La 23ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino si è svolta a Berlino dal 22 giugno al 3 luglio 1973, con lo Zoo Palast come sede principale.[1] Direttore del festival è stato per il ventitreesimo anno Alfred Bauer.
L'Orso d'oro è stato assegnato al film indiano Tuoni lontani di Satyajit Ray.
Come già avvenuto nel 1969, anche in questa edizione non sono stati assegnati gli Orsi d'argento a miglior regista, miglior attore e migliore attrice.
Le retrospettive di questa edizione sono state dedicate al regista e attore William Dieterle, al cinema d'animazione di Dave Fleischer e ai musical americani.[2]
«Il Forum internazionale del giovane cinema si è dimostrato un'alternativa concreta alla vacillante immagine del Festival di Berlino. Il premio è stato assegnato in onore degli sforzi collettivi di ogni membro del suo team.»
Le settimane che avevano preceduto il festival erano state dominate soprattutto da preoccupazioni riguardanti le finanze a disposizione. Alfred Bauer e Ulrich Gregor, cofondatore del Forum internazionale del giovane cinema, erano entrambi d'accordo che il budget di 1,2 milioni di marchi non era più sufficiente, anche se avevano idee diverse su come ripartire eventuali fondi supplementari.[1] In effetti i tempi sembravano maturi per un aumento del capitale da destinare al Festival di Berlino. La recente stipula dell'Accordo delle quattro potenze e del Trattato fondamentale aveva sottolineato chiaramente la funzione della città come mediatore culturale, ciò nonostante il governo di Bonn e il Senato di Berlino non avevano ritenuto opportuno fornire ulteriore denaro e avevano preventivato un incremento di 100.000 marchi per l'anno successivo.[1] Al Forum sarebbe stata destinata meno della metà, secondo Gregor insufficiente per invitare ospiti, per le attrezzature per la traduzione simultanea e per molti degli eventi in programma.[4]
Riguardo ai film di quest'anno, la critica sembrò apprezzare sia il programma del concorso sia quello del Forum, che vinse il Berliner Kunstpreis nella categoria "film, radio e televisione" e che il critico Friedrich Luft giudicò meno "ideologico" rispetto al passato: «Anche in questo campo si ritrova il tentativo di scoprire cautamente qualcosa di completamente nuovo nei film: l'uomo, la bellezza, le paure personali e forse anche qualcosa chiamato "società", ma non più vista solo attraverso gli occhi di Karl Marx».[5]
Il film Kanashimi no Belladonna di Eiichi Yamamoto causò un momento di imbarazzo durante il festival. Molti si erano lasciati ingannare dal fatto che si trattasse di un film d'animazione e pensarono a una sorta di intrattenimento per famiglie. La gente portò i propri figli a vederlo, ma invece di un "Disney giapponese" si trovò ad assistere ad un medley sfrenato di erotismo e violenza.[1] «I fanciulli erano davvero sconvolti», scrisse Friedrich Luft su Die Welt «attraverso canzoni e immagini si recita un inno che elogia una sessualità totalmente emancipata... Qui la lussuria e il piacere si manifestano. Gli spettatori tremano, sono disgustati, sono affascinati, scoprono cosa può essere un film d'animazione». In molti abbandonarono lo Zoo Palast ma ciò non fu sufficiente a causare un vero scandalo, un segno che i tempi erano cambiati.[5]
Il Forum diventò più completo e "pluralista" sia dal punto di vista geografico, con film dall'Africa e dall'America Latina, dal Giappone, dagli Stati Uniti e dall'Europa, sia da quello tematico.[6] I film proiettati nel cinema Arsenal parlavano dello sfruttamento coloniale della cultura africana (Les statues meurent aussi di Chris Marker, Alain Resnais e Ghislain Cloquet, documentario censurato in Francia alla sua uscita nel 1953), della situazione politica in Sud America (La victoria di Peter Lilienthal), dei movimenti di liberazione della donna (George qui? di Michèle Rosier, Year of the Woman di Sandra Hochman), dell'ascesa del fascismo in Italia (La villeggiatura di Marco Leto) e in Grecia (I giorni del '36 di Theo Angelopoulos).[7]
Tre film francesi in particolare focalizzarono l'attenzione dalla critica, che li accolse come opere d'arte durature e al passo con i tempi:[1] La maman et la putain di Jean Eustache (fresco di Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes), Crepa padrone, tutto va bene di Jean-Luc Godard e Jean-Pierre Gorin e la versione ridotta (da 12 a 4 ore) del film del 1971 Out 1: Spectre di Jacques Rivette.[8]
Anche tra le pellicole in concorso, oltre a Tuoni lontani del regista indiano Satyajit Ray a cui la giuria assegnò l'Orso d'oro, quelle ritenute più interessanti ed ambiziose furono quelle presentate dalla Francia: Non c'è fumo senza fuoco di André Cayatte, che ricevette quattro riconoscimenti, e soprattutto L'amico di famiglia di Claude Chabrol che Friedrich Luft definì su Die Welt «un rivoluzionario della forma tornato vittoriosamente e a testa alta al cinema d'intrattenimento per il consumatore».[1] Un altro film francese, la commedia Alto, biondo e... con una scarpa nera di Yves Robert, fu premiato con uno dei cinque Orsi d'argento assegnati in questa edizione, mentre tra le celebrità presenti più acclamate dal pubblico ci furono Lee Marvin e Ernest Borgnine, interpreti del film fuori concorso L'imperatore del Nord di Robert Aldrich.[5]
Il cinema italiano, rappresentato da Malizia di Salvatore Samperi e La proprietà non è più un furto di Elio Petri, uscì dalla Berlinale a mani vuote dopo i successi dei due anni precedenti. Il critico e membro della giuria Paolo Valmarana non si pronunciò sui verdetti, mentre l'Unitalia Film scrisse in un comunicato: «È da ritenere che, negati dalla giuria l'Orso d'oro e persino il premio speciale ai due film italiani, il giurato italiano abbia preferito che non figurassero per nulla piuttosto che a livello di film discutibili e mediocri».[9]