Si recò in seguito a Torino, dove collaborò con la Rivista Italiana[1] - fondata da Terenzio Mamiani nel 1860 - fino a divenirne direttore. Con lo spostamento della capitale tornò a Firenze nel 1865, mentre l'anno successivo mutò nome al suo giornale, che divenne l'Ateneo Italiano, in cui confluivano anche il Borghini e La Civiltà Italiana, e cessò col finire dell'anno le pubblicazioni. Per la Rivista e l'Ateneo scrissero, con saggi di erudizione di varia natura, personalità eminenti quali Carducci stesso, Emilio Teza, Alessandro d'Ancona e Domenico Comparetti.[2]
Nel 1879 perse un figlio di nome Dante, in una tragica comune sorte con l'amico Carducci, che in Pianto antico aveva cantato la morte del figlio omonimo (avvenuta nel 1870).[3]
Si trasferì a Roma nel novembre 1884, dove rifiutò la proposta di Angelo Sommaruga di assumere le redini della Domenica letteraria, appena abbandonata da Ferdinando Martini. Accettò invece di dirigere la Domenica del Fracassa, rivista uscita tra il 28 dicembre 1884 e il 14 febbraio 1886.[4]
Quando Adriano Lemmi fondò a Roma la massonica «Loggia di Propaganda», che voleva riunire al suo interno le personalità più eminenti dell'epoca, Chiarini vi aderì [5], al pari di Crispi, Zanardelli e Carducci.
Fu il primo biografo di Carducci. Scrisse anche la Vita di Giacomo Leopardi (1905) e la Vita di Ugo Foscolo (1910).
Intuì nel giovane D'Annunzio, autore del Primo Vere, un nuovo poeta italiano, così come d'altra parte stigmatizzò l' Intermezzo di rime bollando l'opera di inverecondia, con una tale franchezza «da parere, e non fu mai, antipatia personale».[6] La polemica che si trascinò dietro questo ultimo giudizio venne raccolta in un volumetto che coinvolse anche Luigi Lodi, Enrico Nencioni e Enrico Panzacchi.[7]
^Si intitolò originariamente Effemeride della pubblica istruzione. Uscì sempre, anche col nome mutato, in fascicoli settimanali di 16 pagine.
^G.Chiarini, Memorie della vita di Giosuè Carducci (1835-1907) raccolte da un amico, Firenze, Barbera, 1920, p.160
^Se si considera come anche il fratello di Carducci, Valfredo, perse un bambino con quel nome, si può ben capire perché Giosuè esclamasse, in una missiva dello stesso 1879 a Chiarini, «Ahi, Dante, infausto nome per noi»; cfr.P.Bianconi, Carducci, Firenze, Alfani e Venturi, 1934
^G.Chiarini, pp.232-234. La Domenica del Fracassa pubblicò nel numero di apertura la famosa ode carducciana Presso l'urna di Percy Bysshe Shelley.
^Alla ricerca della verecondia, Sommaruga, Roma 1884
^Per «Epistolario e carteggi», cfr. Ettore Caccia, Giuseppe Chiarini, in Letteratura italiana - I Critici, volume primo, Milano, Marzorati, 1970, p. 684.