Voltaggio-Vultaggio | |||||
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Stato | Repubblica di Genova - Regno di Sicilia - Repubblica italiana | ||||
Casata principale | Voltaggio - Vultabio di Genova | ||||
Titoli | Familiari
Personali:
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Fondatore | Guillelmus de Vultabio | ||||
Data di fondazione | X secolo | ||||
Data di deposizione | Fiorente nei suoi vari rami, alcuni estinti | ||||
Etnia | siculo-genovese-italiana | ||||
Rami cadetti | Vultaggio di Sicilia | ||||
Voltaggio (Vultaggio), anche nelle forme arcaiche de Vultabio, de Vultagio e di Voltaggio è il nome di un’antica famiglia italiana, le cui notizie risalgono fino all’anno mille. Con una forte identità religiosa tanto da avere vari personaggi che, nel corso dei secoli, oltre a dedicarsi al commercio ed alle vicende politiche della Repubblica di Genova, hanno partecipato ad alcune crociate e si sono schierati sempre dalla parte del Papa e mai con l'Imperatore, soprattutto nelle lotte tra Guelfi e Ghibellini. Dal XIII secolo un ramo di essa si trasferì in Sicilia, precisamente ad Erice, creando diversi rami a Trapani e Palermo[1].
La leggenda riguarda il presunto capostipite della famiglia e la certezza che prima dell'anno mille la famiglia utilizzasse un altro nome per identificarsi. Questa leggenda vorrebbe far risalire il casato, tramite il suo presunto capostipite Guglielmus Porcus de Vultabio, sino all’antica famiglia genovese 'de Porcii'.
Questo nomen è derivato dalle attività della famiglia che si basavano prevalentemente sull'allevamento dell'animale in questione. "Porcii, famiglia nobile et antichissima, l'origine dei quali è in Genova immemorabile, nessuno storico che riesca a definirla", così lo storico settecentesco, Agostino Della Cella, definisce la famiglia 'de Porcii', che, si crede, essere stato il cognome della famiglia Vultabio prima dell'anno mille.
Prima di prendere il cognome “de Vultabio”, la famiglia si identificava con un altro nome. A sostegno di questa tesi, infatti, troviamo un personaggio, realmente esistito, nato nell’anno mille, un certo Guglielmus Porcus de Vultabio, il quale nel 1127 risulta essere nominato, direttamente dalla Repubblica di Genova, come primo Castellano di due castelli costruiti in quegl'anni, quello di Voltaggio e quello di Fiacone (oggi Fraconalto)[2].
Guglielmus Porcus de Vultabio sembra essere il primo personaggio attestato con il cognome "de Vultabio". Originariamente, quindi, la famiglia sembra identificarsi con il nomen Porcus e, solo successivamente, un ramo lo abbandonò per identificarsi con il nome del borgo.
Le prime notizie documentate si hanno intorno all'anno mille, quando la famiglia fa parte della piccola nobiltà cittadina del borgo ligure di Voltaggio, indicata negli atti del notaio Urso de Sigestro (XIV secolo) come una fra le più antiche stirpi del paese[3].
A distinguersi è Guglielmo di Voltaggio, annotato anche con il cognome de Vultabio, molto probabilmente nipote del nobile castellano Guglielmus Porcus de Vultabio. Guglielmo di Voltaggio o de Vultabio è maestro e commendatore nell'Ordine dei cavalieri di Malta. Nel 1180 fonda la Commenda di San Giovanni di Pré e, nel 1225, viene nominato procuratore e ambasciatore della Repubblica di Genova. Nel 1228, invece, è ambasciatore della Repubblica di Venezia.
Alla famiglia appartengono anche cariche consolari, come è testimoniato negli Annali del Caffaro: Niccolò, già notaio a Genova nel 1230 quando risulta aver redatto la sentenza per alcuni possedimenti contro Alessandria in favore di Genova, nel 1248 è nominato Console de' placiti o delle cause forensi della Repubblica di Genova (chiamati anche consoli "del palazzo di mezzo")[4]. Nel 1249 Napoleone di Voltaggio è Console de' placiti, nel 1263 risulta essere uno degli otto nobili del podestà e, lo stesso anno, è inviato come ambasciatore a Roma da Papa Urbano IV.
Intorno al XIII secolo membri della famiglia operarono anche nel commercio: Girolamo nel 1236 commercia grano da Arles a Narbona mentre Guglielmo si sposta dalla Provenza alla Siria in qualità di mercante[5].
Con la riforma degli alberghi genovesi ed il consorzio tra le famiglie (Albergo dei Nobili), nel XV secolo, la famiglia venne ascritta ai Fattinanti ed indicati come guelfi[6] e nel 1528 passarono ai Grillo (famiglia).
Sul volume delle famiglie genovesi, scritto da Agostino Della Cella, troviamo un ampio elenco di personaggi di questa famiglia[7]: nel 1264 Oberto risulta essere uno dei dodici anziani del Comune (antica carica di consigliere del podestà che spettava solo a figure di primo piano del territorio); nel 1309 Rufino è indicato come Abbate del popolo di Genova; nel 1319 Bertolino è uno dei 12 anziani sotto la Signorìa del re Roberto di Napoli; nel 1360 Giovanni, di professione speziale, è uno dei 12 anziani sotto il duce Boccanigra; nel 1366 Francesco è uno dei 12 anziani sotto il duce Gabriel Adorno, stessa carica ricoperta anche nel 1368 come appare nelle convenzioni fatte dalla Repubblica di Genova con l’imperatore Carlo IV di Lussemburgo; nel 1417 Nicolao è Priore dei 12 anziani del Comune; nel 1418 Bartolomeo è uno dei 12 anziani del Comune; nel 1430 Tomaso è uno dei 12 anziani sotto la Signorìa della famiglia Visconti[7]; nel 1438 Giovanni riceve il decreto di cittadinanza in qualità di medico genovese; nel 1460 Martino è uno dei 12 anziani sotto la Signorìa di Francia e nel 1466–1469 è uno dei 12 anziani sotto la Signorìa degli Sforza di Milano; nel 1487 Pellegro risulta essere uno dei partecipanti genovesi alla guerra contro i fiorentini; nel 1500 Giovan Battista risulta essere inserito nel gran consiglio dei mercanti[7]; nel 1528 i nobili Bartolomeo, Vincenzo, Simone e Giacomo si alleano e si aggregano alla famiglia Grillo (famiglia) (i discendenti di questo ramo assunsero il cognome Voltaggio Grillo e nel 1614 furono ascritti al libro d’oro nobiliare; nel 1576, invece, Alessandro siede nel gran consiglio dei 400. A dire dello storico Agostino Della Cella, autore del volume, nel 1657 il ramo nobile genovese si crede estinto a causa della pestilenza, ma diversi rami cadetti sembrano essere in vita, alcuni con alterne fortune fra cui medici, artigiani e cittadini[7].
Nel 1262, invece, Guglielmo di Voltaggio (annotato anche come de Vultabio o Vultabio) risulta essere castellano del Castello del Colle nella località di Ventimiglia,[8] detenendo così il potere civile, militare e giudiziario. Nel 1263, lo stesso Guglielmo si recò da Rainero, guardiano dei Frati Minori di Ventimiglia, per prendere la croce e recarsi al Santo Sepolcro come crociato[9], come risulta anche da alcuni atti del notaio Giovanni di Amandolesio del 3-4 maggio 1263[10].
Guglielmo è considerato il capostipite del ramo siciliano ad Erice. I cavalieri crociati, al ritorno dall’ottava crociata guidata da Luigi IX e Carlo I d'Angiò, approdarono a Trapani[11][12]. Proprio Guglielmo è citato ed annotato con il cognome 'de Vultagio' in alcuni atti del 1297-1300 del notaio di Erice Giovanni Majorana, come sposo di Isabella de Aydone[13], da cui nacquero vari figli di cui non sono ben certi i nomi[14], tra cui Alemanno, Alegrancia, Giovanna e Pietro[15].
In Erice il cognome ha subito variazioni, passando da di Voltaggio a de Vultagio ed ancora da di Vultagio a Vultagio fino a raggiungere la forma finale Vultaggio dal XVI secolo in poi.
In Erice troviamo Francesco de Vultaggio giurato (facente parte del potere legislativo del territorio) di Erice nel 1405. Un altro Francesco di Vultaggio è stato ambasciatore presso il re Alfonso il Magnanimo nel 1447[16], mandato dall’Università di Monte San Giuliano.
Un altro Francesco de Vultaggio è giurato di Erice nel 1446–1448 e capitano giustiziere a Marsala. Simone di Vultaggio è giurato di Erice negli anni 1450-1459. Nel 1454 Andrea di Vultaggio è giudice civile ad Erice e giurato negli anni 1451-1458-1463-1467-1473.
Nicolò di Vultaggio giurato di Erice negli anni 1480-1487 e nel 1488 giurato a Marsala, dove ha ricoperto anche la carica di capitano di giustizia nel 1495. Nel 1488 Berardo di Vultaggio è capitano di giustizia (detto anche capitano giustiziere) di Salemi.
Antonio Vultaggio che nel 1512 è capitano giustiziere di Marsala[14]. Un altro Antonio Vultaggio, invece, possedette il diritto del grano sopra il porto di Girgenti, Siculiana e Montechiaro, di cui ottenne investitura l’8.11.1511 e il 6.1.1516[1].
Paolo Vultaggio che nel 1602 possedeva il territorio denominato 'Lo Celso di Busiti'. Antonio Vultaggio è stato notaio e giudice civile ad Erice negli anni 1595-1604-1618. Giuseppe Vultaggio giudice criminale nel 1604-1606-1618-1639. Pietro Vultaggio dottore in utroque iure ad Erice nel 1650.
Nicolò Vultaggio è stato un inventore e costruttore. Scrisse, nel 1686, un libro col quale volle portare l’industria della pratica in casa dei cittadini trapanesi, per lo più analfabeti. Il libro fu diviso in due parti: nella prima parte trattò le regole di costruzione delle botti, con un metodo più spedito e di facile lavoro; nella seconda parte trattò il meccanismo delle tonnare. Basò i suoi ragionamenti sopra i dogmi invariabili della geometria, migliorò anche alcuni strumenti[17].
Tra il 1500 e la fine del 1600 si avvicendarono diversi notai di un ramo della famiglia, a partire da Antonio Vultaggio continuando con il figlio Giuseppe (detto il moro) che ricoprì il ruolo notarile ad Erice alla fine del 1500, con i nipoti, i notai Antonio e Francesco Vultaggio (detto seniore), il bisnipote Giuseppe ed il trisnipote Francesco Vultaggio (detto minore per differenziarlo dal nonno).
Andrea Vultaggio, dottore in medicina, nel 1800 donò il suo palazzo ericino al Comune di Monte San Giuliano per costruire il primo ospedale del territorio.
Nel 1398 Antonio de Vultagio sposa Aloisa Curatolo della nobile famiglia di Erice[18], dando inizio al ramo de Vultagio Curatolo[14].
Francesco de Vultagio sposa Giovannella de Burgio nel 1439, appartenente ad una nobile famiglia discendente da Nicasio Camuto de Burgio, dando avvio al ramo di Vultaggio de Burgio[19], di cui fanno parte i capitani di giustizia Bernardo e Nicolò[14].
Quest’altro ramo venne denominato, a inizio ‘700, Vultaggio Donato[14] dal matrimonio tra il notaio Giuseppe Vultaggio e Caterina Donato della famiglia Donati di Firenze e discendente dal potente Corso Donati e da Forese Donati, protagonista della celebre tenzone e dei canti XXIII e XXIV del Purgatorio della Divina Commedia[20]
Nel XVIII secolo si crea il ramo Vultaggio Gervasi[14] con la nobile famiglia Gervasi che possedette il feudo di Cellaro e la salina denominata della Santissima Trinità o della Badia nel litorale di Trapani[21].
Nel 1538 nasce Bartholomeus di Vultagio, antico erycino abitante tra gli antichi quartieri di San Cataldo e Sant'Antonio, il quale decise di abbandonare per un pò di tempo Erice e di trasferirsi a Calatafimi per salvarsi dalla peste che nel 1575 si era diffusa ad Erice. Dalle rilevazioni fatte dall'amministrazione comunale dell'epoca, risulta che, a Calatafimi, Bartholomeus comprò 4 case con dei terreni ed una quinta casa a due piani (con un cortile interno) per sua abitazione. Bartholomeus di Vultagio si sposò con una certa Antonina Hortenzia da cui ebbe Giovanni Battista, Giuseppe, Rocco, Vito, Antonina e Pietro. Bartholomeus morì il 30 aprile 1620 (all’età di 82 anni) e fu sepolto all’interno dell'Oratorio del Carmine.
Il 16 aprile 1600 Pietro Vultagio, figlio di Bartholomeus, sposa Vita Rossello[22] e da questo matrimonio nasceranno vari rami:
Il 6 febbraio 1612 Vito Vultaggio (nato il 4 dicembre 1589, un altro figlio di Bartholomeus ed Antonina Ortenzia) sposa Margherita Curatolo ed in seconde nozze Angela Lo Castro il 5 settembre 1628 e da questi nasceranno altri rami: