Bruto di Troia

La seguente lista di sovrani leggendari della Britannia deriva principalmente dalla Historia Regum Britanniae, scritta da Goffredo di Monmouth attorno al 1136. Geoffredo ha costruito una storia molto romanzata basata sulle opere dei primi storici medievali quali Gildas, Nennio e Beda, sulle genealogie gallesi, sulle vite dei santi e sulla propria immaginazione. Molti di questi sovrani sono basati su figure storiche, ma le narrazioni leggendarie.

Il racconto di Goffredo inizia con l'esilio del principe troiano Bruto, da cui verrebbe il nome di Britannia secondo la Historia Brittonum. Bruto sarebbe disceso da Enea, il leggendario Principe dei Dardani (popolo dell'Asia Minore) da cui a sua volta discende Romolo fondatore di Roma e la sua storia è evidentemente collegata con le leggende sulla fondazione dell'Urbe.

I re precedenti a Bruto vengono da un documento che parla dei viaggi di Noè e della sua progenie in Europa, un tempo attribuito allo storico caldeo Berosso, ma ora considerato una falsificazione del monaco domenicano del XV secolo, Annio da Viterbo (gli Antiquitatum variarum volumina XVII). Anche le Triadi gallesi sono una fonte supplementare per i primi re britannici. Gli storici rinascimentali come John Bale e Raphael Holinshed hanno preso la lista dei re di "Celtica" fornita dallo pseudo-Berosso e li hanno trasformati in re della Britannia e della Gallia. John Milton ricorda queste tradizioni nella sua Storia di Britannia, sebbene gli dia scarso credito.

Sopravvivono diverse liste di sovrani, anche se nessuna è originale. Nessuna di queste è davvero attendibile, tant'è che, sebbene siano generalmente simili tra di loro, nessuna è esattamente uguale alle altre. Gli storici moderni considerano queste liste come insiemi di imperatori romani e di diversi re, signori della guerra ed eroi mitici celtici. Sebbene leggendarie e apocrife, queste liste contribuirono alla cosiddetta Materia di Britannia, cioè a quelle tradizioni medievali e primo-moderne sulla storia d'Inghilterra. Molti di questi re, dunque, non sono mai esistiti.

I primi cinque re derivati dallo pseudo-Berosso

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Nel XV secolo Annio da Viterbo affermò di aver trovato dei frammenti di Berosso che fornivano dettagli sui primi insediamenti di "Celtica" dopo il Diluvio Universale ad opera di Samote, figlio di Jafet, figlio di Noè. Annio pubblicò queste notizie nei suoi Antiquitatum variarum volumina XVII (1498)[1]. Il regno di Samote si sarebbe trovato in Europa tra i Pirenei e il Reno. I cinque re di "Celtica" o "Samotea" di cui parla Annio sono definiti re della Britannia dopo il diluvio dalle Cronache di Raphael Holinshed (1577), con l'aggiunta di Albione e Bruto:

I frammenti di Annio si sono poi rivelati dei falsi[15]. È stato detto che la sua lista avrebbe comunque un piccolo substrato di verità dato che molti dei nomi dei re erano già noti nella letteratura anche prima delle Antiquitates variae e dato che molti cronachisti accettavano queste figure bibliche in base alla loro propensione per la storia mosaica[16][17]. La lista dei re fornita da Annio è poi apparsa anche nella Illustrium Majoris Britanniae Scriptorum di John Bale (1548), nella Historia cantabrigiensis Academiae di John Caius (1574), nella Descrizione d'Inghilterra di William Harrison (pp. 3–5, 1577), nelle Cronache di Raphael Holinshed (vol. 2, p. 2, 1587) e nella Cronaca Breve di Anthony Munday (p. 467, 1611)[18]. Comunque già nel XVII secolo la lista fornita da Annio non era più molto popolare tra i cronachisti, gli antiquari e gli storici[19][20]. John Speed, William Camden e Walter Raleigh (The Historie of the World, pp. 112–15, 1614) sono stati tra quelli che hanno respinto tale lista. John Milton nella sua The History of Britain (p. 3, 1670) fa riferimento brevemente a re Samote, ma conclude che provenga da una fonte contraffatta e inaffidabile.

Lista supplementare di re di Celtica nello Pseudo-Berosso

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La lista di sovrani di Celtica fornita da Annio da Viterbo e presa dallo Pseudo-Berosso continua con linea del tutto diversa dopo Bardo I. Questa linea separata dei re avrebbe continuato a governare i popoli celtici del continente, se non in Britannia. La lista completa di Annio è la seguente:

Des grantz geanz

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Il poema anglonormanno del XIV secolo Des grantz geanz ("Su Grandi Giganti") presenta delle varianti[21][22] Il poema afferma che un gruppo di coloni greci di sangue reale, guidati dalla regina Albina, si stabilirono in Britannia e che prima di loro nessuno era mai stato nell'isola[23] Albina diede poi il suo nome all'isola, che fu poi chiamata Britannia da Bruto. L'opera cerca attraverso l'evemerismo di razionalizzare le leggende sui giganti. Albina è perciò descritta come molto alta, anche se è presentata come una regina umana, discendente di un re greco, ma non come una creatura mitologica. Il mito di Albina è stato anche rinvenuto in alcuni successivi manoscritti del Romanzo di Bruto di Robert Wace (XII secolo), dove funge da prologo[24].

Scota

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Scota, nella mitologia scozzese, è il nome dato alla figlia di un faraone egiziano da cui i gaelici e gli scozzesi si fanno risalire. Scota appare per la prima volta nella letteratura dell'XI o del XII secolo e secondo molti studiosi tale leggenda sarebbe nata per contrastare le affermazioni di Goffredo di Monmouth, secondo cui la Scozia sarebbe stata fondata dai discendenti di Bruto (attravaerso Albanatto)[25][26]. Tuttavia alcune antiche fonti irlandesi riportano delle leggende su Scota e non tutti gli studiosi le considerano come invenzioni o costruzioni politiche[27]. Nei miti scozzesi sulle origini, Albanatto aveva poco posto, mentre cronisti scozzesi (ad esempio John di Fordun e Walter Bower) affermavano che Scota fu fondatore eponimo della Scozia e che gli scozzesi giunsero molto prima di Albanatto, al tempo di Mosè.

Sovrani derivati da Goffredo di Monmouth

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Goffredo di Monmouth, nella sua opera pseudo-storica Historia Regum Britanniae, elenca una lunga lista di sovrani, che ha inizio con Bruto di Britannia e termina con Cadwallader, ultimo sovrano di etnia britannica prima del definitivo predominio degli anglosassoni[28].

Dinastia di Bruto

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Dinastia di Cornovaglia

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Guerra civile dei cinque re

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Dinastia di Cornovaglia

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Sovrani estratti a sorte

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Da Eliud fino a Capoir, la Historia Regum Britanniae non indica più un rapporto di parentela tra i re, ma si limita a elencare la loro successione. Tuttavia, la versione Cleopatra del Brut Y Brenhinedd, una traduzione in gallese dell'opera di Goffredo di Monmouth, indica ciascun sovrano come figlio del precedente, ad eccezione di Beldgabred e Archmail, che sono indicati come fratelli sia dalla Historia che dal Brut Y Brenhinedd[29].

Dinastia di Beldgabred

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Sovrani estratti a sorte

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Dinastia di Capoir

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Leader della resistenza anti-romana

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Dinastia dei Severi

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Usurpatori

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Comandante romano

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Casata dei Votadini

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Casa dei Costantini

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Casata dei Gewissi

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Casa dei Votadini

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Casata dei Gewissi

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Casata dei Votadini

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Casata dei Dumoni

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Periodo di interregno

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Casata di Bretagna

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Casata dei Gewissi

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Casata di Bretagna

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Casata dei Dumnoni

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Casata di Bretagna

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Casata di Dyfed

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Casata di Gwynedd

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Casata del Wessex

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Casata del Gwynedd

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Conseguenze

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Goffredo termina la sua narrazione con Cadwallader. Dopo la sua morte, i re britannici non furono più sovrani dell'intera isola, a causa della riduzione drastica dei loro domini ad opera degli invasori anglosassoni. Furono i loro re a divenire Bretwalda e poi sovrani d'Inghilterra. Gli eredi celtici al trono sopravvissero nel regno del Gwynedd, fino a quando non si sottomisero ai re inglesi nel XIII secolo. I principi e i signori del Gwynedd regnarono fino al tempo di Dafydd ap Gruffydd (1282 - 1283). La sua morte segnò la fine della casata di Bruto. Owen Tudor, nonno di Enrico VII d'Inghilterra, era un discendente materno dei sovrani del Gwynedd. L'unione di Enrico con Elisabetta di York segnò quindi la fusione delle casate reali celtica e anglo-normanna.

Note

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  1. ^ Frammenti tradotti in Asher, R.E., National Myths in Renaissance France; Francus, Samothes and the Druids, Edinburgh University Press, Edinburgh, 1993, pp. 196-227
  2. ^ Parry, 2001, pp. 10-15.
  3. ^ volume 2, pag. 1, ed. 1587.
  4. ^ p. 3, ed. 1670
  5. ^ George William Lemon, English etymology, 1783, prefazione, p. XVII.
  6. ^ Harrison, 1994, p. 163.
  7. ^ David Mark Whitford, The curse of Ham in the early modern era, Ashgate Publishing, Ltd., 2009, p. 75.
  8. ^ pp. 467–469 ed.1611
  9. ^ Constance Nicholas Milton, Introduzione alla "Storia di Britannia", University of Illinois Press, 1957, pag. 20.
  10. ^ Asher, R.E., National Myths in Renaissance France; Francus, Samothes and the Druids, Edinburgh University Press, Edinburgh, 1993
  11. ^ John Macculloch, The Highlands and Western Isles of Scotland, Vol. 3, 1824, p. 250
  12. ^ Harrison, 1994, p. 205.
  13. ^ George William Lemon, English etymology, 1783, prefazione, pag. XVII.
  14. ^ a b Charles MacFarlane, Thomas Napier Thomson, The Comprehensive History of England, 1876
  15. ^ Mark Jones, Fake?: the art of deception, British Museum, University of California Press, 1990, p. 64.
  16. ^ Charles Lethbridge Kingsford, per esempio, nelle sue Cronache di Londra (1905), inserisce la lista di Annio, ma accetta Albione e Bruto dato che apparivano in fonti precedenti come Goffredo di Monmouth (F. J. Levy, Fred Jacob Levy, Tudor historical thought, University of Toronto Press, 2004, p. 189).
  17. ^ Colin Kidd, British identities before nationalism: ethnicity and nationhood in the Atlantic world, 1600-1800, Cambridge University Press, 1999, p. 28
  18. ^ Glyn Parry, Berosus and the Protestants: Reconstructing Protestant Myth, Huntington Library Quarterly, Vol. 64, No. 1/2 (2001), pp. 1-21.
  19. ^ William Harrison, The Description of England: Classic Contemporary Account of Tudor Social Life, Dover Publications Inc.; New edition (1 Feb 1995), p. 163.
  20. ^ T. D. Kendrick, British Antiquity, pp.69-76 (1950)
  21. ^ Des Grantz Geanz: An Anglo-Norman Poem, ed. Georgine E. Brereton (Oxford, 1937), mentre una traduzione si trova in Myths and Legends of the British Isles, Richard Barber. Boydell, 1999, p. 3-8.
  22. ^ James P. Carley, Felicity Riddy, Arthurian Literature XIII, Volume 13, Boydell & Brewer Ltd, 1995, pp. 45-60.
  23. ^ Barber, 1999, p. 5.
  24. ^ Carley, 1995, pp. 50 ff.
  25. ^ Clare Jackson, Restoration Scotland, 1660-1690: royalist politics, religion and ideas, Boydell Press, 2003, pp.46-47.
  26. ^ W. Matthews,The Egyptians in Scotland: the Political History of a Myth, Viator 1 (1970), pp.289-306
  27. ^ EJ Cowan, Myth and Identity in Early Medieval Scotland, Scottish Historical Review lxiii, No. 176 (Oct. 1984) pp.111-35
  28. ^ Geoffrey of Monmouth, The History of the Kings of Britain, Penguin Classics, "Time Chart", p. 286.
  29. ^ Parry, John Jay/ Brut Y Brenhinedd, Cotton Cleopatra version., su cdn.ymaws.com. URL consultato il 6 novembre 2020.

Bibliografia

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Voci correlate

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