Rodolfo Quadrelli (Milano, 3 marzo 1939 – Milano, 1º aprile 1984) è stato un critico letterario, poeta, saggista e traduttore italiano.
Trascorse la sua vita a Milano[1] dove frequentò il Liceo-Ginnasio Alessandro Manzoni per poi laurearsi in Lettere moderne presso l’Università Statale con una tesi sull'Antonio e Cleopatra di Shakespeare, relatore Agostino Lombardo. Vinto il concorso a cattedra per l'insegnamento di italiano e latino nei licei, fu assegnato dapprima a San Severo in Puglia, poi a Ferrara e quindi a Pavia: dal 1967 insegnò a Milano (da ultimo al Liceo Ginnasio Statale Giovanni Berchet), dove rimase fino alla morte.
Il suo rifiuto verso le convenzioni e i compromessi dell'industria culturale, la sua indipendenza di giudizio, il suo richiamo alla Tradizione, contrapposta alla Storia, la critica nei confronti dei falsi miti della modernità lo resero figura scomoda e singolare nella compagine culturale degli anni Settanta. Collaborò anche a riviste cattoliche e, dal 1980, al Tempo, quotidiano di Roma. Fu apprezzato e stimato dall'allora Cardinale di Milano Giovanni Colombo e L’osservatore Romano pubblicò un articolo elogiativo firmato da Mario Marcolla.
La collaborazione a partire dal 1970 con la casa editrice Rusconi, ritenuta una casa editrice di tendenze conservatrici o addirittura reazionarie, valse a Quadrelli feroci opposizioni da parte dell'establishment culturale di sinistra: esemplare in tal senso è un irridente articolo di Umberto Eco che nel 1972 dalle pagine de L'Espresso classificò Quadrelli tra gli "ultras della sottocultura".[2]
Benché isolato rispetto all'ambiente culturale dominante, fu legato da rapporti di amicizia, stima e collaborazione con numerosi poeti e intellettuali del suo tempo, tra cui Rosario Assunto, Riccardo Bacchelli, Cristina Campo, Alfredo Cattabiani, Antonio Cederna, Guido Ceronetti, Augusto del Noce, Ennio Flaiano,[3] Giansiro Ferrata, Giovanni Giudici,[4] Claudio Magris,[5] Geno Pampaloni, Giuseppe Pontiggia, Giuseppe Prezzolini, Quirino Principe, Sergio Quinzio, Giovanni Raboni, Vanni Scheiwiller, Sergio Solmi, Giancarlo Vigorelli, Elemire Zolla.
Nella sua produzione saggistica, sempre innervata da un forte impegno civile, R.Q. elaborò una critica della società moderna secolarizzata e orfana del senso del sacro e tratteggiò una diagnosi lungimirante e profetica di molti guasti che affliggono la società attuale, dal degrado della scuola, all'inquinamento delle città, dalla tecnocrazia al consumismo imperante. La condanna della devastazione del paesaggio, conseguente al tumultuoso sviluppo degli anni Sessanta, e l'amore per la cultura contadina, contrapposta a una borghesia inurbata perbenista e filistea, avvicinano la riflessione di Rodolfo Quadrelli alle analisi coeve di Pier Paolo Pasolini, a cui Quadrelli dedicò sul Corriere della Sera del 3 novembre 1975 un accorato necrologio: "Rodolfo Quadrelli piange la scomparsa di PPP come se fosse un fratello, pur non avendolo mai conosciuto. Uomo libero e grande poeta, lottò, da solo, per l'antica sacralità e per l'antica dignità dell'uomo".
Sostenitore di una visione immanentista del cattolicesimo, per Quadrelli essere cattolico significò prima di tutto adattamento dell'uomo a una realtà che egli cerca di assimilare il più possibile; a una natura che vuol dominare anziché essere dominata; a uno stato di esistenza in cui crea a sua immagine tutto ciò che lo circonda; sul presupposto dottrinale che tutto quel che proviene da Dio è fondamentalmente bene e non può opprimerlo. La mala bestia per Quadrelli fu il razionalismo; quella "mezzacultura filistea" (Il paese umiliato, 1973) propria dei radicali, la quale porta a considerare come "arretrato", "incivile", chi rifiuta la fede nella logica scientista e illuminista.
Poeta, saggista e traduttore (Eliot, Pound), "voce più alta dell’Italia silenziosa", secondo la formula utilizzata da Marcello Veneziani sul Giornale, disinnescò l'ideologia marxista, rilevandone il punto di contatto con l'ideologia capitalista e liberale.
La produzione lirica di Quadrelli, raccolta in quattro volumi (di cui uno postumo), ricevette giudizi lusinghieri da parte, tra gli altri, di Raffaele Crovi,[6] Giovanni Raboni[7] e Maurizio Cucchi[8] che ne elogiarono l'inquieto e sofferto tono personale, l'ardore e il rigore morale, la varietà metrica e vi riconobbero il richiamo a maestri quali Manzoni e Rebora.
Dal 1974 fino alla morte Quadrelli fu consigliere del Centro Nazionale di Studi Manzoniani.
(A cura e con prefazione di R.Q.)