Fatti di Parma parte dello squadrismo | |||
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Una delle barricate antifasciste erette in via Bixio | |||
Data | 1 - 6 agosto 1922 | ||
Luogo | Parma | ||
Causa | Incursione punitiva degli squadristi fascisti a Parma | ||
Esito | Vittoria degli Arditi del Popolo, cacciata degli squadristi da Parma | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
Effettivi | |||
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Con la locuzione fatti di Parma s’intende l'assedio[1] operato dagli squadristi, comandati prima da un quadrumvirato locale e successivamente da Italo Balbo, alla città di Parma, in cui si trovavano asserragliati gli Arditi del Popolo e le formazioni di difesa proletaria, all'inizio dell'agosto 1922.
In città erano presenti sostenitori dell'interventismo di sinistra, tra i quali alcuni capi riconosciuti anche a livello nazionale come Alceste de Ambris, ed associazioni e formazioni localmente attive come la Legione Proletaria Filippo Corridoni.
Nel parmense, la guerra portò ad un incremento industriale sia nel settore agricolo che della manipolazione e trasformazione dei prodotti della terra. La borghesia parmense non mutò però politica rispetto ai conflitti sociali e continuò a far riferimento alla "politica" ed ai dettami ideologici della potente Associazione Agraria Parmense, che aveva battuto lo sciopero del 1908.
A Parma ci fu quindi un'organizzazione della difesa quasi corale[2] e la borghesia, in linea di massima, non pose forti ostacoli all'azione degli Arditi del Popolo e delle formazioni di difesa proletaria. Vi era inoltre il ritorno di reduci fortemente delusi, in quanto Parma era stata città fortemente interventista, molti dei quali di sinistra[senza fonte].
Il 31 luglio 1922, l'Alleanza del Lavoro, unione di quelli che erano i sindacati di sinistra prima dell'avvento del regime, indisse lo sciopero legalitario "contro le violenze fasciste" e "l'indifferenza dello Stato verso di esse". La notizia trapelò prima del dovuto[3] e Mussolini poté organizzare una resistenza anticipata inviando a tutte le federazioni del Partito Nazionale Fascista (PNF) una circolare segretissima:
«Se a quarantotto ore dalla proclamazione dello sciopero il Governo non sarà riuscito a stroncarlo i fascisti provvederanno essi direttamente alla bisogna. I fascisti debbono, trascorso il suaccennato periodo delle quarantotto ore, e sempre che lo sciopero perduri, puntare sui capoluoghi delle rispettive Province e occuparli»
Nel frattempo, a Parma i lavoratori aderirono allo sciopero in forze. Gli Arditi del Popolo e la locale Legione Proletaria Filippo Corridoni realizzarono un fronte comprendente gli interventisti di sinistra parmigiani, vicini -in un primo momento- al programma dei fasci di combattimento. I sindacalisti rivoluzionari parmigiani si avvicinarono alla sinistra, evidenziando le difficoltà del fascismo nel trovare consensi a Parma come risulta dai diari di Italo Balbo (Milano 1932)[non chiaro]. Qui venne organizzata una resistenza armata "di ottima caratura militare" a quanto asserisce lo stesso Italo Balbo che sostituirà, mandato da Michele Bianchi, su richiesta del deputato fascista Terzaghi[4], il quadrunvirato locale, vicino alle posizioni di Farinacci.
Nei primi giorni di agosto vennero perciò mobilitati dal PNF circa 10.000 uomini per l'occupazione di Parma, giunti dai paesi del parmense e dalle province limitrofe. Dopo un breve comando affidato al quadrunvirato formato da Alcide Aimi, Giovanni Botti, Gino Caramatti e Giuseppe Stefanini[5], le consegne vengono passate ad Italo Balbo. Il numero degli squadristi venne incrementato notevolmente con sopravvenuti rinforzi.
Il 6 agosto, su consiglio anche dell'ufficiale militare al comando della locale Scuola di Applicazione militare, Lodomez[6], ma soprattutto resisi conto dell'impossibilità di conquistare la città senza scatenare una vera e propria guerra, che avrebbe provocato una carneficina, i fascisti passarono il controllo dell'ordine pubblico all'esercito, impegnandosi a ritirarsi. A partire dalle ore 24 del 5 agosto era entrato in vigore lo stato d'assedio militare.[7].
La popolazione dell'Oltretorrente e dei rioni Naviglio e Saffi si prepara all'aggressione, innalzando barricate e scavando trincee, volendo difendere ad oltranza le sedi delle organizzazioni proletarie e di quelle centriste conoscendo le devastazioni che i fascisti avevano compiuto in altre località, come nel Ravennate, guidati proprio da Italo Balbo. Mentre a livello nazionale lo sciopero si esaurisce in un fallimento completo, a Parma l'idea di resistere si radica sempre di più. Nei quartieri popolari i poteri istituzionali passano al direttorio degli Arditi del Popolo comandati da Guido Picelli.
Il rione Naviglio venne occupato dall'esercito (Novara Cavalleria) il giorno 4 agosto a seguito di un accordo fra il prefetto Fusco e Balbo[8]. Lo stato d'assedio militare venne istituito dal Governo a partire dalle ore 24 del 5 agosto in tutte le città nelle quali perduravano ancora disordini a seguito dello sciopero generale proclamato a partire dal 1º agosto e conclusosi ufficialmente il 3 agosto. Le città dichiarate in stato d'assedio, oltre a Parma, furono: Ancona, Livorno, Genova e Roma[9]. Il 6 agosto Lodomez, comandante militare della piazza, assume pieni poteri.
I fatti di Parma sono oggi ricordati da una storica scritta in dialetto parmigiano, tracciata fra gli anni '60 e '70 sul Lungoparma: Balbo t'è pasè l'Atlantic mo miga la Pèrma ("Balbo, hai attraversato l'oceano Atlantico ma non il torrente Parma", riferendosi alle due trasvolate oceaniche compiute da Balbo nel 1930-33)[10].
Secondo la storiografia ufficiale fascista, gli squadristi ebbero solo due caduti nella provincia di Parma[11] (Ettore Tanzi e Odoardo Amadei entrambi uccisi a Sala Baganza il 4 agosto[12]). Presso Sala Baganza fu ucciso l'iscritto al Fascio Ettore Tanzi, mentre con il suo carretto trasportava pomodori per conto di una fabbrica conserviera[13] probabilmente perché non aveva aderito allo sciopero legalitario[14]. La notizia giunta a Parma provocò una spedizione punitiva che partì alla volta di Sala Baganza da cui si riteneva fossero giunti gli assassini[13]. Non trovando nessuno nella frazione gli squadristi incendiarono la locale cooperativa, poi mentre si dirigevano verso l'autocarro per fare rientro a Parma una fucilata uccise Odoardo Amedei che si era attardato ad una fontanella[13]. L'attacco provocò un'accesa battaglia con altri feriti.
Secondo le valutazioni di Italo Balbo i morti tra i fascisti durante gli scontri a Parma furono quindici, di cui però non furono resi noti i nomi[15].
Quattro caduti si registrarono fra le file delle formazioni di difesa proletaria: Ulisse Corazza, consigliere comunale del Partito Popolare Italiano, Giuseppe Mussini, Mario Tomba e Gino Gazzola, quest'ultimo a soli 14 anni. Il diciassettenne Carluccio Mora morì colpito da un proiettile vagante mentre giocava a calcio in un campetto della periferia[16]. Secondo il corrispondente da Parma del Resto del Carlino dell'epoca:
«mentre i fascisti secondo gli ordini ricevuti non hanno risposto al fuoco... i sovversivi presi da panico si sono uccisi fra di loro in un urto cruentissimo. Vi sarebbero tre morti e vari feriti»
«Balbo t'è pasè l'Atlantic mo miga la Pèrma»
«Balbo, hai passato l'Atlantico ma mica la Parma»