Giuseppe Natoli
Il barone di Scaliti Avv. G. Natoli in un ritratto d'epoca.

Ministro dell'interno del Regno d'Italia
(ad interim)
Durata mandato1º settembre 1865 –
14 dicembre 1865
Capo del governoAlfonso La Marmora
PredecessoreGiovanni Lanza
SuccessoreDesiderato Chiaves

Ministro della pubblica istruzione del Regno d'Italia
Durata mandato28 settembre 1864 –
31 dicembre 1865
Capo del governoAlfonso La Marmora
PredecessoreMichele Amari
SuccessoreDomenico Berti

Ministro dell'agricoltura, dell'industria e del commercio del Regno d'Italia
Durata mandato23 marzo 1861 –
6 giugno 1861
Capo del governoCamillo Benso, conte di Cavour
PredecessoreTommaso Corsi
SuccessoreFilippo Cordova

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato26 novembre 1861 –
25 settembre 1867
Legislaturadalla VIII (nomina 31 agosto 1861) alla X
Tipo nominaCategoria: 5
Sito istituzionale

Deputato del Regno d'Italia
Durata mandato27 gennaio 1861 –
31 agosto 1861
LegislaturaVIII
CollegioMessina I
Sito istituzionale

Sindaco di Messina
Durata mandato1863 –
1867
PredecessoreFelice Silipigni
SuccessoreGiuseppe Cianciafara

Dati generali
Prefisso onorificoSua Eccellenza, Don
Suffisso onorificoS.E. Sen. Prof. Avv. Bar. Gr. Uff.
Partito politicoDestra storica
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
UniversitàUniversità di Palermo
ProfessioneBanchiere
Avvocato

Giuseppe Natoli Gongora, barone di Scaliti (Messina, 9 giugno 1815Messina, 25 settembre 1867), è stato un politico e patriota italiano, ministro del Regno d'Italia.

Biografia

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Stemma araldico originale della famiglia del ministro Natoli

Figlio di Giacomo Natoli Gongora di Scaliti, colonnello di cavalleria nel reggimento cacciatori Forìe di Messina del Reale Esercito delle Due Sicilie, e di Emanuela Cianciolo. Il nonno Bartolomeo fu senatore cittadino e proconsole di Messina.

Fu barone di Scaliti, grande ufficiale dell'Ordine Mauriziano e gran cordone dell'Ordine al merito civile e militare di San Marino[1], sposò Maria Cardile, da cui nel 1846 ebbe il suo unico figlio, Giacomo.

Monumento a Giuseppe Natoli, opera dello scultore Lio Gangeri

Studiò filosofia per laurearsi poi in giurisprudenza a 22 anni all'Università di Palermo, dove divenne professore di diritto civile e procedura. Rifiutò la carica di giudice per non dover lavorare alle dipendenze dello Stato borbonico. Fu membro dell'Accademia Peloritana dei Pericolanti[2].

Avvocato, giurista e banchiere[3], massone (fu Gran maestro aggiunto della massoneria del Grande Oriente d'Italia)[4] ed esponente del liberalismo siciliano, entrò nel circolo intellettuale e politico di Francesco De Luca. Partecipò alla Rivoluzione siciliana del 1848 e fu eletto deputato di Messina al neocostituito Parlamento siciliano insieme a Giuseppe La Farina.[5] Dopo la capitolazione siciliana (15 maggio 1849), riparò a Torino. Nel 1853, fu tra i finanziatori della Banca Nazionale degli Stati Sardi. Finanziò inoltre i fratelli Orlando per la realizzazione degli omonimi cantieri navali in Liguria[3]. In quegli anni furono frequenti i suoi incontri, a Parigi e Milano, con il compositore Giuseppe Verdi.

Collaborò con Giacomo Macrì alla realizzazione di una rete di cospiratori nell'isola e sostenne attivamente la campagna di Garibaldi in Sicilia, entrando anche a far parte del suo governo dittatoriale il 27 giugno 1860 (dopo le dimissioni di Francesco Crispi) come segretario di stato per gli Affari Esteri e per il Commercio in sostituzione del barone Casimiro Pisani, fino al 10 luglio[6].

Dopo il plebiscito rivestì la carica di governatore di Messina dal dicembre 1860[7] e il 18 febbraio 1861 fu eletto deputato nel nuovo Parlamento "italiano" che il 17 marzo proclamò la nascita del Regno d'Italia.[8] Sia pure per pochi mesi fu chiamato a reggere il Ministero dell'agricoltura, dell'industria e del commercio nell'ultimo governo Cavour) e il 31 agosto lasciò la Camera perché nominato senatore del Regno da Vittorio Emanuele II[9].

Dopo la morte di Cavour (6 giugno 1861) assunse l'incarico di prefetto, prima a Brescia (giugno 1861- maggio 1862) e spostato, dopo disordini di piazza, per pochi giorni a Siena quando preferì tornare ai lavori parlamentari[10]. Tornò al governo nel settembre 1864 come Ministro della pubblica istruzione nel primo Governo La Marmora (1864-1865) e per alcuni mesi ebbe anche l'interim all'interno.

Si spense a Messina il 25 settembre 1867, vittima della epidemia di colera, dove era giunto per portare conforto ai propri concittadini[11].

Suo figlio Giacomo fu per tre volte sindaco di Messina.

Onorificenze

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Onorificenze italiane

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Grand'ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria
Grand'ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine Supremo della Santissima Annunziata
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia

Riconoscimenti

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Per onorarne il ricordo, fu tumulato nella cappella dell'Arciconfraternita degli Azzurri. Il 6 luglio 1880, a seguito di una sentitissima petizione popolare e su iniziativa del Comune, la salma del barone Giuseppe Natoli fu riesumata e trasportata con solennità al Gran Camposanto, dove fu posta in un sarcofago contiguo a quello di Giuseppe La Farina. la città di Messina ne decretò la tumulazione nei sotterranei del famedio al Gran Camposanto, Il Consiglio Comunale votò per la costruzione di un monumento dedicato a Giuseppe Natoli e lo commissionò allo scultore Lio Gangeri[12] poi votò all'unanimità per l'intitolazione di una delle strade principali di Messina, Via Giuseppe Natoli.

Scritti

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Note

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  1. ^ Antonino Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia. Notizie e stemmi relativi alle famiglie nobili siciliane, Palermo, Reber, 1912. URL consultato il 29 giugno 2021 (archiviato dall'url originale il 29 giugno 2021).
  2. ^ Patrizia De Salvo, Accademia Peloritana dei Pericolanti e Università degli Studi a Messina fra Otto e Novecento, su accademiapeloritana.it, Accademia Peloritana dei Pericolanti. URL consultato il 22 ottobre 2020.
  3. ^ a b Luciana Caminiti, Natoli Gongora di Scaliti, Giuseppe, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 77, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. URL consultato il 20 dicembre 2015.
  4. ^ Aldo Alessandro Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano, Bompiani, 1992, p. 115, ISBN 88-452-1929-1. La sua militanza massonica, oltre che agli eventi risorgimentali, viene anche accostata all'inflessibilità con cui, da Ministro della pubblica istruzione, fece applicare la legge contro i professori cattolici che rifiutavano il giuramento di fedeltà al re e alle leggi del nuovo Stato italiano.
  5. ^ Sua e del La Farina fu la mozione (31 marzo 1848) per restituire a Messina il porto franco soppresso sessant'anni prima dai Borboni; la proposta fu approvata all'unanimità (dalla storia di Messina sul portale Gran Mirci). Fece anche parte della commissione che il 21 giugno 1848 portò ufficialmente al duca di Genova (Alberto Amedeo di Savoia, figlio di Carlo Alberto di Savoia) l'atto di elezione a re dei siciliani; offerta poi declinata dall'interessato (dal sito il Viandante Archiviato il 13 gennaio 2011 in Internet Archive.).
  6. ^ "La dittatura di Garibaldi", dal portale sul 150º anniversario della Spedizione dei Mille sul sito della Regione Siciliana.
  7. ^ Cronaca degli avvenimenti di Sicilia da aprile 1860 a marzo 1861. Estratta da documenti, 1863, p. 284. URL consultato il 20 dicembre 2015. Più dettagliato, ma meno affidabile, il Diario storico di Nicola De Martino di Montegiordano, maggiore generale del disciolto esercito del Regno delle Due Sicilie, sulla capitolazione e resa della Cittadella di Messina (aprile 1859 - agosto 1861), consultabile su altervista Archiviato il 14 luglio 2014 in Internet Archive..
  8. ^ Giuseppe Natoli: VIII Legislatura del Regno d'Italia, su storia.camera.it, Portale storico della Camera dei deputati. URL consultato il 20 dicembre 2015.
  9. ^ Note del Senato, su notes9.senato.it. URL consultato il 20 dicembre 2015.
  10. ^ Sino alla fine dell'Ottocento alcuni prefetti, in genere quelli dei capoluoghi principali, erano scelti fra gli uomini politici più autorevoli (ed erano perciò chiamati "prefetti politici"), mentre quelli delle sedi minori di solito erano funzionari di carriera ("prefetti amministrativi").
  11. ^ Gerardo Rizzo, "Il colera del 1867 a Messina: prime indagini" (PDF), in Archivio Storico Messinese, n. 74, Società messinese di storia patria, 1997, pp. 94; 105-106. URL consultato il 20 dicembre 2015.
  12. ^ Il decreto è del 27 aprile 1868, mentre il "ricco mausoleo" nell'avancorpo del famedio è del 6 luglio 1880 (in Attard, Messinesi insigni..., 2ª ed. 1991, pp. 15-16 e 70)

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Ministro dell'agricoltura, dell'industria e del commercio del Regno d'Italia Successore Tommaso Corsi 17 marzo 1861 - 6 giugno 1861 Filippo Cordova

Predecessore Ministro della pubblica istruzione del Regno d'Italia Successore Michele Amari 28 settembre 1864 - 31 dicembre 1865 Domenico Berti

Predecessore Ministro dell'interno del Regno d'Italia Successore Giovanni Lanza 1º settembre 1865 - 4 dicembre 1865 Desiderato Chiaves

Predecessore Sindaco di Messina Successore Felice Silipigni 1865 - 1867 Giuseppe Cianciafara
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