Minosse
Titolo originaleΜίνως
Altri titoliSulla legge
Minosse raffigurato da Gustave Doré
AutorePlatone
1ª ed. originaleIV secolo a.C.
Generedialogo
Sottogenerefilosofico
Lingua originalegreco antico
PersonaggiSocrate, un amico
SerieDialoghi platonici, IX tetralogia

Il Minosse (in greco Μίνως) è un breve dialogo inserito da Trasillo nella IX tetralogia di Platone, la cui autenticità è però controversa e solitamente negata dagli studiosi moderni. In particolare, la somiglianza stilistica con l’Ipparco farebbe pensare che i due dialoghi siano stati scritti da uno stesso autore, diverso da Platone, attorno al 350 a.C.[1]

Contenuto

L’incipit del dialogo è diretto, e vede Socrate domandare subito al suo anonimo amico che cosa sia la legge. L'amico risponde inizialmente che la legge è «ciò che è stato stabilito» (313a) in quanto «atto deliberativo dello Stato» (314c). Socrate però osserva che le deliberazioni possono essere buone o cattive, mentre per quanto riguarda la legge, essa stabilisce cosa è giusto e non può quindi essere cattiva; d'altra parte, la legge sembra essere un'opinione – ma se è un'opinione, non può essere che opinione vera. La legge è dunque «scoperta della realtà» (315a-b).

L'amico a questo punto obietta che nei diversi popoli esistono leggi differenti e tra di loro contraddittorie: come è possibile ciò, se la legge è scoperta della verità? Semplicemente, risponde Socrate, la legge è tale se è opera di un buon legislatore, il quale possiede la competenza necessaria. Esempi di buoni legislatori sono Minosse e Radamanto, i quali hanno appreso la giustizia direttamente da Zeus (318e-320d).

Note

  1. ^ Platone, Tutte le opere, a cura di E.V. Maltese, Roma 2009, p. 2319.

Bibliografia

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