFERMA 'BARDELLINO È STATO UCCISO' - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it, 25 luglio 1989. URL consultato il 15 aprile 2020.
  16. ^ https://web.archive.org/web/20120303151640/http://archiviostorico.corriere.it/1996/settembre/07/Preso_erede_Alfieri_co_0_96090711102.shtml
  17. ^ La curiosità: il rito di chiedere cappello e bastone - Il Mattino[collegamento interrotto]
  18. ^ Bruno De Stefano, Galasso parla e lo fa arrestare, in I boss che hanno cambiato la storia della malavita, 1ª ed., Roma, Newton & Compton, 2018, p. 33, ISBN 9788822720573.
  19. ^ Antonio Gava, il referente della camorra. Corriere della sera. Archivio storico. 9 aprile 1993.
  20. ^ La Repubblica/cronaca: Camorra, ucciso in un agguato il figlio di Carmine Alfieri
  21. ^ Corriere della Sera - Camorra, un sabato di sangue a Napoli
  22. ^ Camorra spietata: ucciso genero del pentito Carmine Alfieri, su Pupia.Tv, 19 dicembre 2007. URL consultato il 12 novembre 2020 (archiviato dall'url originale il 9 settembre 2012).
  23. ^ Ammazzato il nipote del boss pentito Carmine Alfieri
  24. ^ Bruno De Stefano, Dalla parte dello Stato, in I boss che hanno cambiato la storia della malavita, 1ª ed., Roma, Newton & Compton, 2018, pp. 34, 35, 37, ISBN 9788822720573.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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