Lo scrittore Jeremias Gotthelf

Albert Bitzius (Morat, 4 ottobre 1797Lützelflüh, 22 ottobre 1854) è stato uno scrittore svizzero noto con lo pseudonimo di Jeremias Gotthelf.

Biografia

Infanzia e adolescenza

Discendente da una famiglia borghese di Berna, nacque nel 1797 a Morat, un piccolo villaggio nel canton Friborgo (Svizzera), dove suo padre era parroco protestante. Il suo vero nome è Albert Bitzius che deriva per aferesi da Sulpitius cioè San Sulpicio. Assunse il nome di Jeremias Gotthelf, Geremia Dio ti aiuti sin dal suo primo romanzo. Aveva otto anni quando si trasferì con la famiglia a Utzenstorf, sempre nel bernese. Alla parrocchia era annessa una grande fattoria. Vivacissimo, sempre intento a dare la caccia agli animali, a pescare, ad attendere ai lavori dei campi assieme ai contadini, abile in tutti i giochi paesani. Passò così l'adolescenza immerso nella vita agreste alle cui attività si dedicò con alacre passione.[1]

Il ginnasio e gli anni bernesi

A quindici anni venne mandato a Berna per frequentare il ginnasio. È ricordato come uno scolaro diligente ma un po' distratto. Alla madre che andò a chiedere informazioni sul suo conto, il professore si espresse così: Dite a vostro figlio che impari a scrivere più decentemente. Scrive come una bestia. Se un giorno farà stampare qualcosa, specialmente in Germania, avrà un sacco di noie. Giusto – rispose la madre – ma penso che ne farà a meno. Non si sa mai, concluse il professore, che forse aveva intuito le possibilità del suo scolaro. Dopo il ginnasio, frequentò un corso di teologia. Nel 1820 venne promosso Kandidat e nominato vicario di suo padre. A proposito dei suoi anni a Berna, si può dire che non era portato agli studi, al lavoro scientifico, anche se tra le sue letture troviamo le Storie fiorentine di Niccolò Machiavelli, le Ideen di Johann Gottfried Herder e i discorsi sulla religione (Sulla religione. Discorsi a quegli intellettuali che la disprezzano) di Friedrich Schleiermacher. Ma, del resto, andava volentieri in società, anche femminile, ed era assiduo frequentatore del teatro e dei circoli di lettura. È stato il periodo roseo della mia vita, ebbe a dire più tardi.[2]

Il rientro a Utzenstorf

Ritornato a Utzenstorf, fece non poca fatica a tenere il contegno di vicario, sorvegliato sempre dal padre. Si sentiva bene soltanto coi ragazzi a scuola. Nella lettera ad un amico parla con entusiasmo di questa sua attività scolastica, alla quale poi di dedicherà con passione tutta la vita. Pochi mesi dopo, venne inviato a completare i suoi studi a Gottinga, come era uso. Passò un anno fuori casa. Alla fine dell'anno di studi all'estero, riprese la sua attività di vicario, dedicandosi però molto alla scuola e fu anche agricoltore e pedagogo. Nel 1824 gli morì il padre. Non poté succedergli perché non aveva l'anzianità necessaria, ma forse anche perché col suo contegno non era nelle grazie dei superiori. Fu inviato quindi a Herzogenbuchsee, una parrocchia molto estesa, di cinquemila anime, e vi rimase per cinque anni, sempre come vicario. Sul conto del giovane vicario, a Herzogenbuchsee correvano voci non sempre lusinghiere: pare che di notte scappasse talvolta dalla finestra della parrocchia, con l'aiuto di una scala, per ritornare al mattino. Si travestiva da carrettiere o da commerciante di bestiame e passava la notte all'osteria in uno o nell'altro dei paesi, giocando a carte e bevendo. Non sappiamo che cosa ci sia di vero in tutto ciò, tuttavia è certo che il futuro scrittore ebbe modo di fare esperienze di ogni genere e che la sua vita non fu così tranquilla come si potrebbe credere.[3]

Trasferimento a Berna

Nella primavera del 1829 fu trasferito a Berna, per punizione, avendo voluto sostenere ad ogni costo la causa di un maestro. Certo, accumulò risentimenti e trova tristi le condizioni in mezzo alle quali dovette esplicare l'opera sua. Tutto ciò lo portò a salutare con entusiasmo la Rivoluzione di luglio. Ne scrisse ad un suo amico facendo considerazioni piuttosto ardite per un vicario. Egli disse: La prima rivoluzione francese è sorta dalle stesse idee e lottò contro gli stessi privilegi assurdi. Ma combatté colla forza fisica e per questo fu schiacciata da un'altra forza fisica e il dispotismo risorse. Questa rivoluzione, invece, è scoppiata ed è stata portata a termine per opera della ragione e per questo resisterà….Se il popolo si desta e capisce ciò che solo può sostenerlo, cioè un'educazione umana, cristiana e ragionevole e non nozioni, farà presto grandi progressi. Ma tutto si ridusse ad una nuova delusione per lui. La cosiddetta Regeneration svizzera che portò al potere i liberali, aprì, secondo lui, la porta all'estremo radicalismo.[4]

Il nuovo trasferimento nell'Emmental

Nel gennaio del 1831 arrivò per Gotthelf un altro trasferimento nel villaggio di Lützelflüh, nell'Emmental, da dove non si mosse più per tutta la vita. Nel marzo del 1832 fu finalmente nominato parroco, con grande ritardo di fronte ai suoi colleghi, e pochi mesi dopo prese moglie. Tra le molte battaglie che lo videro coinvolto, la più importante fu quella per l'istruzione pubblica. Seguirono quindi per lui anni di sfide, di dispute, di attacchi quasi quotidiani con sempre nuovi avversari. Non gli diedero soddisfazione, anzi logorarono il suo prestigio in tutta la regione. Eppure fu proprio in questi anni (1835-36) che avviene in lui un fatto importante: si mise a scrivere, probabilmente mosso dalla speranza di continuare le stesse lotte e di fare del bene al prossimo.[5]

Energia e scrittura

Della sua tempra irrequieta e del bisogno di esprimersi divenuto nel tempo irrinunciabile, Jeremias Gotthelf dà conto in una sua lettera: D'altra parte, in me ferveva un'energia notevole, dove io mi impegnavo, qualcosa doveva muoversi, ciò che io prendevo in mano, doveva organizzarsi, ciò che mi spingeva a parlare o ad agire, mi dominava. Che la vita che si agitava in me spontaneamente tentasse di esprimersi, sembrò a molti una petulanza ingiustificata, prova di un contegno immodesto, indiscreto. Così mi trovai contro quanti credevano che io volessi cacciarmi in avanti e arrivare dove solo a loro spettava di arrivare. Ora tu capisci come in me si agitasse un fremito impetuoso di vita, quale nessuno immaginava e quando una mia idea trovava una via d'uscita, ero tacciato di impertinente. Una vita così doveva per forza consumarsi in se stessa o erompere in qualche modo. Trovò una via, quando mi misi a scrivere.[6]

L'opera e lo stile

C'è qualcosa di omerico nel modo di vedere e di raccontare del Gotthelf, come già hanno osservato Gottfried Keller e Thomas Mann, per non dire di altri. Dovunque calma armoniosa, esposizione oggettiva, colori precisi e una saggezza elementare e primitiva. In tutti i suoi romanzi si ascolta inoltre una nota di spiritualità che avvince. L'aspirazione al divino che li informa nasce misteriosamente proprio dal contatto con la terra e nella lotta contro le deformazioni degli uomini, ossia il peccato. Dando uno sguardo complessivo ai romanzi del Gotthelf, si osserva che artista si riveli soprattutto nelle figure femminili, che quasi sempre distraggono lo scrittore dalla sua tesi, lo entusiasmano al punto che molte volte intorno a queste figure si intreccia un romanzo che vive per conto suo e può essere quindi staccato con vantaggio da tutto il resto della trama. Pensiamo soprattutto alla Mädeli in Dolori e gioie di un maestro, alla Vreneli di Uli il servo, e alla Bäbeli di Nonna Käthi. Questa sorta di racconti dalla vita propria fanno luce sulla straordinaria arte di novelliere che forse maggiormente contribuisce alla celebrazione del mestiere di scrittore di Gotthelf.[7]

Gotthelf novelliere

Le novelle di Jeremias Gotthelf sono contemporanee ai romanzi. Gotthelf è un novelliere molto fervido: spazia attraverso la fantasia delle visioni romantiche, elabora miti della preistoria svizzera, si immerge nel mondo medievale, e arriva fino alle soglie della storia recente. Molte novelle sono tratte dal mondo dei contadini tra i quali viveva e quindi sono fuori del tempo. In questi lavori Gotthelf dà una rappresentazione oggettiva dei fatti, bene inquadrata, vede le figure ad una certa distanza e, prima di mettersi a raccontare, si fa una traccia dell'argomento e la segue. Egli è portato dal carattere stesso della novella a non divagare e a osservare certe proporzioni, cosa che pare più congeniale alla sua arte di scrivere.[8]

Il ragno nero

Il ragno nero (Die schwarze Spinne) è considerata la novella migliore del Gotthelf. È stata scritta nel 1841, subito dopo uno dei suoi romanzi più importanti, Uli il servo. La novella vera e propria è inserita in un'altra che le fa da cornice. Nella famiglia di un ricco contadino fervono i preparativi per un battesimo. Durante il rinfresco viene proposta una breve escursione all'aperto. Giunta l'intera brigata degli ospiti sotto un albero, il vecchio patriarca si mette a raccontare la leggenda che da secoli viene tramandata nella famiglia, la quale si intreccia con la storia del villaggio di Sumiswald e del suo castello, abitato dagli ingrati cavalieri teutonici. Tra questi, il più malvagio, fu lo svevo Hans von Stoffeln, sotto il cui dominio si manifestò il ragno nero. Avendo costui imposto ai propri contadini dei lavori troppo duri, li spinse indirettamente a stringere un patto con “il cacciatore verde”, ossia il diavolo. Quando i contadini tentarono di liberarsi di lui, contravvenendo alla promessa di consegnargli un bambino non battezzato, costui scatenò contro di loro il flagello del ragno. Il ragno è il simbolo del male che il peccato può causare. Il diavolo, rappresentato in tutta la sua forza e in tutta la sua astuzia, è proprio Satana in agguato dell'uomo. Ma è in modo particolare nella descrizione delle stragi che si vede la potenza dell'arte di Gotthelf. Sono pagine terrificanti, che ci fanno pensare agli orrori di epidemie, di guerre, di catastrofi naturali di tempi passati ma anche del giorno d'oggi. Si rimane con l'incubo che tutto possa ripetersi anche per noi. C'è un mondo del male – secondo Gotthelf – in cui possiamo precipitare da un momento all'altro. Egli ci pone di fronte alla nostra responsabilità di uomini e vede un nesso tra le nostre colpe e le catastrofi che ci travolgono. Il demoniaco per lui sembra discendere dalla Bibbia e certo fa parte del suo sentimento religioso. Non fa alcuna distinzione tra catastrofi naturali, come l'inondazione dell'Emmental, alla quale assistette (è descritta in Käthi e nella novella Die Wassernot im Emmental am 13. August 1837, in italiano L'inondazione dell'Emmental del 13 agosto 1837) e le tragedie individuali che possono annientare un uomo.[9]

Rappresentazioni radiofoniche e televisive

Franz Schneider realizzò due film in bianco e nero su due romanzi di Jeremias Gotthelf: Uli der Knecht (1954) e Uli der Pächter (1955) con Liselotte Pulver e Johannes Schmidhauser. La novella Die schwarze Spinne è stata pure trasposta per il cinema. La Radio Nazionale svizzera ha prodotto una serie di trasmissioni basate su diversi romanzi e novelle di Gotthelf. Sebbene lo scrittore svizzero abbia redatto i suoi testi in un tedesco standard infarcito di alcune parole tipiche della parlata svizzero tedesca, tutti i film e gli spettacoli radiofonici sono stati registrati interamente in svizzero tedesco.

Nell'inverno 2004/2005 la televisione pubblica svizzera produsse un reality show per celebrare i 150 anni dalla morte di Jeremias Gotthelf. Lo spettacolo consisteva nel ritrarre una famiglia in una fattoria alle prese con uno stile di vita ispirato alle consuetudini contadine dei tempi dello scrittore svizzero.

Opere

Romanzi

Novelle

Alcune delle principali novelle dello scrittore svizzero:

Note

  1. ^ Jeremias Gotthelf, Novelle, traduzione e introduzione a cura di Dora Burich Valenti, Utet, 1955 (1968).
  2. ^ Anna Burich Valenti, o. c., Introduzione, p. 7.
  3. ^ Anna Burich Valenti, o. c., Introduzione, pp. 7-10.
  4. ^ o. c., p. 10.
  5. ^ o. c., pp. 11-12.
  6. ^ Gotthelf, lettera del 16 dicembre 1838.
  7. ^ o. c., pp. 20-24.
  8. ^ o. c., p. 25.
  9. ^ o. c., p. 25.

Bibliografia

Edizioni tedesche

Opere critiche

Traduzioni in italiano

Voci correlate

Altri progetti

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