Con il termine allenamento sportivo (in inglese training) si intende il processo di adattamento fisiologico allo sforzo fisico del corpo umano compiuto dall'atleta al fine di migliorare la propria prestazione sportiva ovvero di intervenire, in modo organizzato, verso la pratica sportiva così da poter esprimere le migliori prestazioni nell'ambito di una competizione e/o per benessere psicofisico proprio.
"Mescolando" ingredienti di vari campi (fisiologico, biomeccanico, psicologico, pedagogico, biochimico ed anatomico) in un modo tuttavia differente, si è creata una vera e propria "scienza dell'allenamento" a sé stante. Il fondatore di tale pratica è ritenuto L.P. Matveev, scienziato russo, sebbene notevoli contributi teorici: scienziati, questi, che operavano prevalentemente nella capitale russa e a Lipsia (Germania[1]). A tal proposito è memorabile la storia di Bernstein, caduto in disgrazia poiché "oppositore" di Ivan Pavlov; dal punto di vista storico, va invece menzionato l'apporto di Selye.
A seguito dell'allenamento si ha una fase iniziale contraddistinta da una diminuzione delle capacità di prestazione, seguita da una fase di recupero al termine della quale tali capacità risulteranno migliori rispetto a quelle di partenza. Questo processo è detto supercompensazione.
L'allenamento prevede le figure della persona che lo pratica (atleta) e della persona che lo dirige (allenatore).
Essenzialmente si possono raggruppare gli obiettivi dell'allenamento in tre aspetti:
Vengono allenate le capacità condizionali: rapidità, forza, resistenza, mobilità articolare, come anche quelle coordinative: equilibrio, capacità di differenziazione, orientamento, anticipazione, capacità di adattamento, di reazione e senso del ritmo. L'allenamento tuttavia, in quanto formazione della persona umana per lo svolgimento di compiti specifici legati alla pratica sportiva nei diversi livelli in cui si attua, presenta sempre una notevole dimensione pedagogica che non deve essere mai trascurata.
Il carico (stimolo allenante) porta a una variazione dell'equilibrio biochimico dell'organismo (variazione dell'omeostasi). Per essere meglio preparato a futuri carichi dello stesso tipo, il corpo reagisce con un adattamento, dal quale risulta un migliore stato funzionale. Un esempio è la supercompensazione delle scorte di glicogeno nei muscoli sottoposti ad un carico di resistenza.
Per controllare correttamente l'allenamento, e quindi organizzare gli stimoli dei carichi in una sequenza che non sovraccarichi l'organismo, è necessaria una esatta conoscenza del carico delle singole unità allenanti (seduta d'allenamento) e dell'effetto della loro sommatoria. Il carico d'allenamento viene valutato in base alle cosiddette normative del carico.
Partendo dal presupposto che la scelta della tipologia di allenamento dipende da quelli che sono gli scopi e le capacità del soggetto, l'allenamento di tipo aerobico è tra i più scelti (anche se il più delle volte inconsapevolmente). Come ogni strumento, se non utilizzato correttamente, finisce per non dare i risultati attesi.
Infatti, l'allenamento di tipo aerobico è il principale strumento utilizzato dall'utente medio per perdere i chili di troppo o, in gergo tecnico, mobilitare le riserve lipidiche. La condizione necessaria perché questo avvenga è che l'allenamento sia condotto al di sotto della soglia anaerobica, il che vuol dire che l'atleta non deve mai andare in debito di ossigeno. Per fare un esempio lampante si potrebbe parlare dell'individuo medio che 3 o 4 volte a settimana va a fare un po' di "jogging". Infatti la corsa è un ottimo esercizio per lavorare in aerobiosi, ma, come detto prima, bisogna sapere come correre, a che velocità, per quanto tempo, ecc.
Le tre cose che si devono sempre tener presenti sono:
La pianificazione dell'allenamento segue l'organizzazione della stagione agonistica o dei "cicli di allenamento" ed è così suddiviso:
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