Sir Tommaso Moro
Dramma storico in cinque atti
Pagina dell'opera scritta dalla 'Mano D', considerata di William Shakespeare
AutoriAnthony Munday
Henry Chettle
Titolo originaleSir Thomas More
Lingua originaleInglese
Composto nelXVII secolo
 

Sir Tommaso Moro è un dramma elisabettiano sulla vita di Thomas More, lord cancelliere sotto Enrico VIII.

Paternità

Gli autori principali dell'opera sono considerati Anthony Munday e Henry Chettle, con revisioni e modifiche da parte di altri autori. Il manoscritto è noto in particolare per tre pagine che parecchi studiosi considerano scritte a mano da William Shakespeare. Si tratterebbe dell'unico suo documento autografo che ci sia rimasto (fatta eccezione per le firme poste su alcuni documenti).[1][2][3]

Il manoscritto è importante anche per quello che rivela riguardo alla censura nei drammi elisabettiani.

Trama

In cinque atti, l'opera copre un arco temporale lungo, dall'evento storico Evil May Day del 1517 al 1535, e si concentra sulla vita di More dagli inizi della carriera (senza però soffermarvisi in modo dettagliato, ad esempio non si menziona la sua attività letteraria, neanche L'Utopia) fino alla sua ribellione silenziosa, che lo porta a non appoggiare il re, Enrico VIII, e a non contestare l'autorità papale. L'epilogo non può essere che la sua condanna a morte.

Il manoscritto

Il manoscritto risale con certezza all'epoca elisabettiana; la sua esistenza è testimoniata fin dai primi anni del Settecento. Lo stato caotico in cui si trovava ne avevano scoraggiato anche la semplice lettura. Fu stampato per la prima volta nel 1844 per conto della Shakespeare Society, quando il reverendo Alexander Dyce trovò il manoscritto nel British Museum.

Il manoscritto è composto da ventidue pagine a due facciate, le prime due delle quali, in pergamena, ne costituivano la copertina con il titolo.

È presente nel manoscritto una sesta grafia, quella del censore Edmund Tilney, Maestro dei festeggiamenti dal 1579 al 1610, il cui ruolo gli imponeva di controllare i testi teatrali che dovevano essere rappresentati pubblicamente. Tilney, la cui firma si trova sulla prima pagina del manoscritto, con alcune note a margine impone di cancellare o sostituire singole parole o interi passi fino a richiedere la soppressione di intere scene.

Paternità

Tre righe scritte dalla mano D

Il manoscritto del Sir Tommaso Moro è un testo complesso contenente ben sei grafie diverse. La grafia della Mano S è stata da tempo identificata come quella di Anthony Munday, scrittore molto attivo tra il 1580 e il 1633. Munday scrisse molti drammi in collaborazione con Henry Chettle[4]; dato che la Mano A è stata identificata con certezza come quella di Chettle, è probabile che i due abbiano elaborato insieme il dramma sebbene poi sia stato trascritto quasi interamente solo da Munday.

Successivamente il dramma fu pesantemente modificato da un'altra squadra di drammaturghi, inclusi Thomas Heywood, Thomas Dekker e, forse, William Shakespeare.

Questa è l'identificazione comune per le sei diverse grafie[5]:

Munday, Chettle, Dekker e Heywood scrissero per La compagnia dell'Ammiraglio durante gli anni precedenti e successivi al 1600; ciò consolida l'idea di una connessione tra l'opera e questa compagnia. Shakespeare, in questo contesto, sembra l'unico intruso.

La Mano D "è oggi ampiamente accettata come opera di Shakespeare"[6][7]. Tuttavia non esiste una prova definitiva che la Mano D sia di Shakespeare, e l'identificazione rimane controversa. John Webster è stato proposto come alternativa.

Se l'identificazione con Shakespeare fosse corretta, le tre pagine del manoscritto rappresenterebbero gli unici esempi sopravvissuti della grafia di Shakespeare, fatta eccezione per le sue firme su alcuni documenti. Il manoscritto, con le sue numerose correzioni, cancellature e inserzioni, ci permetterebbe di dare uno sguardo al processo di composizione utilizzato dal Bardo[8].

La paternità di Shakespeare

L'aggiunta di Shakespeare all'opera fu notata per la prima volta nel 1871 da Richard Simpson, un eminente studioso di Shakespeare del tempo, e l'anno seguente da James Spedding, un curatore delle opere di Francis Bacon.

Nel 1916, il paleografo Sir Edward Maunde Thompson giudicò l'aggiunta di "Mano D" essere della grafia di Shakespeare. L'attribuzione fu rinforzata nel 1923, con la pubblicazione di Shakespeare's Hand in the Play of Sir Thomas More (La mano di Shakespeare nell'opera Sir Tommaso Moro), da parte di un quintetto d'importanti studiosi; essi analizzarono l'opera da molteplici prospettive, tutte le quali portavano alla stessa conclusione affermativa.

Nonostante gli scettici restino, l'opera è stata rappresentata, con il nome di Shakespeare incluso tra gli autori, dalla Royal Shakespeare Company nel 2005 ed è stata inclusa nella seconda edizione, datata 2007, del The Oxford Shakespeare's complete works.

Prove del contributo di Shakespeare

Le prove che permettono di identificare la Mano D con quella di Shakespeare sono di vario tipo:

La prima identificazione di Simpson e Spedding del 1871 era basata sullo stile letterario, sul contenuto e sul punto di vista politico, piuttosto che su considerazioni paleografiche e ortografiche.

Consideriamo alcuni esempi che attirano l'attenzione sullo stile della Mano D.

Dal Sir Thomas More, Aggiunta IIc, 84-7:

(EN)

«For other ruffians, as their fancies wrought, With self same hand, self reasons, and self right, Would shark on you, and men like ravenous fishes Would feed on one another.»

(IT)

«Poiché altri furfanti, spinti dai loro capricci, con identiche mani, identiche ragioni, e identico diritto, vi deprederebbero, e gli uomini, come squali voraci, si divorerebbero l'un l'altro.[9]»

Dal Coriolano, I,i,184-8:

(EN)

«What's the matter, That in these several places of the city You cry against the noble Senate, who (Under the gods) keep you in awe, which else Would feed on one another?»

(IT)

«E ora che vi piglia che qua e là per Roma andate sbraitando contro il nobile Senato che sotto l'egida degli dei vi frena o vi mangereste l'un l'altro?[10]»

Dal Troilo e Cressida, I,iii,121-4:

(EN)

«And appetite, an universal wolf (So doubly seconded with will and pwer) Must make perforce an universal prey, And last eat up himself.[11]»

(IT)

«E il desiderio, lupo universale, assecondato doppiamente dalla volontà e dal potere farà dell'intero universo la sua preda per poi, alla fine, divorar se stesso.[12]»

Dal Pericle, principe di Tiro, II,i,26-32:

(EN)

«3rd Fisherman:[...] Master, I marvel how the fishes live in the sea. 1st Fisherman: Why, as men do a-land; the great ones eat up the little ones. I can compare our rich misers to nothing so fitly as to a whale: 'a plays and tumbles, driving the poor fry before him, and at last devour them all at a mouthful.»

(IT)

«TERZO PESCATORE - [...] Capo, mi domando come fanno i pesci a vivere nel mare. PRIMO PESCATORE - Beh, come gli uomini a terra: i grossi si mangiano i piccoli. Non so paragonare un ricco avaro a niente di più simile di una balena: scherza e fa acrobazie spingendosi avanti i pesciolini, e poi se li divora in un sol boccone.[13]»

Molte caratteristiche stilistiche come queste nelle tre pagine scritte della Mano D hanno attirato l'attenzione degli studiosi di Shakespeare e condotto a studi più approfonditi.

Edizioni italiane

Esistono due edizioni italiane dell'opera:

Note

  1. ^ (EN) William B. Long, The Occasion of the Book of Sir Thomas More, editore T.H. Howard-Hill.
  2. ^ (EN) Shakespeare and Sir Thomas More; essays on the play and its Shakespearean Interest, Cambridge University Press, 1989, pp. 49-54, ISBN 0-521-34658-4.
  3. ^ (EN) Andrew Dickson, Shakespeare's life, su bl.uk, British Library, 2016. URL consultato il 19 marzo 2016.
  4. ^ a b Henry Chettle è la stessa persona che aveva curato nel 1592 le stampe del Groatsworth of Wit di Robert Greene, che conteneva un pesante attacco a Shakespeare, e che pochi mesi dopo per questo si era scusato pubblicamente con il Bardo (per approfondire vedi: Shakespeare, La comparsa a Londra).
  5. ^ Bald/Erdman, pp. 151 ff.; Evans, p. 1683; McMillin, pp. 82-3, 140-4, etc.
  6. ^ Evans, p. 1683.
  7. ^ Woodhuysen, Henry (2010). "Shakespeare's writing, from manuscript to print". In de Grazia, Margreta; Wells, Stanley. The New Cambridge companion to Shakespeare (2 ed.). Cambridge, England: Cambridge University Press. p. 34. ISBN 978-0-521-88632-1.
  8. ^ Bate, Jonathan (2008). Soul of the age: the life, mind and world of William Shakespeare. London: Penguin. p. 334. ISBN 0-670-91482-7.
  9. ^ Traduzione di Vittorio Gabrieli e Giorgio Melchiori.
  10. ^ Traduzione di Nemi D'Agostino.
  11. ^ Halliday, Shakespeare Companion, p. 457.
  12. ^ Traduzione di Francesco Binni.
  13. ^ Traduzione di Alessandro Serpieri.

Bibliografia

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