La sanzione regia (detta anche sanzione reale o assenso reale) era un istituto che, agli inizi delle monarchie costituzionali prevedeva la necessità dell'assenso del re per la formazione delle leggi.
La costituzione di Spagna accentuava il potere delle Cortes e riduceva la sanzione regia a un'espressione della promulgazione da parte del re delle leggi approvate dalle Cortes[1].
Il Regno di Francia ricostituito per la dinastia dei Borbone fu dotata di una carta ottriata, concessa dal sovrano e non espressione della volontà popolare. Il re, oltre al potere di iniziativa in campo legislativo, aveva un ampio diritto di esercitare in un senso o nell'altro la sanzione regia[2][3].
Con i moti del 1821 in Piemonte (aveva il nome ufficiale di Regno di Sardegna) era stata avanzata dai rivoluzionari la richiesta di adottare una costituzione modellata su quella spagnola. L'erede presuntivo Carlo Alberto si era sbilanciato nell'approvarla. In essa la sanzione regia era meticolosamente regolamentata[4]. Il ritorno del re Carlo Felice portò in breve all'abrogazione della costituzione.
Nello Statuto albertino una proposta di legge, per diventare legge doveva essere approvata nello stesso testo da entrambe le Camere (una elettiva la Camera dei deputati e una di nomina regia il senato, senza ordine di precedenza (a parte quelle tributarie e di bilancio che dovevano passare prima per la Camera dei deputati) e dovevano essere munite di sanzione regia, inizialmente visto come un terzo livello di approvazione, (detto anche terza camera[5] ma successivamente, specie nel ventennio fascista, molto svuotato di contenuto)[6]. Con il passaggio alla Costituzione della Repubblica l'istituto si è evoluto nel potere di rinvio, che ha molti aspetti innovativi.
Nel Regno Unito la regia sanzione (Royal assent) è una forma particolare di potere di veto della Corona Britannica (anche se il termine potrebbe fare intendere l'esatto contrario), esercitato dal monarca per impedire lo sviluppo di una proposta di legge già approvata dal parlamento. Oggi tale potere è ormai perduto anche a causa della modifica della forma di monarchia parlamentare con il progressivo spostamento dei poteri a favore della Camera dei comuni.
Questo potere, in termini di veto assoluto, non è più esercitato dal 1708[7]. Esso è evoluto nell'esercizio del potere di promulgazione, sotto forma di contributo della Corona al perfezionamento finale della procedura legislativa[8].
La sanzione regia come tale è tipica delle monarchie costituzionali, ma ha influenzato i regimi repubblicani, specie quelli di tipo presidenziale. Negli Stati Uniti il Presidente ha un veto sospensivo comparato alla sanzione regia degli stati monarchici[9].
Lo stesso argomento in dettaglio: Promulgazione.
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In Italia il Presidente della Repubblica può riinviare un testo di legge alle Camere qualora ritenga che nella sua sostanza non sia del tutto conforme ai principi della carta costituzionale; in questo caso il Capo dello Stato correda il suo atto di un messaggio indirizzato alle Camere stesse volto a porre in luce le criticità riscontrare. Se la legge viene approvata di nuovo essa deve in qualsiasi caso essere promulgata dal Presidente. Si tratta di un veto condizionale.