Arditi del Popolo | |
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Bandiera degli Arditi del Popolo utilizzata dalla Sezione di Civitavecchia | |
Attiva | 1921 - 1925 |
Nazione | Italia |
Contesto | Fasi precedenti al Ventennio fascista |
Ideologia | Antifascismo Marxismo Comunismo Anarchismo Socialismo rivoluzionario Repubblicanesimo |
Componenti | |
Fondatori | Argo Secondari Guido Picelli |
Attività | |
Azioni principali | Fatti di Parma Fatti di Sarzana |
Voci su unità paramilitari in Wikipedia |
Gli Arditi del Popolo erano un'organizzazione paramilitare[1] di veterani ex militari della Grande Guerra, molti dei quali ex Arditi, fondata a Roma[1] il 17 giugno 1921[1] dal reduce di guerra ex tenente degli Arditi ed anarchico Argo Secondari.[1] Gli Arditi, sin dalla loro fondazione, erano un movimento di combattenti eterogeneo,[1] che riuniva tra le sue file rivoluzionari, anarchici, repubblicani, comunisti e anticapitalisti.[1][2]
Gli Arditi del Popolo furono tra le prime organizzazioni italiane antifasciste,[1] ramificati in numerose sezioni, battaglioni e unità su tutto il territorio nazionale,[3] volti a proteggere la popolazione (soprattutto gli operai, i proletari e le fasce più deboli della società)[1] dalla violenza squadrista dei Fasci italiani di combattimento,[1] contrastandoli con successo in operazioni da guerriglia.[4]
Gli Arditi furono un corpo speciale del Regio Esercito creato nel 1917, impiegato durante la prima guerra mondiale allo scopo di superare la tattica della guerra di posizione.
Dopo la prima guerra mondiale gli Arditi confluirono nell'Associazione arditi d'Italia, fondata dal capitano Mario Carli.
La gran parte dei reduci degli arditi confluirono dunque nel movimento fascista. L'adesione non fu unanime: una parte andò a formare gli arditi del popolo.
Gli arditi del popolo nacquero nell'estate del 1921 su iniziativa di membri della sezione romana degli arditi. Loro fondatore fu Argo Secondari, tenente decorato di guerra di tendenze anarchiche.
La formazione ebbe l'appoggio dell'Internazionale Comunista. La loro nascita fu addirittura annunciata da Lenin sulla Pravda[5].
Antonio Gramsci, tra i vari comunisti d'Italia, nei confronti degli arditi del popolo era per mantenere una posizione attendista di possibile appoggio.[6]
Gli arditi del popolo si resero protagonisti di alcuni scontri armati contro i militanti fascisti, sfociati in fatti di sangue con alterne fortune e vittime da ambo le parti.
Tra gli arditi del popolo si ricordano per importanza: Alberto Acquacalda, Riccardo Lombardi (non iscritto ma partecipante alle azioni), Gaetano Di Bartolo Milana, Giuseppe Di Vittorio e Vincenzo Baldazzi.
Lo stesso argomento in dettaglio: Fatti di Parma.
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L'evento di maggior risonanza che coinvolse gli Arditi del Popolo fu la difesa del quartiere Oltretorrente di Parma dallo squadrismo fascista nell'agosto 1922.
Nei primi del mese circa 10.000 squadristi fascisti, prima al comando di Roberto Farinacci e poi di Italo Balbo, marciarono su Parma dopo aver occupato altri centri emiliani.
A presidiare la città si trovavano gli Arditi del Popolo, comandati dal deputato Guido Picelli e dall'ex reduce decorato di guerra Antonio Cieri, le formazioni di difesa proletaria, la Legione Proletaria Filippo Corridoni, oltre a cittadini dei quartieri popolari appositamente mobilitati.
Il 6 agosto, resisi conto dell'impossibilità di conquistare la città, i fascisti passarono il controllo dell'ordine pubblico all'esercito e si impegnarono a ritirarsi.[7]
Tom Behan, storico, asserisce che:
«Difficile dire se una maggiore unità tra gli Arditi del Popolo e la sinistra avrebbe potuto fermare il fascismo. Ma questo non avvenne soprattutto per il settarismo del Pcd'I e per le divisioni del Psi.»
Inoltre Behan fa un esplicito parallelo e richiamo storico fra la situazione di allora ed i movimenti attuali anti globalizzazione, sostenendo l'importanza della partecipazione di massa a tali movimenti, anche da parte dei militanti che ne criticano la mancanza di obbiettivi strutturati, in quanto unico metodo per la costruzione di alternative.[8]
Vari ex arditi del popolo lottarono nella guerra di Spagna tra il 1936 e il 1939 contro le truppe franchiste.
Alcune formazioni partigiane nella Resistenza assunsero il nome di Arditi del Popolo: tra le più note, quella nella quale fu attivo Antonello Trombadori, poi esponente del PCI.
Gli Arditi del Popolo, come pure Gino Lucetti, hanno ispirato anche alcune canzoni popolari e partigiane come quella del Battaglione Lucetti.[9]
Gli arditi del popolo mutuarono i simboli scelti dall'unità speciale degli arditi, che combatté per l'esercito italiano durante la grande guerra: il colore nero e i teschi, simboleggianti lo sprezzo del pericolo e della morte. Su alcune loro bandiere vi era la scritta «Lavoro o Morte»[10].
Il teschio mutuato dall'arditismo di guerra venne variato con l'aggiunta del colore rosso degli occhi e del pugnale. La "spilla" che raffigurava il teschio per l'appunto, era da appuntare sul petto a sinistra).[11][12]
Altro simbolo tipico dell'iconografia degli arditi del popolo fu la scure che spezza il fascio littorio.