Fare per Fermare il Declino | |
---|---|
Leader | Oscar Giannino |
Coordinatore | Michele Boldrin |
Stato | Italia |
Sede | via Caradosso, 17 Milano |
Fondazione | 27 agosto 2012 |
Dissoluzione | maggio 2014 |
Ideologia | Liberalismo Liberismo[1] Europeismo[1] Conservatorismo fiscale Federalismo[2] |
Coalizione | Scelta Europea (2014) |
Partito europeo | Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa |
Seggi massimi Camera | 0 / 630
|
Seggi massimi Senato | 0 / 315
|
Seggi massimi Europarlamento | 0 / 73
|
Iscritti | 72.583[3] (2014) |
Colori | Rosso |
Fare per Fermare il Declino (FFD) è stato un partito politico italiano di orientamento liberale/europeista fondato nel 2012.[4]
Il movimento Fermare il Declino è stato lanciato il 28 luglio 2012 quando, su iniziativa di un gruppo di economisti ed intellettuali composto da Oscar Giannino, Michele Boldrin, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Andrea Moro, Carlo Stagnaro e Luigi Zingales[5][6], viene pubblicato a pagamento su sei quotidiani (il Fatto Quotidiano, il Foglio, il Sole 24Ore, il Messaggero, il Mattino ed il Gazzettino)[7] un manifesto programmatico di ispirazione prevalentemente liberale, liberista e fortemente critico verso l'intera classe politica nazionale[8][9]. Il manifesto del movimento era stato promosso anche da 240 cittadini italiani, accademici, manager, professionisti, imprenditori, esponenti della società civile e di associazioni culturali ed economiche. Secondo le dichiarazioni di Boldrin, prima di Oscar Giannino la figura di leader di Fermare il Declino fu proposta a Matteo Renzi, il quale rifiutò.[10]
L'8 dicembre 2012 il movimento decide di fondare un nuovo partito politico, Fare per Fermare il Declino[11] , che vede alla sua guida come leader e capo della coalizione il giornalista economico Oscar Giannino[12]. Il partito si presenta da solo alle elezioni politiche senza stringere nessuna alleanza e con l'intenzione dichiarata di non stringerne.
Dopo un periodo di relativa popolarità per il partito, in cui i sondaggi lo davano dall'1 fino al 4,7%[13][14][15], il 18 febbraio uno dei promotori, Luigi Zingales, lascia polemicamente il movimento accusando il leader di millantare un master mai preso nell'università dove insegna, la Booth School of Business di Chicago, e di non aver provveduto a rettificare il suo curriculum presente in rete, nonostante Giannino abbia successivamente spiegato che nella città americana abbia solo studiato inglese e che quel curriculum sia sbagliato[16]. Si scoprirà inoltre come lo stesso Giannino non abbia mai conseguito né la laurea in Giurisprudenza, né quella in Economia e Commercio[17] che venivano vantate nel suo curriculum presso l'Istituto Bruno Leoni e non solo, come lo stesso dovrà ammettere spacciandolo per un poco credibile errore[18]. Due giorni più tardi, Oscar Giannino si dimette irrevocabilmente dalla presidenza di Fare, pur rimanendo indicato come capo della forza politica a causa dell'impossibilità, data la legge elettorale, di ritirare la propria investitura. In varie interviste televisive, Giannino promette di mettere il proprio seggio a disposizione del partito se eletto. Il 20 febbraio viene così nominata come nuova coordinatrice nazionale di Fare, l'avvocato Silvia Enrico che assume la guida del movimento per condurlo al congresso che si svolgerà dopo le elezioni politiche e per concludere la campagna elettorale ancora in corso[19].
Il partito alla fine otterrà 380.756 voti, pari all'1,12% delle preferenze, alla Camera e 278.396 voti, pari allo 0,90% dei voti al Senato, non superando così le soglie di sbarramento previste dalla legge elettorale e non eleggendo parlamentari. I risultati migliori si hanno in Lombardia e Veneto, ove il partito ottiene circa il 2%[20], mentre al sud resta sotto il punto percentuale[20]. Alle contemporanee elezioni regionali, Fare si presenta autonomamente nel Lazio (0,57%)[21] e in Lombardia (1,27%)[22], mentre in Molise (2,94%) partecipa ad una coalizione di liste civiche[23]. In nessun caso elegge consiglieri regionali. Alle elezioni provinciali della provincia autonoma di Trento Fare si presenta in una coalizione di liste civiche ottenendo lo 0,82%, senza eleggere nessun consigliere.
In vista delle elezioni europee del 2014, Fare aderisce a Scelta Europea, una lista unitaria composta insieme a Centro Democratico, Scelta Civica e ad altri partiti liberali minori, ispirata all'ALDE e a sostegno della candidatura dell'ex-premier belga Guy Verhofstadt alla presidenza della Commissione europea,[24][25] che ottiene però solo lo 0,72% dei voti, non riuscendo quindi a eleggere alcun europarlamentare.
Dal 2014 il partito ha cessato la propria attività. Il sito internet ufficiale non è stato più rinnovato.[11]
Dopo una serie di dissidi interni il 28 febbraio 2013 Silvia Enrico lascia la guida di Fare[26] e nel congresso nazionale tenutosi a Bologna l'11 e il 12 maggio 2013 Michele Boldrin viene nominato nuovo presidente del partito[27]. In disaccordo con la linea politica di Boldrin[28][29], nell'autunno del 2013 Silvia Enrico abbandona definitivamente Fare e fonda il nuovo partito Alleanza Liberaldemocratica per l'Italia (ALI)[30]. Alla nuova formazione politica liberale aderiscono anche Alessandro De Nicola e Oscar Giannino[31].
Da marzo 2021 ALI, Azione, +Europa, Partito Repubblicano Italiano e I Liberali chiamano Carlo Cottarelli a presiedere "Programma per l'Italia", un comitato scientifico che formalizzerà proposte di matrice liberale per un nuovo programma di governo[32].
In occasione delle elezioni politiche in Italia del 2022 ALI sostiene il Terzo Polo con la lista Azione - Italia Viva[33].
Successivamente ALI dà vita al partito dei LibDem Europei (LDE) e si converte contestualmente in una associazione. LDE avrebbe dovuto prendere parte al "partito unico del terzo polo" insieme a Italia Viva e Azione.
Uno dei principali obiettivi di Fermare il Declino era la riduzione del debito nazionale del 20% del PIL in cinque anni, la riduzione della spesa pubblica di almeno il 6% e la riduzione della pressione fiscale di almeno il 5%, oltre all'introduzione del federalismo, di una riforma dell'università, di liberalizzazioni e varie privatizzazioni.[34]
Elezione | Voti | % | Seggi | |
---|---|---|---|---|
Politiche 2013 | Camera | 380 756 | 1,12 | 0 / 630
|
Senato | 278 396 | 0,90 | 0 / 315
| |
Europee 2014 | in Scelta Europea | 0 / 73
|