Manifesto dei Fasci italiani di combattimento | |
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Autore | Filippo Tommaso Marinetti |
1ª ed. originale | 6 giugno 1919 |
Genere | programma politico |
Lingua originale | italiano |
Il Manifesto dei Fasci italiani di combattimento fu pubblicato il 6 giugno 1919 su Il Popolo d'Italia dal comitato centrale dei Fasci italiani di combattimento.[1] Il testo è noto anche come Programma di San Sepolcro, essendo il programma politico sviluppato a partire dalle dichiarazioni espresse durante la fondazione dei Fasci italiani di combattimento, tenutasi in piazza San Sepolcro a Milano il 23 marzo 1919.[1]
«Italiani!
Ecco il programma di un movimento sanamente italiano. Rivoluzionario perché antidogmatico e antidemagogico; fortemente innovatore perché antipregiudizievole. Noi poniamo la valorizzazione della guerra rivoluzionaria al di sopra di tutto e di tutti. Gli altri problemi: burocrazia, amministrativi, giuridici, scolastici, coloniali, ecc. li tracceremo quando avremo creata la classe dirigente.
Per questo NOI VOGLIAMO:
Per il problema politico
Per il problema sociale:
NOI VOGLIAMO:
Per il problema militare:
NOI VOGLIAMO:
Per il problema finanziario:
NOI VOGLIAMO:
Il programma di San Sepolcro, pubblicato su Il Popolo d'Italia del 6 giugno 1919[2][3] si caratterizzò per le tematiche nazionaliste:
e sindacaliste (UIL), questo per l'apporto di Alceste de Ambris[4][5] e Benito Mussolini[6] e in parte ricavato dal manifesto del Partito Politico Futurista[7]:
Furono avanzate anche numerose proposte di riforma politica e sociale in senso progressista.[8]
Nel manifesto, venivano avanzate numerose proposte di riforma politica e sociale per far «fronte contro due pericoli: quello misoneista di destra e quello distruttivo di sinistra», rappresentando la terza via tra i due opposti poli e sviluppandosi nell'ambito delle teorie moderniste sull'uomo nuovo. È notevole che inizialmente i Fasci, stando al programma di Sansepolcro, non fossero propriamente antidemocratici, dichiarando anzi come loro principio fondamentale la partecipazione democratica alle "libere elezioni", dettaglio del programma che scomparirà gradualmente a partire dal disastro delle elezioni politiche del 1919.
Solo parte di queste proposte programmatiche vennero realizzate durante il periodo del regime fascista (1922–1943). Pur riprese successivamente durante la Repubblica Sociale Italiana, come la socializzazione dell'economia, rimasero sostanzialmente inapplicate a causa degli eventi bellici.
Nel 1936 il Partito Comunista Italiano tentando di recuperare i "fratelli in camicia nera" si dichiarò disposto a farlo proprio.[9]