Artemisia comune | |
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Classificazione APG IV | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
(clade) | Angiosperme |
(clade) | Mesangiosperme |
(clade) | Eudicotiledoni |
(clade) | Eudicotiledoni centrali |
(clade) | Asteridi |
(clade) | Euasteridi II |
Ordine | Asterales |
Famiglia | Asteraceae |
Sottofamiglia | Asteroideae |
Tribù | Anthemideae |
Sottotribù | Artemisiinae |
Classificazione Cronquist | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Plantae |
Superdivisione | Spermatophyta |
Divisione | Magnoliophyta |
Classe | Magnoliopsida |
Sottoclasse | Asteridae |
Ordine | Asterales |
Famiglia | Asteraceae |
Sottofamiglia | Asteroideae |
Tribù | Anthemideae |
Sottotribù | Artemisiinae |
Genere | Artemisia |
Specie | A. vulgaris |
Nomenclatura binomiale | |
Artemisia vulgaris L., 1753 | |
Nomi comuni | |
Amarella |
L'Artemisia comune (nome scientifico Artemisia vulgaris L., 1753) è una pianta arbustiva della famiglia delle Asteracee, nativa delle zone temperate dell'Europa, Asia e Nord Africa, ma naturalizzata anche in Nord America.
L'etimologia del termine generico (Artemisia) non è sicura e sembra che derivi da Artemisia, consorte di Mausolo, re di Caria; ma anche, secondo altre etimologie, potrebbe derivare dalla dea della caccia (Artemide), oppure da una parola greca ”artemes” (= sano) alludendo alle proprietà medicamentose delle piante del genere Artemisia. Il termine specifico (vulgaris) indica che si tratta di una specie comune.
Il binomio scientifico attualmente accettato (Artemisia vulgaris) è stato proposto da Linneo (1707 – 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione ”Species Plantarum” del 1753[1].
È una pianta la cui altezza può arrivare fino a 5–20 dm. La forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap), ossia sono piante perenni, con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve, dotate di un asse fiorale eretto e spesso con poche foglie. Sono inoltre prive di lattice (come le altre Asteraceae), contengono però oli eterei lattoni sesquiterpenici ed hanno un odore aromatico di vermuth[2].
Le radici sono secondarie da rizoma.
Le foglie sono di colore verde scuro e superficie glabra di sopra mentre la superficie inferiore è più chiara, quasi bianca-tomentosa con peli semplici. È molto aromatica ed emana un odore caratteristico, specialmente strofinando le foglie. La lamina delle foglie inferiori è ben sviluppata a forma 1 – 2 pennatopartita divisa in larghe lacinie dentate (2 – 4 per lato) posizionate soprattutto nella parte apicale (in quella basale la foglie si riduce al solo rachide). Anche i segmenti del primo ordine delle foglie superiori sono dentati o più o meno pennatosetti; più in alto i segmenti sono ridotti e lineari. Dimensioni delle foglie inferiori: larghezza 8 – 10 cm; lunghezza 9 – 12 cm.
L'infiorescenza è terminale ed è composta da piccoli capolini peduncolati o sub-sessili a forma oblunga-ovata. I capolini sono raccolti in grandi racemi formanti una pannocchia piramidale. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae: il peduncolo sorregge un involucro da ovoidale a campanulato composto da diverse squame a disposizione embricata che fanno da protezione al ricettacolo glabro[3] sul quale s'inseriscono due tipi di fiori: quelli esterni ligulati (assenti in questa specie), e i fiori centrali tubulosi. Mediamente per ogni capolino sono presenti 7 – 10 fiori femminile esterni e fino a 80 fiori bisessuali più interni[4]. Le squame sono grigio-tomentose. Dimensione dei capolini: larghezza 1 - 1,5 mm; lunghezza 3 mm. Dimensione dell'infiorescenza: larghezza 5 – 15 cm; lunghezza 20 – 30 cm.
I fiori sono attinomorfi, tetra-ciclici (formati cioè da 4 verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (calice e corolla formati da 5 elementi)[5]. Dimensione dei fiori: 2 – 3 mm.
Il frutto è un achenio sprovvisto di pappo. La forma è ellissoide e compressa ai lati. Dimensione del frutto: 0,5 – 1 mm.
Dal punto di vista fitosociologico la specie di questa voce appartiene alla seguente comunità vegetale[9]:
La famiglia di appartenenza dell'“Artemisia vulgaris” (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) è la più numerosa del mondo vegetale, comprende oltre 23000 specie distribuite su 1535 generi[7] (22750 specie e 1530 generi secondo altre fonti[10]). Il genere di appartenenza (Artemisia) comprende circa 400 specie[7], diffuse nelle zone temperate sia dell'emisfero boreale (la maggioranza) che di quello australe (poche), di solito in habitat asciutti o semi-asciutti. Il numero cromosomico di A. vulgaris è: 2n = 16[1], ma anche 2n=36 o 54[4].
Quella di questa voce è una specie mediamente variabile (vedere il numero cromosomico). In Italia è stata individuata una varietà (var. vestita Brügger) più piccola e con le foglie più densamente tomentose (con indumento feltroso e compatto), ma secondo Pignatti[11] potrebbe trattarsi di un ibrido con Artemisia absinthium L.
Sul continente americano (Nord America) sono presenti delle varietà abbastanza stabili con diverse dimensioni dell'infiorescenza, forma delle foglie e colore complessivo dell'impianto (più chiaro o più scuro). Questa situazione, secondo alcuni autori, potrebbe derivare da introduzione multiple, e successivi rilevanti fenomeni di introgressione (a questo proposito viene citata la varietà A. vulgaris var. kamtschatica Besser), che si possono far risalire alle prime visite degli europei in questo continente[4]. In effetti questa pianta non è originaria di questo continente (America) ma è ampiamente naturalizzata. Nella tabella seguente sono indicate alcune varietà non presenti in Italia. L'elenco può non essere completo e alcuni nominativi sono considerati da altri autori dei sinonimi della specie principale o anche di altre specie.
Nell'elenco seguente sono indicati alcuni ibridi interspecifici:
Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco che segue indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:
Le “Artemisie” con i loro piccoli fiori non sono molto diverse le une dalle altre. Sul territorio italiano (in particolare nelle zone alpine) possono essere confuse tra di loro (e con la pianta di questa voce) le seguenti specie:
Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
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Contiene vari oli essenziali e vari terpenoidi come l'eucaliptolo, il tujone e il cineolo; contiene anche flavonoidi e derivati della cumarina[12].
Artemisia vulgaris è una pianta officinale ed è utilizzata nella medicina tradizionale cinese e giapponese per la preparazione della moxa (dal giapponese moe kusa = "erba che brucia"), una medicina ottenuta triturando in un mortaio la pianta fino a ricavare un impasto lanoso con cui si preparano delle palline o dei coni che, una volta appoggiati su punti specifici della pelle (corrispondenti ai punti dell'agopuntura), vengono fatti bruciare. La pratica viene detta moxibustione.
Altre proprietà medicamentose di queste piante (sempre secondo la medicina popolare) sono[12][13]:
Questa piante qualche volta viene usata come vermifuga, e quindi a volte è confusa con Artemisia absinthium.
Le foglie cotte o crude, aggiunte alla dieta, per merito del loro aroma amaro, aiutano la digestione; per questo in molte zone sono preparate soprattutto come condimento a cibi grassi. Le foglie sono usate anche come tè, oppure per aromatizzare la birra[13].
Una variante orticola (chiamata comunemente dai giardinieri col nome di “Artemisia lactiflora”) è molto apprezzata nel giardinaggio in quanto si presenta con un ricco fogliame e una spiga di bianchi capolini, piccoli ma molto profumati[12].