Lo Specchio | |
---|---|
Stato | Italia |
Lingua | italiano |
Periodicità | settimanale |
Genere | stampa nazionale |
Formato | tabloid |
Fondazione | 1958 |
Chiusura | 1975 |
Sede | Roma, via XX Settembre |
Direttore | Giorgio Nelson Page |
Vicedirettore | Gianfranco Finaldi |
Lo Specchio è stato un settimanale italiano di politica e di costume. Fondato nel 1958, visse fino al 1975.
Fu tra i principali settimanali nazionali degli anni sessanta nel campo conservatore.[1] Il panorama giornalistico italiano era all'epoca estremamente polarizzato. Due blocchi dominavano l'informazione: da una parte, un paludato mondo governativo e dall'altra l'area più "rivoluzionaria", vicino alla sinistra socialista o comunista. Anche lo scenario internazionale era diviso in due blocchi contrapposti: da una parte i governi "occidentali", dall'altra il blocco comunista guidato da Cina e Unione Sovietica. Lo Specchio scelse una linea editoriale indipendente; verso il governo mantenne una posizione critica di stampo conservatore e più vicino alla destra politica.
Il settimanale, diretto da Giorgio Nelson Page (cittadino americano ed ex fascista)[2], fu tra i primi a pubblicare indagini giornalistiche e di costume sul modello del giornalismo d'inchiesta nordamericano. Lo fece con la rubrica "Cronache Italiane" di Giulio Attilio Schettini. Divennero celebri anche le "Cronache Bizantine" a firma del barone Enrico de Boccard e di Giacomo Alexis.[1] Quest'ultimo raccontò per primo quella che divenne nota come "Dolce vita": sulle colonne de Lo Specchio apparvero i primi salotti romani, le attricette, le passioni dei divi di Hollywood e del jet-set internazionale che, a quei tempi, si incontrava soprattutto lungo Via Veneto a Roma, a Capri e a Cortina d'Ampezzo. Il settimanale fu anche il precursore della satira di destra: la redazione annoverò tra le sue file Pier Francesco Pingitore, che poi fonderà il Bagaglino.[3]
Lo Specchio ospitò sia firme note che giovani emergenti: da Giano Accame, Panfilo Gentile, Fabrizio Sarazani per la politica, Olghina di Robilant per il costume, Bruno Begnotti ("Del Basco") per le vignette di politica e costume ad Anton Giulio Bragaglia[1], Henry Furst[4], Carla Pilolli, Alberto Perrini, Piero Palumbo, Giose Rimanelli, Dino Sanzò, Fiora Gandolfi, poi moglie di Helenio Herrera, Giò Stajano e il giovane Italo Cucci, che realizzò la prima grande inchiesta sul Triangolo della morte. Tra il 1960 e il 1962 si distinse, insieme ad altri periodici di destra, per una violenta campagna denigratoria nei confronti di Pier Paolo Pasolini[5]. La stessa veemenza fu usata, nel 1965, contro don Lorenzo Milani in occasione della vicenda legata alla polemica sulla questione dell'obiezione di coscienza descritta in L'obbedienza non è più una virtù[6].