Satire
Titolo originaleSaturae
Frontespizio di Wenceslaus Hollar per un'edizione delle Satire (1660)
AutoreDecimo Giunio Giovenale
1ª ed. originaledopo il 127 d.C.
Editio princepsRoma, Ulrich Han, 1467-69
Generepoesia satirica
Lingua originalelatino

Le Satire di Giovenale (titolo originale: Saturae) costituiscono l'unica produzione letteraria giunta ai nostri giorni del poeta latino vissuto fra l'anno 50 e il 140 d.C. Complessivamente 3873 esametri, suddivisi in sedici satire, pubblicate in cinque libri secondo un ordine forse indicato dall'autore stesso:

Dell'ultima satira ci rimangono solo i sessanta esametri iniziali. Questa lacuna, presente in tutti i codici, si deve probabilmente alla perdita di una pagina dell'archetipo, secondo Ettore Paratore. Le Satire di Giovenale sono l'ultima espressione del genere definito da Quintiliano come romano per eccellenza (satura tota nostra est, Quint. Inst. orat., X, 1, 93), il che tra l'altro doveva convenire benissimo a Giovenale, odiatore dei Graeculi e della loro letteratura e filosofia.

(LA)

«Stulta est clementia, cum tot ubique
vatibus occurras, periturae parcere chartae»

(IT)

«È stupida clemenza,
in questo brulicare di poeti,
graziare carte condannate al macero»

Indignazione come valore poetico

[modifica | modifica wikitesto]

Giovenale ammette fin dall'inizio che quel che lo spinge a scrivere è l'indignazione verso il degrado della società in cui si trova a vivere (I, 79-80); probabilmente la morte di Domiziano nel 96 lo avrà spinto ad uscire allo scoperto, e anche l'amicizia con Marziale, che gli dedicò diversi epigrammi, dovette spingerlo all'emulazione. L'indignazione gli permette anche di superare i modelli diatribici e retorici (il tipo della suasoria è ironicamente quanto programmaticamente citato nella satira I) su cui sono tecnicamente costruite molte delle sue satire, specialmente negli ultimi libri. Intorno al 100 Giovenale pubblica la prima raccolta di satire, in età relativamente avanzata se, come sembra ragionevole, era più anziano o coetaneo di Marziale. È il suo momento di sbottare: Semper ego auditor tantum? Dovrò sempre stare solo a sentire? (Sat. I,1).

I bersagli della satira di Giovenale sono numerosi, provenienti da ogni ceto e da ogni sesso; tutta la società romana del suo tempo è bollata con parole di fuoco. Così i rampolli debosciati dell'aristocrazia, privati del potere sono dediti a tutti i vizi importati dall'oriente quasi a tenerli in soggezione. Allo stesso modo la plebe si mantiene imbelle pascendola e offrendole spettacoli gladiatori e corse (la celeberrima espressione panem et circenses è proprio di Giovenale). Le donne, che sono ormai emancipate e aspirano ad altri ruoli piuttosto che alla filatura della lana nella domus del marito o del padre, sono viste come in preda ad una vertigine di ninfomania, che culmina nel celebre ritratto di Messalina/Licisca nella sesta satira. Gli Orientali sono l'estremo della degradazione umana, siano essi Graeculi che sussurrano nelle orecchie dei loro protettori, togliendo spazi ai buoni romani di stirpe rustica (come l'autore) che così sono ridotti alla vita miserabile del cliens, o Egiziani descritti come poco più che bestie, dedite al cannibalismo. Insomma, l'indignazione di Giovenale, vera linfa della sua creazione poetica, è a ben guardare un sentimento profondamente anacronistico. La società dei suoi tempi infatti vede l'abbassamento dell'antica aristocrazia dominante e l'insorgere delle nuove classi mercatorie, lo spostamento della fruizione culturale dall'élite senatoria a un pubblico più ampio, nuove convenzioni sociali e di costume che permettono un miglioramento nella condizione femminile (sempre parlando di donne libere) al prezzo della rinuncia alle prische virtù. Di tutto questo Giovenale non si avvede, o sceglie di non avvedersene.

Ben pochi si salvano nell'oscuro universo tratteggiato nelle satire; un Amico che decide di abbandonare la pericolosa e corrotta Roma (III), un ritratto vivido e umoristico di un povero gigolo, Nevolo, dedito a sollazzare nobili invertiti e le loro vogliose matrone, che si lamenta del suo destino e anela a un'impossibile "redenzione" (IX): in pochi squarci lirici delle satire vediamo una rappresentazione idealizzata ma commossa della vita nei municipia, nelle antiche e un po' dimenticate città italiche come Aquino, sua patria. In una cittadina assistiamo a una rappresentazione teatrale, col pubblico che assiste rapito, ben diverso dallo smaliziato e schizzinoso pubblico dell'Urbe, e con i maggiorenti confusi e indistinguibili tra la folla (III). Ancora in questo "filone" dell'arte di Giovenale assistiamo nella satira XI all'evocazione di un banchetto che intende offrire a un amico (il topos è ovviamente quello messo alla berlina nel celebre epigramma di Catullo), in cui si descrive la mensa del poeta, non misera, non inutilmente fastosa, carica di pietanze non ricercate, ma sane e di buon sapore, servite da schiavi ben vestiti, perché non soffrano il freddo, che serviranno come meglio possono, ma capiscono il latino. Ma è nelle pagine sulfuree, più cariche di bile non smaltita, che l'arte di Giovenale colpisce il lettore, come nelle pagine compiaciute in cui descrive le notti brave delle matrone romane che hanno gettato al vento ogni ritegno, o quando descrive l'adunata dei consiglieri imperiali che si affretta per discutere del miglior modo di cuocere un rombo donato a Domiziano. Si può facilmente ironizzare sulle ragioni che spinsero Giovenale a descrivere così violentemente la sua epoca, ma non si può non restare colpiti dalla potenza delle sue immagini fosche e lutulente.

Datazione

[modifica | modifica wikitesto]

La composizione o la pubblicazione è da collocarsi grazie a poche ma sicure indicazioni cronologiche interne fra il 100 e poco dopo il 127 d.C. Infatti nella Prima satira (che però non tutti gli studiosi ritengono la prima in ordine cronologico) si trova un accenno al processo contro Marco Prisco, proconsole d'Africa ed emulo di Verre, mosso da Plinio il Giovane nel 100, mentre un'allusione al consolato di Lucio Emilio Iunco (cos. 127) compare nella quindicesima satira, la penultima:

(LA)

«Nos miranda quidem, sed nuper consule Iunco
gesta super calidae, referemus moenia Copti.»

(IT)

«noi invece una strana vicenda, accaduta da poco, quando era console Iunco
narriamo quale avvenne tra le mura della calda Copto,»

In base a questo accenno è lecito ritenere che la pubblicazione sia di poco posteriore al 127. Nella stessa satira Giovenale riferisce di una conoscenza diretta dell'Egitto, che è tra i pochi tratti biografici sicuri, ma che probabilmente ha dato origine alla diceria riferita in un breve biografia, probabilmente del IV sec. riportata dal codice Pithoeanus in base alla quale Giovenale sarebbe stato inviato in Egitto in esilio da un potente personaggio offeso da una sua satira, per morirvi poco dopo di crepacuore.

Contenuti delle Satire

[modifica | modifica wikitesto]

La fortuna delle Satire

[modifica | modifica wikitesto]

Giovenale non è mai menzionato (con l'eccezione di Marziale) da scrittori contemporanei, o del II e III secolo. La prima menzione come autore è in Ammiano Marcellino, XXVIII,4, 14, attorno al 380. Gli scrittori cristiani trovarono congeniale la sua forte carica moralistica, e il quadro fosco della Roma pagana. In generale, dal Medioevo in poi, tutti gli scrittori di satire vi si ispirano (Dante Alighieri lo pone nel limbo delle anime illustri Purg. XXII, 13-15), anche se esplicitamente affermano di avere il più "nobile" Quinto Orazio Flacco come modello. Anche i polemisti in generale, fino dal grande modello di Candide di Voltaire trovano nella verve di Giovenale modelli sempre attuali. Giovenale è, anche, una miniera di citazioni; ad esempio panem et circenses, quis custodiet ipsos custodes? o ancora mens sana in corpore sano sono opera sua.

Bibliografia

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]

Il testo latino delle Satire è sul sito [1]

Il testo in italiano delle Satire con note biografiche sull'autore è reperibile sul sito la-poesia.

Controllo di autoritàVIAF (EN4050152140033911100007 · BAV 492/76425 · GND (DE4331976-2 · BNE (ESXX2055491 (data) · BNF (FRcb12011763q (data)