Come avviene quasi inevitabilmente nell'apprendimento di una lingua straniera, le strutture fonetiche della propria madrelingua influenzano la pronuncia della lingua che si vuole imparare, con l'adattamento e l'approssimazione dei suoni di quest'ultima. L'allontanamento dalle pronunce utilizzate dai parlanti nativi può portare alla mancanza di comprensibilità, può essere considerato errore formale di pronuncia, o può semplicemente costituire l'accento straniero che caratterizza quel parlante non nativo.
Accenniamo qui alle particolarità nella pronuncia della lingua inglese che si riscontrano nei parlanti nativi dell'italiano.
- Pronuncia delle vocali inglesi /ɪ/ e /ʊ/, assenti in italiano, come [i] [u], rendendole simili o coincidenti con /iː/ e /uː/. La distinzione tra i componenti di coppie di parole come fill e feel, pull e pool, verrà resa meno chiara o persa del tutto, rendendo omofone queste coppie.
- Pronuncia di /ŋ/ come [ŋg], poiché in italiano [ŋ] compare solo come allofono di /n/ prima delle consonanti occlusive velari, come in anche ['aŋke], unghia ['uŋgja]. Avremo così pronunce del tipo di ['siŋgiŋg] per singing ['sɪŋɪŋ], e la rima fra singer e finger (propriamente ['sɪŋə(ɹ)] e ['fɪŋgə(ɹ)]).
- Pronuncia dei gruppi consonantici /sl sm sn/ come [zl zm zn], sonorizzando la /s/ così come avverrebbe in italiano: smile [smaɪl] è pronunciato [zmail], con le stesse consonanti iniziali di smacco ['zmakko]; c'è sonorizzazione anche nel gruppo /sw/, con Swatch pronunciato ['zwɔtt͡ʃə] in luogo di [swɒt͡ʃ], per possibile analogia con svuoto ['zvwɔːto]. In inglese, a differenza dell'italiano, non vi è sonorizzazione della /s/ che precede una consonante sonora, ma piuttosto un assordamento di quest'ultima per contatto con la /s/ sorda.
- Pronuncia geminata delle consonanti graficamente doppie, conformemente alla convenzione ortografica e fonematica dell'italiano, in cui la differenza tra consonanti semplici e rafforzate è distintiva: messy ['mɛsi] sarà reso come ['mɛssi].
- La lettera <z> in italiano rappresenta le consonanti affricate /t͡s/ e /d͡z/; soprattutto in principio di parola, l'affricata sonora può sostituirsi alla /z/ che è in inglese la pronuncia regolare: zoom [zuːm] diverrà [d͡zum].
- In italiano non vi sono consonanti fricative dentali; di conseguenza, per la pronuncia dell'inglese spesso avverrà che la /θ/ fricativa dentale sorda sarà approssimata con la [t̪] occlusiva dentale sorda, a volte anche con [f], e la /ð/ sonora sarà approssimata con la [d̪].
- In aggiunta a questo, poiché la /t/ e la /d/ alveolari sono realizzate con la pronuncia dentale usata per i corrispondenti fonemi italiani, coppie di parole come there e dare, thy e die diverranno omofone.
- Pronuncia della vocale /æ/ come [ɛ]. Assommando questo a quanto è stato detto, una coppia di parole come that e death può avere pronuncia coincidente.
- Pronuncia della vocale /ʌ/ (normalmente resa in inglese britannico come [ɐ], oppure [ʊ] in alcune aree settentrionali dell'Inghilterra) come [a̠].
- Pronuncia della vocale /ɒ/, usata nella pronuncia britannica, come [ɔ]. Coloro che intendono imitare la pronuncia americana approssimano il corrispettivo americano /ɑ/ con [a̠].
- Pronuncia non aspirata delle consonanti occlusive /p t k/, che in inglese sono regolarmente aspirate in sillaba tonica.
- Le parole italiane solitamente terminano in vocale; le poche consonanti che possono essere finali sono /l m n r/, e mai consonanti sorde: di qui la difficoltà dei parlanti nativi dell'italiano a realizzare in fine di parola altre consonanti, soprattutto le occlusive sorde /p t k/. Per facilitare la pronuncia di queste, vi è spesso la spontanea aggiunta di una vocale epentetica d'appoggio, che può essere uno schwa [ə]: si avrà quindi ['ʃɔppə] per shop [ʃɒp].
- Poiché la vocale centrale /ə/ non esiste nella pronuncia standard dell'italiano, ci sarà difficoltà a produrla volontariamente; verrà quindi sostituita con altre vocali, facendo riferimento all'ortografia: connect [kəˈnɛkt] verrà reso con [kon'nɛkt(ə)].
- I parlanti dell'italiano sono abituati a considerare l'ortografia come una guida essenziale per la pronuncia: di qui, per l'inglese, la tendenza verso pronunce basate sul modo in cui la parola è storicamente scritta, lontane dalla effettiva pronuncia corrente: avremo aren't [ɑː(ɹ)nt] reso come ['arent(ə)], tomb [tuːm] reso come [tɔmb(ə)], chocolate ['t͡ʃɒklət] reso come ['t͡ʃɔkoleit(ə)].
- Pronuncia di voci verbali monosillabiche terminanti in -ed come bisillabiche: stopped, looked, saranno spesso realizzate come ['stɔpped 'lukked] o ['stɔp(p)əd 'luk(k)əd] in luogo di [stɒpt lʊkt]. Sono addirittura possibili pronunce trisillabiche come ['stɔppədə 'lukkədə].
- I dittonghi /aɪ eɪ ɔɪ aʊ/ sono realizzati con il secondo elemento più chiuso e lungo di quanto sia nella pronuncia inglese, per analogia con dittonghi italiani simili; a volte può esserci anche uno scioglimento del dittongo, con pronuncia bisillabica di parole come boy ['bɔːi] o now ['naːu].
- Il dittongo presente in go, note, pronunciato /əʊ/ nello standard britannico, viene spesso realizzato come [o] senza dittongazione.
- La differenza di articolazione della /r/, che in inglese è approssimante [ɹ], mentre in italiano è vibrante, può portare a difficoltà nella pronuncia.
- La consonante /l/ manca della velarizzazione che in inglese ha davanti ad altra consonante o in fine di parola.
- La consonante /h/, assente in italiano, è spesso dimenticata nella pronuncia. Oppure, per ipercorrettismo, viene pronunciata quando non si dovrebbe.