Viaggio di Ugolino e Vadino Vivaldi | |
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Tipo | navale |
Obiettivo | Raggiungere le Indie orientali circumnavigando l'Africa |
Data di partenza | 1291 |
Esito | Dispersi dopo capo Juby |
Conseguenze |
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Equipaggiamento | |
Mezzi | 2 galee |
Finanziamento | Mercanti e patrizi genovesi |
I fratelli Ugolino e Vadino (o Guido[1]) Vivaldi (...) furono due navigatori genovesi del XIII secolo.
Dopo la caduta di San Giovanni d'Acri e delle ultime piazzeforti cristiane in Levante, le vie terrestri per il commercio delle spezie erano divenute impraticabili e si avvertiva l'esigenza di aprire una via commerciale alternativa; per questo diversi mercanti e patrizi genovesi, tra cui Tedisio Doria, finanziarono una spedizione che avrebbe dovuto giungere "ad partes Indiae per mare oceanum" ("all'India attraverso il mare"), ovvero arrivare in Asia circumnavigando l'Africa, proprio come faranno Bartolomeo Diaz e Vasco da Gama qualche secolo più tardi.
Nel 1291 i due fratelli salparono da Genova con due galee (l'Allegranza e la Sant'Antonio) e 300 marinai; la spedizione era accompagnata anche da due frati francescani. Passarono lo stretto di Gibilterra e iniziarono quindi la discesa lungo le coste africane, ma si persero le tracce della spedizione dopo capo Juby, ai confini meridionali del Marocco, e nessuno fece mai ritorno.
Ne parla fra gli altri Pietro D'Abano nel suo Conciliator Differentiarum (Diss. 67).[2]
Furono formulate diverse ipotesi sulla sorte dei navigatori. Le galee, a remi e con scafo basso e sottile, non erano navi adatte per la navigazione sull'oceano; inoltre non era ancora utilizzata la bussola e la navigazione poteva solo avvenire lungo la costa, con frequenti approdi (bordeggiando). Probabilmente la spedizione toccò le Isole Canarie, dove poi approdò Lanzerotto Malocello inviato da Genova per cercarli, e proseguì il tragitto fino alla foce del fiume Senegal, dove una delle due galee fece naufragio e l'equipaggio, con viveri e merci, fu caricato sull'altra galea che proseguì ancora il tragitto.
Nel 1315 il figlio di Ugolino, detto Sorleone, organizzò e condusse un'infruttuosa spedizione sulle tracce del padre e dello zio. La fonte, incerta, è il Libro del conocimiento (frate anonimo castigliano, 1350-1385), che riferisce di genovesi prigionieri nel regno africano di Abdeselib, la cui capitale era Graciona, attiguo ed alleato a quello del Prete Gianni:
Nel 1455 Antoniotto Usodimare, un navigatore genovese, narrò in una lettera di aver incontrato in Africa, nei pressi del fiume Gambia (Senegal), un giovane "della nostra stirpe", che capiva e parlava il genovese e diceva di discendere dai superstiti di quella spedizione.[4]
Secondo i racconti che si svilupparono dopo il fallimento della spedizione, i due fratelli Vivaldi avrebbero effettivamente circumnavigato l'Africa e sarebbero giunti in Etiopia, dove sarebbero stati catturati dal leggendario re cristiano Prete Gianni, figura da associare al re d'Etiopia, paese dove si era da poco instaurata la dinastia salomonica. Non molti anni dopo, Dante Alighieri era forse a conoscenza del fallimento della spedizione quando scrisse, nel XXVI canto del suo Inferno, la storia del viaggio di Ulisse oltre le Colonne d'Ercole.[5] A metà del 1900 Franco Prosperi, durante uno dei suoi viaggi africani, trovò e fotografò una roccia su cui era incisa la scritta "V V ad 1294" nelle piane dello Zambesi, al confine con lo Zimbabwe, oggi sommersa da una diga.