Pseudo-Plutarco è il nome convenzionale dato agli autori di una serie di opere pseudoepigrafe attribuite a Plutarco.
Nel cosiddetto corpus dei Moralia di Plutarco sono state tramandate diverse opere, appunto, spurie, sia per stile sia per struttura e argomentazione.
Le più ampie sono di tipo retorico-filosofico.
In primo luogo, le Vite dei dieci oratori (Vitae Decem Oratorum), una serie di biografie dei dieci oratori attici selezionati nel Canone alessandrino, basate su Cecilio di Calacte e utilizzate anche da Fozio[1]; inoltre, le Dottrine dei filosofi (Placita philosophorum; in greco antico: Περὶ τῶν ἀρεσκόντων φιλοσόφοις φυσικῶν δογμάτων?)[2]. Altra opera spuria, ma comunque pregevole, è il trattato Sulla musica. Gli Stromateis (in greco antico: Στρωματεῖς?), fonte importante per la filosofia presocratica, vengono, inoltre, anch'essi erroneamente attribuiti a Plutarco[3], così come il trattato De liberis educandis.
Nettamente inferiori alle opere suddette sono i cosiddetti Parallela Minora, storie spesso inventate dall'anonimo autore, di ambientazione romana e greca; la declamazione Pro Nobilitate; il trattato geografico-erudito Sui fiumi; l'ampia disamina erudito-critica De Homero e, infine, il De unius in re publica dominatione, di autenticità incerta.
Difficile la datazione di opere che, come altre spurie di autori famosi, non danno appigli cronologici sicuri, se non, forse, lo stile.
L'opera pseudoepigrafa filosofica De fato è una delle poche a offrire una datazione sicura: infatti, essa dovrebbe essere una delle più antiche, del II secolo, rientrante nel medioplatonismo, mentre gli altri risalgono alla tarda antichità (III-IV secolo).
Invece di origine medievale è la famosa Institutio Traiani, citata in latino da Giovanni di Salisbury nel suo Policraticus.