Felice Maniero (Campolongo Maggiore, 2 settembre 1954) è un mafioso italiano, che fu a capo della cosiddetta Mala del Brenta.[1]
Soprannominato Faccia d'Angelo, ha commesso rapine, assalti a portavalori, colpi in banche e anche in uffici postali, ed è stato accusato di omicidi, traffico di armi, droga e associazione mafiosa.
Nato a Campolongo Maggiore, a tre anni, nel 1957, emigra con la famiglia a Torino. Lì il padre lavora come collaudatore alla Fiat, mentre la madre per arrotondare pulisce regolarmente le scale del condominio dove viveva la famiglia. Nel 1964 tornano a Campolongo Maggiore, dove acquistano una trattoria, che ben presto diventerà punto di ritrovo della mala locale.[2]
La sua carriera criminale cominciò dall'adolescenza, quando aiutava lo zio paterno, Renato, nei furti di bestiame; successivamente si dedicò alle rapine, soprattutto nel campo dell'oreficeria. Essendo Maniero e i suoi complici nati a Campolongo Maggiore, un paese lungo il fiume Brenta, la stampa cominciò a parlare di Mala del Brenta. Formò un piccolo gruppo criminale, dedito alle rapine. Maniero entrò quindi in contatto con le mafie meridionali, delle quali diventò interlocutore e rivale, garantendo armi e droga alla piccola criminalità di Venezia e di Mestre. Che nel caso della cosiddetta "Mala del Brenta" si possa parlare di una vera e propria organizzazione mafiosa si può dedurre anche dal fatto che a Venezia venne imposta ai cambisti del casinò una tangente di 1 500 000 lire al giorno.
Arrestato per la prima volta nel 1980, è successivamente evaso due volte: dapprima nel 1987 fugge dal carcere di Fossombrone[3], facendo poi rubare il 10 ottobre 1991 ai suoi uomini il mento di Sant'Antonio da Padova per ricattare lo Stato e chiedere la libertà del cugino, senza esito[4]; nell'agosto 1993 è stato arrestato sul suo yacht al largo di Capri[5] e viene detenuto nel carcere di Vicenza, dove tenta l'evasione corrompendo, con la promessa di 80 milioni ciascuno, due guardie penitenziarie che però si ravvedono ed avvertono la direzione del carcere; si decide il trasferimento al carcere di Padova dove però, il 14 giugno 1994, è protagonista di un'altra evasione assieme ad altri complici (anche in questo caso con la corruzione, questa volta riuscita, di una guardia penitenziaria[6]). La lunga latitanza di Maniero è dovuta in gran parte a un sistema corruttivo che la banda esercitava a vari livelli nei confronti dello Stato. Catturato a Torino nel novembre successivo[7][8], viene condannato a 33 anni di reclusione[9], poi ridotti a venti anni e quattro mesi (pena definitiva). È stato difeso dall'avvocato veneziano Vittorio Usigli.
Nel febbraio 1995 divenne collaboratore di giustizia e con le sue dichiarazioni contribuì a smantellare la sua banda. Viene alloggiato con la famiglia in una villa a Spoltore in provincia di Pescara tanto che ne nasce uno scandalo con perdita della protezione per alcuni pentiti (mentre Maniero la perde per essersi allontanato dal domicilio). Il 14 dicembre 1996 è condannato dalla Corte d'assise d'appello di Venezia a 11 anni di carcere e 60 milioni di lire di multa grazie alle attenuanti generiche e alla diminuente per la collaborazione. Il 2 maggio 1998 è arrestato per scontare la pena residua, quattro anni. Dopo essere divenuto collaboratore di giustizia, viene ammesso al programma di protezione, cambiando nome e scontando la pena in una località segreta. Nel febbraio 2006 il suo nome ritorna sui giornali per il suicidio della figlia ventinovenne, in seguito ritenuto da alcuni un omicidio per vendetta nei confronti del padre.[10][11]
Dal 23 agosto 2010 torna in libertà, con una nuova identità, dopo la scadenza dell'ultima misura restrittiva nei suoi confronti.[12] Possedeva un'azienda, in cui lavorava assieme al figlio, dedita alla depurazione idrica, la Anyaquae, che godeva di certificazioni e commesse pubbliche. L'azienda fallì nel 2016 in seguito alla scoperta da parte dell'ASL di valori d’arsenico fuori norma nel sistema di depurazione delle casette per l’acqua pubblica.[13]
Dopo l’intervista con Roberto Saviano, in cui ha parlato della sua strategia antimafia, Felice Maniero torna in un video su YouTube. Il 26 luglio 2019 l’ex boss della Mala del Brenta ha annunciato l’avvio di una start up con nuovi brevetti per le microplastiche, dopo aver espresso il proprio interesse alla salute dei bambini e alla tutela dai rischi connessi all'inquinamento.[14][15]
Nell'ottobre 2019 viene arrestato dalla polizia per accuse di maltrattamenti nei confronti della compagna. L'ordinanza di custodia cautelare per Maniero è stata firmata il 17 ottobre 2019 dal gip di Brescia secondo il Codice rosso, la nuova legge firmata ad agosto 2019 con lo scopo di velocizzare l'avvio del procedimento in caso di maltrattamenti familiari.[16][17][18] Il 5 ottobre 2021, al termine del procedimento giudiziario e dei processi, è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione a quattro anni di carcere per maltrattamenti.[19] Nel giugno 2023 lascia il carcere di Pescara dopo aver scontato la pena.[20]