Roma e le guerre con Equi e Volsci parte delle guerre romano-italiche repubblicane | |
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Popoli dell'antico Latium vetus | |
Data | VI secolo a.C. - IV secolo a.C. |
Luogo | Latium vetus |
Esito | Vittoria romana |
Schieramenti | |
Voci di guerre presenti su Wikipedia | |
Le guerre di Roma contro Equi e Volsci furono una costante della storia del Lazio a partire quantomeno dalla fine del VI secolo a.C.
«Nec ut iniustus in pace rex, ita dux belli prauus fuit [...]. Is primus Volscis bellum in ducentos amplius post suam aetatem annos mouit, Suessamque Pometiam ex iis vi cepit. Ubi cum diuendita praeda quadraginta talenta argenti refecisset, concepit animo eam amplitudinem Iovis templi quae digna deum hominumque rege, quae Romano imperio, quae ipsius etiam loci maiestate esset."»
«Tarquinio fu un re ingiusto coi suoi sudditi, ma abbastanza un buon generale quando si trattò di combattere. [...]. Fu lui a iniziare coi Volsci una guerra destinata[1] a durare due secoli, e tolse loro con la forza Suessa Pomezia.[2] Ne vendette il bottino e coi quaranta talenti d'argento ricavati concepì la costruzione di un tempio di Giove le cui dimensioni sarebbero state degne del re degli dèi e degli uomini, nonché della potenza romana e della sua stessa posizione maestosa.»
Lo stesso argomento in dettaglio: Latium vetus, Città scomparse del Lazio arcaico e Tarquini.
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Verso la fine del VI secolo a.C. all'epoca in cui Roma era dominata dalla dinastia etrusca dei Tarquini, gli Equi occupavano l'estensione superiore delle valli del fiume Anio (Aniene), affluente del Tevere, del Tolenus (Turano), della Himella (Imele) e del Saltus (Salto), che scorrono verso nord e confluiscono nel fiume Nera. I Volsci invece abitavano un'area parzialmente collinosa e paludosa del sud del Latium vetus, limitata dagli Aurunci e dai Sanniti a sud, dagli Ernici ad est e all'incirca dalla linea che va da Norba e Cora a nord. La loro capitale era Anzio.
Equi e Volsci, spesso da soli, spesso da alleati, i primi a nord-est ed i secondi a sud-est di Roma, ne attaccavano soprattutto il territorio circostante con continue azioni di saccheggio. Gli Equi, avanguardia delle genti umbre, erano scesi dall'Appennino centrale e si erano attestati sui colli attorno a Tusculum. Con le loro operazioni insidiavano l'agro romano e le comunicazioni commerciali lungo la Via Latina.
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del Monte Algido e Battaglia di Corbione.
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«...I Volsci erano numericamente di gran lunga superiori: per questo si buttarono sprezzanti allo sbaraglio. Il console romano non si mosse né permise di rispondere all'urlo di guerra, ma ordinò ai suoi di stare fermi e con le aste piantate a terra: soltanto quando il nemico fosse arrivato a distanza ravvicinata, avrebbero dovuto assalirlo con tutte le loro forze e risolvere la cosa con le spade. Quando i Volsci, affaticati dalla corsa e dal gran gridare, arrivarono sui Romani, apparentemente atterriti alla loro vista, e si resero conto del contrattacco in atto vedendo il bagliore delle spade, come se fossero finiti in un'imboscata, fecero dietro-front spaventati. Ma non avevano più la forza nemmeno di fuggire, perché si erano gettati in battaglia correndo. I Romani, invece, rimasti fermi nelle fasi iniziali, erano freschissimi: non fu quindi difficile per loro piombare sui nemici sfiniti e catturarne l'accampamento. Di lì inseguirono i Volsci rifugiatisi a Velitrae, dove vincitori e vinti irruppero come se fossero stati un esercito solo. Là, in un massacro generale e senza distinzioni, versarono più sangue che nella battaglia vera e propria.....»
«....L'impresa di Marcio eclissò la gloria del console al punto che, se il trattato coi Latini, concluso dal solo Spurio Cassio in assenza del collega, non fosse rimasto inciso a perenne memoria su una colonna di bronzo, nessuno si ricorderebbe che Postumio Cominio combatté contro i Volsci»
«... Marcio e Tullo discutevano di nascosto in Anzio con i più potenti e li spingevano a scatenare la guerra mentre i Romani si combattevano tra loro. Ma mentre i Volsci erano trattenuti dal pudore perché le due parti avevano concordato una tregua e un armistizio di due anni, e furono i Romani a fornire loro stessi il pretesto, annunziando durante certi spettacoli e giochi, sulla base di qualche sospetto o falsa accusa, che i Volsci dovevano lasciare la città prima del tramonto. ...»
«....Il primo bersaglio fu Circei: ne cacciò i coloni romani e restituì la città, ora libera, ai Volsci. Quindi conquistò Satrico, Longula, Polusca, Corioli, Mugilla, tutte città recentemente sottomesse dai Romani. Poi riprese Lavinio e di lì, raggiungendo la via Latina tramite delle scorciatoie, catturò una dopo l'altra Corbione, Vetelia, Trebio, Labico, Pedo. Infine da Pedo marciò su Roma e si accampò presso le fosse Cluilie, a cinque miglia dalla città»
«....Coriolano saltò giù come una furia dal suo sedile e corse incontro alla madre per abbracciarla. Lei però, passata dalle suppliche alla collera, gli disse: «Fermo lì, prima di abbracciarmi: voglio sapere se qui ci troviamo da un nemico o da un figlio e se nel tuo accampamento devo considerarmi una prigioniera o una madre.»
«Graccho duce in Labicanum agrum, inde in Tusculanum hostili populatione venunt, plenique predae in Algido castra locant.»
«Minucius [...] nam cum haud procul ab hoste castra posuisset, nulla magnopere clade accepta castris se pavidus tenebat. Quod ubi senserant hostes, crevit ex metu alieno, ut fit, audacia, et nocte adorti castra postquam parum vis aperta profecerat, munitiones postero die circumdant.»
«Minucio [...] aveva posto gli accampamenti non lontano dal nemico e, pur senza aver subito gravi sconfitte, si teneva pavidamente dentro le fortificazioni. I nemici se ne accorsero e, come succede, la paura del nemico fece correre l'ardimento: di notte aggredirono il campo, ma poiché l'assalto non aveva sortito effetto, il giorno dopo presero a costruire fortificazioni tutto attorno.»
«Tum ancipiti malo urgente, a proelio ad preces versi hinc dictatorem, hinc consulem orare, ne in occidione victoriam ponerent, ut inermes se inde abire sinerent.»
«alla fine, schiacciati da due parti, passarono dal combattimento alle preghiere, supplicando da una parte il dittatore e dall'altra il console che non considerassero fondamentale per la loro vittoria sterminarli e li lasciassero andare, sia pure senza l'onore delle armi.»
Lo stesso argomento in dettaglio: Tribù rustiche e Colonia romana.
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Dopo oltre un secolo e mezzo di continue guerre, Volsci ed Equi vennero inglobati da Roma, facendo essi stessi parte del sistema repubblicano romano dopo un'iniziale colonizzazione dei loro territori, insieme ad Ernici, Sabini, Latini e Veienti.